Vampiri: il mito attraverso i secoli

Vampiri: il mito attraverso i secoli

Quando ci viene chiesto di pensare ad un vampiro la maggior parte di noi lo immaginerà pallido, vestito in modo elegante e con un enorme mantello e i denti a punta pronti a mordere il collo di qualche giovane fanciulla sfortunata. Tuttavia questa è una visione abbastanza contemporanea dei vampiri, che sono invece figure mitologiche che affondano le loro radici e origini in tempi molto meno contemporanei. La concezione che ne abbiamo oggi, è infatti spesso dettata dai media che consultiamo e visioniamo ogni giorno: basti pensare a film come Twilight o a libri come Dracula di Bram Stoker, colui che per eccellenza ha definito il prototipo di vampiro moderno. Ma com’erano invece i vampiri secondo la tradizione, quelli veri e non idealizzati? In questo articolo andremo a scoprire insieme come questa figura si è evoluta in modo differente in diverse culture e come invece è concepita e idealizzata ai nostri giorni.

Le radici slave

Le origini dei vampiri sono riscontrabili in tradizioni di diverse popolazioni, ma quelle più emblematiche sono senz’altro le testimonianze greche, rumene e slave, laddove la tradizione slava ha una particolare concezione di queste figure. I vampiri slavi, oggi noti come “вампиры”, al tempo venivano invece “упир” (= vampiro) e un tempo erano state persone normali. Secondo la tradizione slava una persona non diventava vampiro nel momento in cui veniva morsa da uno di loro, bensì si trattava spesso e volentieri o di eretici (non credenti o praticanti stregoneria) oppure di coloro che nel corso della loro vita non erano riusciti ad avere dei bambini, e dunque a procreare.

Nelle civiltà russe antiche si dava infatti un ruolo molto importante a tutto ciò che era simbolo di fertilità, sia in ambito agricolo e dunque verso la prosperità dei campi e del bestiame, sia dal punto di vista familiare. Dunque coloro che non procreavano e lasciavano dunque il loro ruolo in sospeso si trasformavano in queste terribili figure che condannavano anche chi veniva morso allo stesso destino: infatti essi secondo questa linea di pensiero non soltanto succhiavano via il sangue, ma anche i fluidi corporei utili alla procreazione, come il ciclo mestruale nelle donne ad esempio.

Per quanto riguarda il loro aspetto, invece, esso era molto differente dal prototipo di vampiro moderno: erano infatti molto simili a cadaveri, rigonfi e putrescenti, con la pelle saponata e tendente al grigio; potevano però trasformarsi come i vampiri moderni, in pipistrelli, lupi o ratti, animali che potevano portare pestilenze e quindi danneggiare ulteriormente i vivi. Trasformarsi in topo poteva infatti innescare delle malattie che avrebbero poi coinvolto tutto il bestiame e tolto a un intero villaggio una risorsa preziosa.

L’unico modo per poterli annientare era trafiggere il loro cuore con un palo santo, ma anche gettargli l’acqua santa addosso poteva rivelarsi una tecnica efficace. I vampiri slavi erano dunque figure altamente negative e portatrici di sventure per i vivi, che dovevano difendersi ed annientarli. Gli strigoi romeni erano molto simili alla tradizione slava, mentre in Grecia credevano nell’esistenza delle Έμπουσα, le “empuse”, delle donne demoni in grado di mutare forma e che attaccavano allo stesso modo dei vampiri, nutrendosi per lo più del sangue dei bambini.

La concezione moderna

Ben lontana da questi standard è invece la visione vampiresca maturata nei secoli più recenti, soprattutto all’interno della cultura occidentale: basti pensare a Intervista col vampiro ad esempio, in cui i vampiri sono belli, eternamente giovani e vestiti di abiti di alta classe e sofisticati. Non appaiono mai orridi, putrescenti, si tratta sempre di belle figure dagli occhi vitrei o gialli, come Edward Cullen ad esempio.

Immagine di copertina da pixabay.com

A proposito di Giada Bonizio

Sono una studentessa dell'Università degli studi di Napoli "l'Orientale", amo leggere, la musica e l'arte.

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