Rupe di Leucade: la fine del tormento d’amore

Rupe di Leucade: la fine del tormento d'amore

Ερως [cfr. “desiderio”], nella cultura greca arcaica e tardo-antica è una potenza terribile e irresistibile, le sue vittime sono travolte da un sentimento amoroso che non corrisponde tanto a un’emotività interiore quanto piuttosto a un assalto armato di una potenza capace di domare l’animo umano. L’unico e solo modo per liberarsi da questo tormento è gettarsi dalla Rupe di Leucade, nel Mar Ionio.

La follia d’amore

Il sostantivo greco per indicare l’amore passionale è, appunto, ἔρως [-ωτος], esso annulla completamente le facoltà intellettive della malcapitata vittima, travolgendola con l’impeto della follia, della μανία [-ας, ἡ; cfr. manìa] : ciò significa che la potenza di Afrodite ha preso il sopravvento e si sta imponendo con una forza indomabile, giocando sadicamente con i tumulti interiori e lasciando la vittima senza scampo. L’innamorato viene colpito dalla χάρις, la bellezza della persona che diverrà oggetto del suo desiderio; proprio quest’ultimo spinge l’innamorato ad adottare ogni mezzo possibile pur di attirare l’amato nella sua tela. Anche l’inganno diventa parte integrante di questo processo, non a caso Afrodite è la dea tessitrice di inganni. Se si rifiuta o si tradisce l’amore offerto, ci si macchia di αδικία, ingiustizia nei confronti dell’innamorato; ci si espone così alla possibile vendetta di Afrodite e l’unica via d’uscita è quella di gettarsi a picco sugli scogli dalla Rupe di Leucade.

La rupe di Leucade come rimedio al mal d’amore

«Dal momento che tu ardi di una passione non ricambiata, Ambracia è la terra che devi raggiungere. Febo, dall’alto guarda il mare per quanto si estende: la gente lo chiama mare di Azio e di Leucade… in quel luogo vige questa legge: raggiungi subito la sommità di Leucade e non aver paura a lanciarti giù dalla rupe» – nelle Eroidi di Ovidio (XV) con queste parole, una Naiade spinse la poetessa Saffo a gettarsi dalla Rupe di Leucade per liberarsi dello strazio provocatole dall’amore non corrisposto per il giovane marinaio Faone, che in realtà è un personaggio mitologico – «Aria sostienimi […] dolce Amore, reggimi con le tue ali mentre cado, perché la mia morte non divenga l’infamia delle acque di Leucade».

Saffo era stata vinta dalla follia dell’amore ed era pronta a sbarazzarsene ad ogni costo: saltare dalla cima della rupe, abbattersi sugli scogli e immergersi negli abissi del mare avrebbe suggellato la fine della sofferenza e magari, il coraggio dimostrato nel rinunciare alla propria vita per sottomettersi al volere di Eros sarebbe stato ricompensato con il legame eterno con la persona amata. Il suicidio della poetessa è il più celebre del mondo classico.

Il salto in mare è un topos della letteratura classica: il tuffo e la successiva riemersione dagli abissi sono uno strumento narrativo attraverso cui un personaggio realizza una catarsi che modifica lo stato attuale degli eventi, e nella dimensione individuale e in quella collettiva; quel salto dalla Rupe di Leucade non è un gesto di morte, ma di rinascita, non è una fine, ma un nuovo inizio.

Tuttavia, gettarsi dalla Rupe di Leucade rappresenta anche un rituale per stabilire un’ordalia: secondo la tradizione antica, infatti, i condannati a morte erano portati sulla cima della rupe e, dopo essere stati cosparsi di piume di uccelli, venivano lanciati in mare dove c’era una nave ad attendere chi si fosse salvato, ovviamente per volere degli dèi.

Immagine in evidenza: wikipedia

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A proposito di Di Costanzo Mariachiara

Mariachiara Di Costanzo, classe 2000. Prossimamente laureata in Lingue e Culture Comparate all'Università degli Studi di Napoli L'Orientale. Appassionata di moda, musica e poesia, il suo più grande sogno è diventare redattrice di Vogue.

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