Per trattare delle poesie in greco bisogna, anzitutto, immergersi brevemente nel mondo della lirica greca, genere letterario sviluppatosi sempre di più nel corso dei secoli e di cui, purtroppo, non è rimasto molto materiale.
La poesia lirica
Nei tempi antichi la poesia era indicata con il termine generico μέλος, più tardi venne introdotta l’espressione λυρική, lirica, con cui gli antichi designavano le poesie in greco destinata al canto con l’accompagnamento di uno strumento a corde, la λύρα – in italiano lira – davanti a un pubblico riunitosi per assistere a un determinato evento: infatti, proprio come l’epica, era destinata a una comunicazione orale, pubblica e collettiva. Successivamente, in età ellenistica, il termine lirica fu esteso anche alle composizioni accompagnate da strumenti a fiato come l’αὐλός.
Il periodo in cui vennero scritte la maggior parte delle poesie in greco è tra la fine del secolo VII e l’inizio del secolo V a.C. La lirica arcaica non è l’espressione di sentimenti personali o di una ricerca estetica sviluppata in solitudine; il poeta lirico componeva, a commissione, per un determinato gruppo di ascoltatori e il suo canto, o quello di un coro, scandiva i principali momenti della vita sociale. Si può, dunque, considerare la lirica greca come poesia pragmatica poiché connessa ai vari modi di agire dell’individuo all’interno della società. Di tutta la produzione di poesie in greco, sfortunatamente, ad eccezione di rari casi, sono pervenuti solo frammenti.
Le poesie in greco più belle di sempre
Andando in ordine cronologico, per analizzare le poesie in greco più belle è necessario partire dalla lirica ionico-attica. La lirica ionica predilesse l’esecuzione monodica; si può, infatti, notare un senso di individualismo, in netta contrapposizione con la società collettivistica del mondo dorico; l’esecuzione delle poesie avveniva quindi davanti a un pubblico ristretto di ἑταῖροι ovvero persone della stessa età, condizione sociale e orientamento politico.
1. Solone, Alle Muse
Il primo autore di poesie in greco che risulta essere molto interessante è Solone, primo poeta ateniese e legislatore della città. Le sue elegie sono di carattere politico ed esortativo e descrivono un ambiente molto diverso rispetto a quello del chiassoso e poliedrico mondo ionico.
Una delle poesie in greco di Solone che andremo ad analizzare è l’elegia Alle Muse, un susseguirsi di aforismi e di sentenze in cui l’autore delinea un quadro di società che si fonda sull’integrazione tra individuo e collettività; risulta, quindi, una sorta di summa pedagogica in cui riassume idee fondamentali del pensiero di un sapiente arcaico: essere devoto agli amici ma implacabile con i nemici, perseguire la ricchezza ma senza commettere ingiustizie e, soprattutto, accettare l’inevitabile destino con coraggio. È proprio sul destino che si fonda principalmente il carme: l’uomo è incapace di padroneggiare il proprio destino e, di conseguenza, si crea un contrasto tra il dio sereno immobile, Zeus, e il vano affannarsi dell’uomo. Solone evoca le Muse, schema tipico attraverso cui il poeta pone la propria attività creativa sotto il patrocinio delle divinità ispiratrici. Di seguito, il testo dal v. 1 al v. 32.
Μνημοσύνης καὶ Ζηνός Ὀλυμπίου ἀγλαὰ τέκνα, Μοῦσαι Πιερίδες, | κλῦτέ μοι εὐξομένῳ· ὄλβον μοι πρὸς θεῶν μακάρων δότε καὶ πρὸς [ἀπάντων] ἀνθρώπων αἰεὶ | δόξαν ἔξειν ἀγαθήν· Εἶναι δὲ γλυκὺν ὧδε φίλοισ’, ἐχθροῖσι δὲ πικρὸν, τοῖσι μὲν αἰδοῖον, | τοῖσι δὲ δεινὸν ἰδεῖν. Χρήματα δ’ ἱμείρω μὲν ἔχειν, ἀδίκως δὲ πεπᾶσθαι οὐκ ἐθέλω· πάντως | ὔστερον ἧλθε δίκη. Πλοῦτον δ’ ὅν μὲν δῶσι θεοί, παραγίγνεται ἀνδρί ἔμπεδος ἐκ νεάτου | πυθμένος ἐς κορυφήν· ὅν δ’ ἄνδρες μετίωσιν ὑφ’ ὕβριος, οὐ κατὰ κόσμον ἔρχεται, ἀλλ’ ἀδικοισ’ | ἔργμασι πειθόμενος οὐκ ἐθέλων ἕπεται, ταχέως δ’ ἀναμίσγεται ἄτη· ἀρχὴ δ’ ἐξ ὀλίγου | γίγνεται ὤστε πυρός φλαύρη μὲν τὸ πρῶτον, ἀνιηρὴ δὲ τελευτᾷ· οὐ γὰρ δὴ θντετοῖσ’ | ὕβριος ἔργα πέλει. Ἀλλὰ Ζεὺς πάντω(ον) ἐφορᾷ τέλος, ὠξαπίνες δέ – ὤστ’ ἄνεμος νεφέλας | αἷψας διεσκέδασεν ἡρινός, ὅς πόντου πολυκύμονος ἀτρυγέτοιο πυθμένα κινήσας, | γῆν κατὰ πυροφόρον δῃώσας καλὰ ἔργα θεῶν ἕδος αἰπὺν ἰκάνει οὐρανόν, αἰθρίης | δ’ αὖτις ἔθηκεν ἰδεῖν· λάμπει δ’ ἠελίοιο μένος κατὰ πίονα γαῖαν καλόν, ἀτὰρ νεφέων | οὐδὲν ἔτ’ ἔστιν ἰδεῖν – τοιαῦτη Ζηνὸς πέλεται τίσις, οὐ δ’ ἐφ’ ἑκάστῳ ὥσπερ θνητὸς ἀνὴρ | γίγνετ(αι) ὀξύχολος, αἰεὶ δ’ οὔ ἑ λέληθε διαμπερὲς ὅστις ἀλιτρόν θυμὸν ἔχῃ, πάντως | δ’ ἐς τέλος ἐξεφάνη· ἀλλ’ δ’ μὲν αὐτίκ’ ἔτεισεν, ὅ δ’ ὕστερον; οἵ δὲ [φύγωσιν] αὐτοί, μὴ δὲ θεῶν | μοῖρ’ ἐπιοῦσα κίχῃ, ἤλυθε πάντως αὖτις· ἀναίτιοι ἔργα τίνουσιν ἤ παῖδες τούτων | ἤ γένος ἐξ οπίσω. |
Splendide figlie di Memoria e di Zeus olimpio Muse della Pieria, ascoltate la preghiera. Datemi la prosperità da parte dei dèi beati, e di avere Da parte di tutti gli uomini sempre buona fama, e così di essere dolce agli amici e amaro ai nemici, visto con rispetto dai primi, con timore dagli altri. Ricchezze desidero averne, ma essermele procurate ingiustamente non lo voglio: in ogni caso, poi, giustizia arriva. La ricchezza che danno gli dèi giunge all’uomo salda dalle estreme basi fino alla cima; quella invece che gli uomini ossequiano con la loro violenza non viene secondo un ordine ma controvoglia si sottomette alle azioni ingiuste, e presto a essa si mescola la rovina: da esigua origine nasce, come per il fuoco, all’inizio da nulla, poi finisce per essere una rovina. Non durano infatti a lungo, per i mortali, i risultati della tracotanza, ma Zeus controlla come vada a finire ogni cosa, e all’improvviso – come disperde in un attimo le nuvole un vento di primavera, che dopo aver agitato il fondo del mare dai molti flutti, sterile, e aver devastato i bei frutti del lavoro sulla terra datrice di grano arriva all’alta sede degli dèi nel cielo e fa ritornare a vedere l’aria serena: risplende benevola la possa del sole sulla terra ferace, e delle nuvole non se ne vede più per niente – tale è la vendetta di Zeus: lui non è pronto a irritarsi per ogni cosa come un uomo mortale, però non gli sfugge assolutamente chi ha l’animo colpevole; in ogni modo alla fine si manifesta. Uno paga subito, un altro dopo; anche per quelli che sfuggano di persona, e non sopraggiunga a coglierli il desino deciso dagli dèi, arriva poi dopo, in ogni modo: senza colpa pagano per le loro azioni o i loro figli o la discendenza in séguito. |
2. Anacreonte, Eros
Anacreonte è il secondo autore delle poesie in greco più belle di sempre. In lui la stagione della lirica monodica trova la sua più estrema espressione. Egli è il poeta dell’amore che nasce all’interno del simposio; si può certamente considerare come l’ultimo esponente della lirica arcaica.
Il frammento in questione, Eros, dipinge vivacemente un piccolo episodio di passione per una donna, probabilmente straniera e non libera. La giovane, dopo aver suscitato l’interesse del poeta, rivolge la sua attenzione verso un uomo più giovane. Il verso in cui viene menzionata Lesbo è di natura incerta: non si sa se il poeta volesse alludere alla provenienza della fanciulla da Lesbo, le cui donne sono famose per la propria sensualità, o se si riferisse ai costumi della ragazza. Anacreonte è il maestro del colore e del suono e dell’abbondanza nell’utilizzo degli aggettivi con il conseguente effetto di riuscire a materializzare lo stato d’animo, rendendolo visibile e concreto. Il poeta presenta nel suo testo un Eros-pugilatore, esprimendo l’idea di un dio sentito quasi come una minaccia, ma anche un Eros-giocatore, per rappresentare l’imprevedibilità degli amori.
σφαίρηι δηὖτέ με πορφυρῆι βάλλων χρυσοκόμης Ἔρως νήνι ποικιλοσαμβάλωι συμπαίζειν προκαλεῖται· ἡ δ’, ἐστὶν γὰρ ἀπ’ εὐκτίτου Λέσβου, τὴν μὲν ἐμὴν κόμην, λευκὴ γάρ, καταμέμφεται, πρὸς δ’ ἄλλην τινὰ χάσκει. |
Ancora Eros chiomadoro mi colpisce con una palla scarlatta e m’invita a giocare insieme a una fanciulla dalla scarpina ricamata. Ma lei viene dalla ben costrutta Lesbo: disprezza la mia chioma grigia, e guarda un’altra a bocca aperta |
Dalla lirica ionica, passiamo ora ad analizzare le poesie in greco appartenenti al gruppo della lirica eolica. Tra la fine del secolo VII e l’inizio del secolo VI a.C. Lesbo fu sede di una brillante civiltà, la cui espressione artistica principale è rappresentata dall’opera di Saffo e Alceo: le loro composizioni venivano cantate dai poeti stessi con l’accompagnamento della lira, la loro è un tipo di poesia puramente melica, utilizzavano il linguaggio eolico e facevano pieno uso dell’isosillabismo, ovvero versi e strofe con uguale numero di sillabe. Inoltre, la loro poesia nasceva per rispondere alle esigenze di un ambiente elitario e chiuso, cantando la vita di questa società ricercata e dinamica.
3. Saffo, l’Ode ad Afrodite
Tra gli autori delle poesie in greco più coinvolgenti non possiamo non menzionare Saffo, regina indiscussa dell’isola di Lesbo, la più antica poetessa europea. La sua vita all’interno del tìaso è stata il fondamento della sua poetica. I temi principali della sua poesia, infatti, erano le leggi dell’amore, la raffinatezza ma anche la capacità di sedurre e l’eleganza d’espressione: dunque, tutto ciò che veniva insegnato alle donne all’interno del tìaso. Questi componimenti nascevano per accompagnare i vari momenti della vita di gruppo come le feste e le danza ma anche le preghiere ad Afrodite. Proprio riguardo la dea dell’amore ci è giunta un’ode di invocazione completa.
Tra tutte le poesie in greco di Saffo, l’Ode ad Afrodite è un inno. Il centro della composizione, tuttavia, non è Afrodite stessa, ma la poetessa e le sue relazioni, e il carme altro non è che un’esposizione delle leggi dell’amore di cui Afrodite è garante. I versi della poetessa dedicati all’amore mostrano spesso un timbro drammatico, quasi disperato. L’ode, cantata tra le fanciulle del tìaso riunite davanti alla statua della dea, assume un valore paideutico: ciò significa che mostra alle giovani donne quali sono i poteri di Afrodite e le esorta a non rifiutarli, portando i suoi sentimenti da un piano soggettivo a uno oggettivo.
ποικιλόθρον’ ἀθανάτ’Ἀφρόδιτα, παῖ Δίος δολόπλοκε, λίσσομαί σε, μή μ’ἄσαισι μηδ’ὀνίασι δάμνα, πότνια, θῦμον, ἀλλὰ τυίδ’ ἔλθ’, αἴ ποτα κἀτέρωτα τὰς ἔμας αὔδας ἀΐοισα πήλοι ἔκλυες, πάτρος δὲ δόμον λίποισα χρύσιον ἦλθες ἄρμ’ὑπασδεύξαισα· κάλοι δὲ σ’ἆγον ὤκεες στροῦθοι περὶ γᾶς μελαίνας πύκνα διννεντες πτερ’ἀπ’ὠράνω αἴθε- ρος διὰ μέσσω· αἶψα δ’ἐξίοντο· σὺ δ’, ὦ μάκαιρα, μειδιαίσαισ’ἀθανάτῳ προσώπῳ ἤρε’ὄττι δηὖτε πέπονθα κὤττι δηὖτε κάλημμι κὤττι μοι μαλιστα θέλω γένεσθαι μαινόλᾳ θύμῳ· “τίνα δηὖτε πείθω εισάγην ἐς σάν φιλότατα; τίς σ’, ὦ Ψάπφ’, ἀδικήει; καὶ γὰρ αἰ φεύγει, ταχέως διώξει, αἰ δὲ δῶρα μὴ δέκετ’, ἀλλὰ δώσει, αἰ δὲ μὴ φίλει, ταχέως φιλήσει κωὐκ ἐθελοισα”. ἔλθε μοι καὶ νῦν, χαλέπαν δὲ λῦσον ἐκ μερίμναν, ὄσσα δὲ μοι τέλεσσαι θῦμος ἰμέρρει, τέλεσον, σὺ δ’αὔτα σύμμαχος ἔσσο. |
Afrodite immortale, che siedi sopra il trono intarsiato, figlia di Zeus, tessitrice d’inganni, ti supplico: non domare il mio cuore con ansie, tormenti, o divina, vienimi accanto, come una volta quando udito il mio grido da lontano mi hai ascoltata: giungesti lasciando la casa d’oro del padre, aggiogasti il tuo carro. Sopra la testa bruna ti conducevano i passeri belli, veloci, battevano rapidi le ali nell’abisso del cielo. In un attimo, furono qui! E tu, beata, sorridendo nel volto immortale hai chiesto perché ancora soffrivo e perché ancora chiamavo e che cosa voleva sopra ogni cosa il mio cuore folle. «E chi ancora devo convincere ad accettare il tuo amore? Saffo, chi ti fa torto? Se ora fugge presto inseguirà e se respinge i tuoi doni poi ne offrirà e se non ti ama presto ti amerà pur se non vuole». Vieni ancora, liberami dal penoso tormento, e quello che il mio cuore desidera, còmpilo: sii mia alleata! |
Per le prossime poesie in greco, tratteremo del genere dell’epigramma. Il nome stesso – da ἐπί e γράμμα, segno inciso sopra – esprime e la sua funzione e la sua peculiarità, ovvero essere un testo scritto, inciso sulla pietra o su un altro materiale durevole e, inoltre, ha lo scopo di commemorare un defunto oppure di accompagnare la consacrazione di un oggetto. Verso il secolo V a.C, tuttavia, l’epigramma si svincola dalla sua funzione commemorativa e inizia ad assumere un valore letterario autonomo. Con l’arrivo dell’epoca ellenistica l’epigramma raggiunge piena dignità letteraria, elaborando un tipo di arte dal carattere colto ed esclusivo e che, di conseguenza, esige un pubblico di lettori dotti, capaci di capire a fondo le allusioni intessute nei brevi componimenti, όλιγοστιχία. L’epigramma ellenistico eredita la tradizione della lirica arcaica: oltre a trattare di situazioni private e a valorizzare le tematiche quotidiane, l’epigramma diventa anche un laboratorio di tecnica letteraria che si presta a operazioni di recupero di temi, di variazioni e di fusione di generi. La nostra conoscenza di questi carmi è data dall’Antologia Palatina, ovvero testi contenuti nel codice Palatino 23, una silloge monumentale che contiene circa 3700 epigrammi di 340 poeti diversi, dall’epoca arcaica a quella bizantina.
4. Leonida, Il tempo infinito
Di Leonida di Taranto si conservano circa un centinaio di epigrammi. Queste piccole poesie in greco erano, prevalentemente, su committenza quindi risultano essere di carattere dedicatorio o sepolcrale. La poesia di Leonida si caratterizza per le descrizioni di situazioni quotidiane e di personaggi umili; inoltre, è presente una certa attrazione per il cinismo, tanto da renderlo una sorta di divulgatore di questa filosofia; talvolta, quindi, i suoi versi risultano oscuri e involuti, a volte ricchi di sperimentalismi.
Tra le poesie in greco di Leonida, una che risulta essere molto interessante dal punto di vista tematico è Il tempo infinito, in cui si sviluppa il suo gusto per le atmosfere lugubri in una meditazione sconsolata sulla vanità delle cose umane. Ricorre qui il tema del destino: il destino breve e doloroso riservato all’uomo si amplifica e assume l’immagine di una violenza quasi macabra. Più che un epigramma, questo componimento potrebbe essere considerato una breve elegia, una specie di memento mori inciso su una tomba.
Μυρίος ἦν, ὤνθρωπε, χρόνος πρὸ τοῦ, ἄχρι πρὸς ἠῶ ἦλθες, χὠ λοιπὸς μυρίος εἰς Ἀίδην. Tίς μοῖρα ζωῆς ὑπολείπεται, ἢ ὅσον ὅσσον στιγμὴ καὶ στιγμῆς εἴ τι χαμηλότερον; μικρή σευ ζωὴ τεθλιμμένη· οὐδὲ γὰρ αὐτὴ ἡδεῖ’, ἀλλ’ ἐχθροῦ στυγνοτέρη θανάτου. ἐκ τοίης ὥνθρωποι ἀπηκριβωμένοι ὀστῶν ἁρμονίης ὑψοῦντ’ ἠέρα καὶ νεφέλας· ὦνερ, ἴδ’, ὡς ἀχρεῖον, ἐπεὶ περὶ νήματος ἄκρον εὐλὴ ἀκέρκιστον λῶπος ἐφεζομένη· τοῖον τὸ ψαλάθρειον ἀπεψιλωμένον οἷον πολλῷ ἀραχναίου στυγνότερον σκελετοῦ. ἠοῦν ἐξ ἠοῦς ὅσσον σθένος, ὦνερ, ἐρευνῶν εἴης ἐν λειτῇ κεκλιμένος βιοτῇ· αἰὲν τοῦτο νόῳ μεμνημένος, ἄχρις ὁμιλῇς ζωοῖς, οἵης ἡρμόνισαι καλάμης. |
Infinito fu il tempo, uomo, prima che tu venissi alla luce, e infinito sarà quello dell’Ade. E quale parte di vita qui ti spetta, se non quanto un punto, o, se c’è, qualcosa più piccola d’un punto? Così breve la tua vita e chiusa, e poi non solo non è lieta, ma assai più triste dell’odiosa morte. Con una simile struttura d’ossa tenti di sollevarti fra le nubi nell’aria! Tu vedi, uomo, come tutto è vano: all’estremo del filo già c’è un verme sulla trama non tessuta dalla spola. Il tuo scheletro è più tetro di quello d’un ragno. Ma tu che giorno dopo giorno cerchi in te stesso, vivi con lievi pensieri, e ricorda solo di che paglia sei fatto. |
5. Meleagro, Compianto per Eliodora
Meleagro in gioventù aderì al cinismo, proprio come Leonida, e scrisse dialoghi di contenuto leggero nel genere della satira menippea. A lui si deve l’antologia della Ghirlanda, che conserva quanto resta della poesia epigrammatica ellenistica. Le poesie in greco di Meleagro hanno un andamento quasi teatrale, con una tendenza al monologo interiore e alla scena dialogata, con interlocutori che possono essere sia reali che immaginari. I suoi versi esprimono l’ansia verso un’unione unica, gli amori di Meleagro sono infelici, gli amanti si cercano ma non si toccano mai. Nella sua poesia c’è il desiderio di fissare l’istante attraverso la parola.
Compianto per Eliodora è una delle poesie in greco di Meleagro, un’opposizione tra amore e morte, ἔρως καὶ θάνατος. È l’epigramma più famoso dell’Antologia Palatina e i suoi versi sono intrisi di πάθος, arricchito dal perfetto rigore stilistico. Il componimento è diviso in due sezioni: nella prima c’è il compianto vero e proprio, dove emerge sia il nome di Meleagro che quello di Eliodora, rispettivamente alla fine del primo e del quinto verso; nella seconda metà, invece, è contenuta l’ultima e dolente preghiera alla Terra per il riposo eterno dell’amata.
Δάκρυά σοι καὶ νέρθε διὰ χθονός, Ἡλιοδώρα, δωροῦμαι, στοργᾶς λείψανον, εἰς Ἀΐδαν, δάκρυα δυσδάκρυτα· πολυκλαύτῳ δ’ ἐπὶ τύμβῳ σπένδω μνᾶμα πόθων, μνᾶμα φιλοφροσύνας. Οἰκτρὰ γὰρ οἰκτρὰ φίλαν σε καὶ ἐν φθιμένοις Μελέαγρος αἰάζω, κενεάν εἰς Ἀχέροντα χάριν. Αἰαῖ, ποῦ τὸ ποθεινὸν ἐμοὶ θάλος; ἅρπασεν ᾍδας, ἅρπασεν· ἀκμαῖον δ’ ἄνθος ἔφυρε κόνις. Ἀλλά σε γουνοῦμαι, Γᾶ παντρόφε, τὰν πανόδυρτον ἠρέμα σοῖς κόλποις, μᾶτερ, ἐναγκάλισαι. |
Lacrime anche attraverso la terra ti dono, Eliodora, sino nell’Ade, unico avanzo d’un amore, lacrime amare. Sulla tomba ti offro gemiti, memorie di passione, memorie di desiderio. Piangendo, piangendo grido il tuo nome, io Meleagro, o cara anche tra i morti: vana offerta per Acheronte! Ahi! Dov’è il mio amato germoglio? Ade l’ha rapito, l’ha rapito, la polvere ha sporcato il fiore lucente. Ti supplico, Terra nutrice: accogli dolce tra le braccia, madre, lei che tutti rimpiangono. |
6. Filodemo, La giovane arpista
Filodemo fu una figura di grande rilievo nel movimento epicureo della Roma tardo-repubblicana, ma è anche tra gli epigrammatici più importanti del panorama greco. Anche le sue poesie in greco passarono nell’Antologia Palatina, dopo essere state incluse nella Ghirlanda di Filippo di Tessalonica. Il poeta fece della limpidezza stilistica, della semplicità espressiva e dell’equilibrio formale la caratteristica principale della sua poetica. Filodemo era poeta d’amore, il quale appare, tuttavia, come un’esperienza della ragione e non dei sensi, in sintonia con la concezione epicurea che predicava l’imperturbabilità dell’animo del sapiente. L’ἔρως di Filodemo è, dunque, l’osservazione distaccata e ironica di giovani donne.
Come ultima delle poesie in greco più belle c’è, per l’appunto, un carme di Filodemo: La giovane arpista. In questo epigramma la contemplazione della bellezza di una giovane donna combacia con la nozione di quanto brevi siano i piaceri della vita: il carme è tutto fatto d’impressione e di sensazioni inespresse. In un primo momento vengono evidenziati i tratti estetici e seducenti di Xanto, evocando poi il suo profumo e la morbidezza della sua pelle: tutto ciò è legato ai sensi: ciò è in netto contrasto con i versi a seguire in cui il poeta stesso dichiara di essere confinato, solo, in un letto di pietra e, dunque, legato a sensazioni materiali e fisiche.
Ξανθὼ κηρόπλαστε, μυρόχροε, μουσοπρόσωπε, εὔλαλε, διπτερύγων καλόν ἄγαλμα Πόθων, ψῆλόν μοι χερσὶ δροσιναῖς μύρον• ἐν μονοκλίνῳ δεῖ με λιθοδμήτῳ δή ποτε πετριδίῳ εὕδειν ἀθανάτως πουλὺν χρόνον. Ἆιδε πάλιν μοι, Ξανθάριον, ναὶ ναὶ, τὸ γλυκὺ τοῦτο μέλος. Οὐκ ἀίεις, ὤνθρωφ̓, ὁ τοκογλύφος; ̓Εν μονοκλίνῳ δεῖ σὲ βιοῦν αἰεί, δύσμορε, πετριδίῳ. |
Candida Xanto che stilli profumi, tu, dal volto di Musa, soave immagine degli Amori alati, torna a suonare dolce per me con le mani odorose. In un letto di pietra solitario, murato da sassi, io devo un eterno sonno dormire. Canta ancora per me, piccola Xanto: sì, sì, questo dolce canto! Lo senti usuraio? E solo, in un letto di pietra dovrai posare, misero, per sempre. |
Le poesie in greco sono parte di un corpus estremamente variegato e impressionante di opere. Nonostante quello che è stato detto fino ad ora, non è possibile scegliere, definitivamente, solo sei componimenti tra tutti, perché nessuno risulterebbe mai più bello dell’altro.