Chi è Didone, la storia della regina di Cartagine

Chi è Didone: storia della regina di Cartagine dalle origini ai giorni nostri

Chi è Didone? Sicuramente l’immagine di lei che si è imposta maggiormente nell’immaginario collettivo è quella che viene offerta dall’Eneide di Virgilio, in cui è raccontata la storia della regina di Cartagine attraverso l’idea di una donna innamorata perdutamente del guerriero-viaggiatore Enea, a tal punto da porre fine alla propria vita davanti alla sua partenza. È proprio su tale suicidio per amore che si è come cristallizzata la figura di Didone, ma al cospetto delle riletture contemporanee dei classici e dei miti, anche quest’ultima è stata rielaborata secondo contesti culturali e capacità di pensiero inevitabilmente diversi rispetto al passato. Perciò, se provassimo a pensare a Didone in primis come la regina fondatrice di Cartagine e poi come donna che si è uccisa per amore? Se l’amore, in questa storia, fosse più un limite in realtà per capire a fondo Didone?

Queste sono le domande alle quali cercheremo di rispondere, partendo proprio dalle origini della storia della regina di Cartagine per provare, poi, a mettere in luce com’è stata recepita la sua immagine.

Chi è Didone: la fondatrice di cartagine secondo il mito

Didone: una donna forte e determinata nell’antica leggenda

La prima versione del mito proviene dal mondo orientale e nordafricano. Ci racconta di Didone che era una donna energica, determinata, fedele, alla quale non mancavano emozioni o sentimenti umani come l’amore e la paura, cosa che la porterà a fuggire dalla sua terra natale ed a diventare, dopo un viaggio avventuroso affrontato coraggiosamente, la fondatrice e poi la regina di Cartagine. In questa prima versione, Didone è chiamata con il nome di Elissa o Theiosso. Ella era la figlia del re di Tiro in Fenicia, alla morte del quale gli successe il figlio Pigmalione. Quest’ultimo, una volta salito al trono, uccise il marito della futura regina di Cartagine poiché era un sacerdote del dio Melkart molto ricco. Addolorata per la perdita del suo amato e spaventata da una tale azione da parte del fratello nonché dalla possibilità che la propria vita fosse in pericolo, Elissa raccolse i tesori del marito, riunì un gruppo di seguaci e fuggì via dalla sua patria. Si ritrovarono a dovere affrontare un viaggio lungo e tortuoso, ma alla fine con le loro navi approdarono sulle coste dell’Africa Settentrionale dove Theiosso riuscì a ottenere con l’astuzia una certa quantità di suolo per fondare una nuova città. Dunque, fu nominata Didone: la regina fondatrice di Cartagine. La città prosperava sempre di più e Didone diventava sempre più desiderata dai principi locali che si ostinava di rifiutare perché aveva giurato fedeltà al marito defunto. A un certo punto, Iarba di Mauritania la minacciò di muovere guerra alla città se la regina di Cartagine non avesse accettato la sua proposta di matrimonio. Didone, allora, agì ancora una volta con furbizia: fingendo di volere compiere un rito per porre fine al vincolo di un matrimonio ormai finito da tempo e così giungere a nuove nozze, si gettò tra le fiamme del rogo e, in realtà, si suicidò per rimanere per sempre fedele al marito.

Didone: l’amore e il suicidio della regina di Cartagine nell’Eneide di Virgilio

Destinata a diventare la fondatrice di una nuova città, coraggiosa, determinata, guerriera, furba e intelligente: tratti che compongono in parte la figura di Didone, rendendola pressoché simile anche all’Enea descritto da Virgilio. Ed è proprio nel poema di quest’ultimo che si ripresenta l’immagine di Didone, questa volta nelle vesti di una donna-regina innamorata fino alla follia suicida e, perciò, strettamente legata al destino dell’eroe dell’Eneide. Anche Enea, dopo la distruzione della città di Troia, fuggì iniziando un viaggio impervio lungo il quale avrebbe incontrato tante vicende da affrontare. E non a caso, una di queste fu che Giunone scagliò contro di lui una terribile tempesta portandolo a naufragare sulle coste di Cartagine. Didone accolse i forestieri e desiderò che le raccontassero le loro vicende vissute fino a quel momento. La regina voleva rimanere fedele alla memoria del marito, ma si stava arrendendo sempre di più all’amore per Enea, finché per intercessione degli dei non si concretizzò l’unione. Ma Giove, mosso dalla gelosia di Iarba che era stato rifiutato, giunse a ricordare all’eroe il motivo del suo viaggio, ovvero compiere il destino della creazione di Roma. Perciò, Enea si rimise in viaggio e abbandonò Didone la quale, in preda al dolore, pose fine alla sua vita.

Chi è Didone: rilettura femminista e contemporanea

In questa versione del mito nel poema, dunque, Didone non appare più nelle vesti di fondatrice coraggiosa e determinata, ma si rivela una donna in preda alle terribili conseguenze di un amore che non può – o non vuole? – scavalcare il volere più grande degli dei circa il destino di Enea. Come si diceva, dunque, una figura profondamente legata al mito della fondazione di Roma e che si è imposta così per lo più nella cultura occidentale a venire. Eppure, con le riletture contemporanee alla luce di esigenze femministe, si è voluto recuperare soprattutto la versione del mito originaria dando uno spazio più attuale all’idea di una donna intraprendente, determinata, e che anche davanti alla passione d’amore sceglie coraggiosamente di sacrificarsi per il proprio volere e non quello altrui. Insomma, recepita da un contesto culturale chiaramente diverso, Didone viene in un certo senso politicizzata – d’altra parte come succede anche ad altri miti, per esempio quello di Antigone e si impone come simbolo della rivendicazione dei diritti delle donne: il diritto di essere rilette non dietro all’ombra di uomini, il diritto di essere riconosciuta la loro capacità e libertà di scelta, il diritto di amare secondo le regole del proprio cuore.

Fonte immagine: Picryl

Cfr. fonte articolo: Didone fondatrice di Cartagine

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A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson è giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2023. Appassionata di cultura in tutte le sue declinazioni, unisce alla formazione umanistica una visione critica e sensibile della realtà artistica contemporanea. Dopo avere intrapreso gli studi in Letteratura Classica, avvia un percorso accademico presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II e consegue innanzitutto il titolo di laurea triennale in Lettere Moderne, con una tesi compilativa sull’Antigone in Letterature Comparate. Scelta simbolica di una disciplina con cui manifesta un’attenzione peculiare per l’arte, in particolare per il teatro, indagato nelle sue molteplici forme espressive. Prosegue gli studi con la laurea magistrale in Discipline della Musica e dello Spettacolo, discutendo una tesi di ricerca in Storia del Teatro dedicata a Salvatore De Muto, attore tra le ultime defunte testimonianze fondamentali della maschera di Pulcinella nel panorama teatrale partenopeo del Novecento. Durante questi anni di scrittura e di università, riscopre una passione viva per la ricerca e la critica, strumenti che considera non di giudizio definitivo ma di dialogo aperto. Collabora con il giornale online Eroica Fenice e con Quarta Parete, entrambi realtà che le servono da palestra e conoscenza. Inoltre, partecipa alla rivista Drammaturgia per l’Archivio Multimediale AMAtI dell’Università degli studi di Firenze, un progetto per il quale inserisce voci di testimonianze su attori storici e pubblica la propria tesi magistrale di ricerca. Carta e penna in mano, crede fortemente nel valore di questo tramite di smuovere confronti capaci di generare dubbi, stimolare riflessioni e innescare processi di consapevolezza. Un tipo di approccio che alimenta la sua scrittura e il suo sguardo sul mondo e che la orienta in una dimensione catartica di riconoscimento, di identità e di comprensione.

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