Prof. Zamagni a Sharper Terni: l’economia civile è umanista

Sharper night 2025 Terni

Per far fronte alla complessa crisi contemporanea, è necessario riscoprire l’umanesimo come essenza ontologica dell’economia di mercato. Il professore Stefano Zamagni ospite del progetto Sharper di Terni. 

Per la sua tredicesima edizione, Sharper ha offerto un programma ricco e multidisciplinare e ne è testimone la giornata di Venerdì 26 settembre 2025 che, traMeet a PHD Student”, esperimenti dimostrativi, concerti e spettacoli teatrali, è stata ulteriormente valorizzata dalla stimolante conferenza tenuta dal professore Stefano Zamagni dell’università di Bologna, dal tema “L’Umanesimo come chiave per un nuovo capitalismo”, coordinata dal professore Fabio Santini e dalla professoressa Cristina Montesi (premiata il 10 settembre scorso dall’associazione Io Sono Una Persona Per Bene) del Dipartimento di Economia di Perugia. A seguire, il contributo e l’esperienza dell’imprenditore Enrico Loccioni (Gruppo Loccioni) e del founder di Pagine Si! Sauro Pellerucci, attraverso la presentazione delle loro ultime pubblicazioni. 

 Sharper e la Notte Europea dei Ricercatori e delle Ricercatrici

Sharper Terni
Team di Sharper Terni, materiale stampa

La Notte Europea dei Ricercatori e delle Ricercatrici è uno dei più importanti appuntamenti internazionali dedicati al dialogo tra scienza e società, promosso dalla Commissione Europea, dal 2005, coinvolgendo ogni anno migliaia di istituzioni di ricerca in tutti i paesi europei. In Italia l’iniziativa prende forma attraverso il progetto Sharper (Sharing Researchers’ Passion for Education and Rights), nato come “Sharp” nel 2013 in Umbria, svolgendosi nelle città di Perugia, Terni e Foligno, e diventato Sharper passando, da una dimensione regionale, a una dimensione interregionale, coinvolgendo Marche, Abruzzo, fino a raggiungere ben 16 città. Quest’anno, nell’edizione 2025, le città coinvolte sono state 14 (Ancona, Bari, Camerino, Cagliari, Catania, Genova, L’Aquila, Nuoro, Palermo, Pavia, Perugia, Sassari, Terni, Trieste e Urbino) e per ognuna di esse tanti sono stati gli eventi promotori di diffusione di conoscenza e speranza. 

A Sharper Terni Stefano Zamagni, capo scuola dell’economia civile

Sharper Terni conferenza Zamagni
Professoressa Montesi presenta Stefano Zamagni, archivio personale

A dare il via alla conferenza, la presentazione dell’immenso curriculum del professor Zamagni da parte della professoressa Montesi, la quale, pur citando solo le attività accademiche e le onorificenze più illustri ed emblematiche, ha impiegato circa 15 minuti di tempo per elencarle, provocando, non solo un certo stupore nel pubblico, ma anche un lieve sorriso accompagnato da gesti imbarazzati da parte dell’oratore protagonista, conquistandosi così, da subito, l’attenzione e la simpatia degli ascoltatori. Nonostante la distanza fisica, colmata dalla partecipazione “via meet”, Zamagni è riuscito a trasmettere una serie di concetti economici, per convenzione fatti di pura ratio, in una maniera interamente umana.

Alla luce di una serie di crisi (tecnologica, economica, ambientale, sociale, politica), tornare ai primi passi del paradigma dell’economia civile offre l’opportunità di aprire gli occhi sui reali bisogni della società e degli individui che la compongono, realizzando che l’economia di mercato è stata concepita in funzione del bene comune. La lectio di Zamagni, nella cornice sia di Sharper sia delle Giornate di filosofia (promosse e realizzate dalla biblioteca comunale di Terni), ha permesso di guardare alle conseguenze, storicamente imprevedibili, della transizione dall’economia di mercato civile all’economia di mercato capitalista, sottolineandone i passaggi drammatici, per poi comprendere che il cambiamento è possibile e  parte dalla diffusione della conoscenza, un bene comune che progetti come Sharper tentano di rimettere al centro, a disposizione di tutti e per tutti. 

L’economia di mercato è figlia dell’economia francescana

Sharper Terni conferenza
La conferenza di Zamagni alla biblioteca comunale di Terni, materiale stampa

L’economia di mercato (e non il mercato, sottolinea Zamagni) è un modello di organizzazione socioeconomico, nato tra la fine del 1300 e l’inizio del 1400 nella culla di Toscana e Umbria, basato su tre pilastri:

  1. La divisione del lavoro, la cui conseguenza è lo scambio;
  2. L’idea di sviluppo che non è sinonimo di crescita: nella lingua latina, una “S” davanti a una parola significa negarla, perciò sviluppo vuol dire letteralmente “togliere i viluppi” (lacci, catene) e questo ci fa rendere conto che l’idea di sviluppo è legata etimologicamente all’idea di libertà;
  3. La libertà d’impresa: ognuno deve essere lasciato libero di mettere a frutto i propri talenti. Conseguenza della libertà d’impresa è la competizione, dal latino “cum petere”, cioè tendere allo stesso obiettivo, volontà di ricerca comune.

Il primo intento di Zamagni, oltre a chiarire cosa davvero è l’economia di mercato, è di sollecitare la domanda: “perché l’economia di mercato è nata proprio in quei territori? Perché non altrove?”. La risposta è tanto semplice quanto spesso tralasciata nell’insegnamento della materia economica, continua il professore, poiché l’economia di mercato è figlia della scuola di pensiero francescana. San Francesco è stato un imprenditore di successo che, convertitosi e spogliatosi delle vesti, per abbracciare sorella povertà, non ha, con ciò, messo da parte la mentalità imprenditoriale, insita nella sua stessa Regola: “l’elemosina aiuta a sopravvivere ma non a vivere, perché vivere è produrre”. I francescani distinguono la povertà dalla miseria,  poiché la prima è una virtù mentre la seconda è il male da combattere, in quanto a tutti deve essere data la possibilità di inserirsi nell’attività produttiva generativa, perché ogni essere umano ha ricevuto dalla natura dei talenti che devono essere messi nella condizione di essere sviluppati. 

Dall’economia di mercato civile a quella capitalista: cause e conseguenze
Sharper Terni conferenza Zamagni
L’Umanesimo come chiave per un nuovo capitalismo, sharper-night.it

A partire dalla fine del 1600 si avvia un processo di transizione dalla, fino allora chiamata, economia di mercato civile alla nuova definizione di economia di mercato capitalista, e ciò è avvenuto gradualmente attraverso quattro fattori:

  1. La rivoluzione scientifica del 1600, la quale ha modificato radicalmente le modalità di ricerca e di pensiero;
  2. La prima rivoluzione industriale (dalla metà del 1700, in Italia);
  3. Le grandi scoperte geografiche che, se prima di questo periodo, erano spinte dal desiderio di ricerca, ora assumono quella connotazione specifica che darà origine al colonialismo: l’acquisizione di materie prime;
  4. L’etica protestante: la riforma di Lutero e Calvino instillano nell’economia di mercato dei principi che non trovavano spazio nell’etica cattolica (il professore cita come consiglio di lettura il libro di Max Weber “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”).

Le conseguenze sono diverse e Zamagni ci evidenzia le più importanti:

  • Il lavoro è una merce: prima dell’avvento del capitalismo, il lavoro umano non era considerato una merce, ora, invece all’uso dell’espressione “mercato del lavoro” non battiamo ciglio;
  • Il capitale controlla il lavoro: per produrre servono entrambe, sia il capitale, sia il lavoro, allora perché una controlla l’altra?
  • Il colonialismo diventa il metodo per accelerare la crescita di un paese (“capitalismo di rapina”);
  • L’avvento del taylorismo, modello di organizzazione del lavoro basato sulla catena di montaggio, la quale prende piede dall’idea di consentire, a ciascun lavoratore, anche se semi analfabeta o analfabeta, di lavorare, svolgendo una mansione definita e sempre uguale. “L’operaio deve essere trattato come se fosse un bovino”, si legge nel libro di Taylor “L’organizzazione scientifica del lavoro”. Se, da un lato, questo modello aumenta l’efficienza, dall’altro genera alienazione.

Arrivando ai giorni nostri, intendendo dagli anni ’70 in poi, Zamagni prosegue a delineare quelle “novità” che nessuno era stato in grado di anticipare:

  1. La globalizzazione, da non confondere con l’internazionalizzazione, i cui oggetti di transazioni internazionali non sono più solo gli output (prodotti, servizi), ma anche gli input (lavoro, capitale) e, ben più grave, i diritti umani. 
  2. Il disallineamento tra mercato e democrazia: mentre l’economia di mercato capitalista si postulava in riferimento a un sistema politico di tipo democratico, oggi vi sono paesi (es. Cina) in cui l’economia di mercato sussiste in assenza di democrazia. 
  3. Terza rivoluzione industriale: la massima novità dell’ultimo periodo è lintelligenza artificiale.

Queste novità hanno modificato il modello di competizione: nella competizione convenzionale, infatti, l’impresa migliore, che vende di più, non impedisce alle altre imprese di operare, seppur a un livello di profittabilità inferiore; nella competizione tecnologica, invece, dichiara Zamagni, “chi vince prende tutto e chi perde perde tutto”. Inoltre,  hanno portato all’aumento delle diseguaglianze sociali e all’abbassamento progressivo dei livelli di felicità, perché, sottolinea il professore, “la felicità non c’entra niente con la crescita”, ma si trova nelle relazioni interpersonali, all’interno di quei beni relazionali che, come il bene comune, Stato e mercato non contemplano, perché preoccupati solo dei rispettivi beni pubblici e privati.  

Zamagni: “il vero imprenditore è un umanista”

Oggi, l’Italia pullula di business school che preparano alla figura del manager ma non preparano a diventare imprenditori. I due termini sono spesso usati come sinonimi ma vi è in loro una profonda differenza. L’imprenditore è un soggetto innovatore e possiede la capacità di propensione al rischio e la virtù dell’ars combinatoria (l’arte della combinazione), ovvero, conosce i talenti, le competenze dei suoi collaboratori, e li sviluppa al fine, non solo di far sviluppare l’impresa, ma di dilatare gli spazi di libertà delle persone per contribuire all’evoluzione e all’innovazione della società. Il manager, invece, non ha alcun altro interesse oltre l’aumento del profitto.

“Abbiamo bisogno di imprenditori civili”, afferma verso la conclusione Zamagni, che devono farsi carico, insieme alla società civile organizzata e agli enti pubblici di un recupero di umanizzazione delle relazioni interpersonali. Alla conferenza, presenti due esempi di imprenditori civili, Enrico Loccioni che per testimoniare il modello di impresa che persegue, basato sulle persone, presenta brevemente il suo ultimo libro “La terra e le idee” (Desiderio Editore) e Sauro Pellerucci, promotore di progetti sociali e ideatore dell’associazione Io sono una persona per bene, che presenta il libro “Il mondo delle persone per bene” (Pagine Sì) immaginando una società volta ad accogliere l’altro. 

Fonte immagine in evidenza: sharpers-night.it

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