Leandro Erlich: Oltre la soglia

Leandro Erlich: Oltre la soglia

Dopo lo straordinario successo a Tokyo e Buenos Aires, giunge finalmente in Italia, precisamente al Palazzo Reale di Milano, l’incredibile e sensazionale mostra monografica di una delle maggiori e uniche personalità artistiche internazionali, Leandro Erlich, intitolata Oltre la soglia.

Per la prima volta riunite in un’unica sede, le opere dell’artista non sembrano conoscere eguali, in una mostra in cui nulla di ciò che lo spettatore osserva è come sembra.

Promossa dal Comune di Milano-Cultura, prodotta e organizzata da Palazzo Reale e Arthemisia, in collaborazione con lo Studio Erlich, la mostra site-specific, allestita dal 22 aprile al 4 ottobre 2023, prende ispirazione dall’esperienza tutta personale dell’osservatore. La fruizione, e più esattamente la percezione, costituirà la chiave di lettura, il ground zero da cui muove l’intera concezione artistica di Leandro Erlich, accompagnando il pubblico in un viaggio introspettivo, sensoriale, iperrealistico, sorprendente, divertente, caleidoscopico ed enigmatico, prima che puramente estetico, giungendo a sovvertire qualunque preconcetto percettivo e sensoriale.

Leandro Erlich e il viaggio iperrealistico attraverso la percezione umana

Per comprendere la bellezza e l’unicità delle opere di Erlich, occorre approfondire la sua concezione artistica, ossia il suo modo di concepire l’arte e il rapporto di essa con il pubblico. E proprio dal pubblico parte Erlich per costruire interazioni, punti di vista inediti e sconvolgimenti di quadri sociali e mentali già precostituiti e tramandati. In questo il pubblico diviene l’opera d’arte, insieme alla più vasta opera d’arte.

Leandro Erlich, nato a Buenos Aires nel 1973, conduce lo spettatore in una dimensione altra, in cui il possibile diviene impossibile, e il conosciuto viene sviscerato e sovvertito, per offrire nuovi e inediti punti di vista su ciò che è la realtà. La sua ricerca profonda e creativa parte proprio dall’indagine delle basi percettive della realtà, esplorando la capacità dell’osservatore di cogliere queste stesse basi attraverso la propria personale percezione. Ne deriva così un’interazione tra ciò che si crede di vedere e ciò che realmente si vede:

«Per me la realtà e la percezione sono inseparabili. Trovo interessante che gran parte di ciò che chiamiamo realtà sia di fatto un costrutto sociale. La costruzione umana è diventata così forte da dominare il mondo naturale»

(Leandro Erlich)

La percezione è dunque il fulcro dell’arte di Erlich:

«Mi impegno a creare un corpo di opere – soprattutto nella sfera pubblica – che si apra all’immaginazione, sovverta la normalità, ripensi la rappresentazione e proponga azioni che costruiscano e decostruiscano situazioni per sconvolgere la realtà»

(Leandro Erlich)

Il geniale artista argentino mira dunque a decostruire la realtà apparentemente conosciuta, per ricostruirla dinanzi sguardi attenti, critici e sensibili, svelando non tanto una realtà ingannevole, quanto piuttosto la realtà che ciascuno col proprio sentire e la propria percezione è in grado di carpire e custodire, nei propri ricordi, nella propria fantasia, nella propria soggettività.

Nell’osservare un’opera di Leandro Erlich, il pubblico avvertirà inizialmente un senso di familiarità rispetto a ciò che è quotidiano e appunto noto. Ma sarà subito pervaso dall’incertezza, dallo sconcerto, dal dubbio, un po’ come Alice che sogna il suo “mondo ideal”, in cui ogni cosa è come non dovrebbe essere e viceversa.

Osservando con attenzione l’opera, lo spettatore comincia a dubitare di ciò che percepisce, perché ciò che vede offre punti di vista altri e diversi rispetto a quello consueto, anche il più consolidato. Qui risiede l’obiettivo di Erlich, suscitare nel pubblico dubbi ed emozioni sconvolgenti, perché è proprio la partecipazione di quel pubblico a rendere reale e completa l’opera. Per suscitare nello spettatore emozioni e pensieri inediti, scuotendone letteralmente occhi e anima, insieme alle nozioni di senso comune, Leandro Erlich utilizza illusioni ottiche ed effetti sonori, così che il conosciuto diventi sorprendente, e persino inquietante, deviando dal “così è”.

Le sue opere svelano gli inganni visivi a cui la mente è socialmente e meccanicamente soggetta, svelando così nuove possibilità, curiosità, meraviglia e sani interrogativi. Erlich vuole a tutti i costi urlare al pubblico con la grazia, la bellezza e il genio imperscrutabile dell’arte che il mondo così conosciuto non è l’unica realtà possibile. E questo vuol dire mettere in discussione dogmi, dettami e persino le più incrollabili certezze personali: Leandro Erlich scandaglia la mente dell’osservatore, imponendosi di irrompere nel soggettivissimo campo della riflessione e del pensiero critico. Ecco perché il pubblico diviene la chiave, il fondamento stesso delle opere di Erlich.

La sua ricerca artistica si fonda dunque sul dualismo realtà-percezione, sul disorientamento percettivo e sulla constatazione sempre più vera che nulla nella realtà è netto e definito, in quanto sono le caleidoscopiche sfumature a disegnarla:

«È strano che spesso cerchiamo di capire certe cose attraverso i loro opposti. Per capire il giorno, ci affidiamo alla notte. Per apprezzare i colori, immaginiamo un vuoto incolore. Ho scelto le nostre abitudini percettive più radicate come mezzo per riflettere sulla nostra esistenza e sul suo significato, non confrontando il concetto di vita con quello di morte, ma piuttosto avviando un cambiamento simbolico e fisico nei nostri schemi abituali di percezione»

(Leandro Erlich)

Illusione e verità si fondono, i confini diventano incerti, il disorientamento è la verità più tangibile. Per Erlich il pubblico, a contatto con l’opera, deve poter abbandonare gli schemi e le nozioni empiriche acquisite, sperimentando una nuova visione di quella realtà, più soggettiva, più emozionale e meno filtrata ed imposta. Proprio scuotendo i preconcetti, allo spettatore viene offerta la possibilità unica di scavare dentro il proprio infinito universo, attingendo a ricordi, alle esperienze quotidiane, agli sguardi familiari e a quelli indifferenti di persone che sfilano in anonimato accanto alla propria esistenza, senza arricchirla né svuotarla, in un ascensore o in metropolitana. Il tutto per essere in grado di osservare e costruire campi percettivi in maniera entusiasticamente e genuinamente soggettiva e creativa, passando proprio dallo spaesamento e dalla scossa.

Ogni struttura, ogni costruzione, ogni opera innesca nuovi pensieri, nuove idee, che, a loro volta, creeranno nuove realtà, nuovi approcci alla comprensione del mondo fisico, sociale, mentale e sensibile.

L’opera di Leandro Erlich diventa così un dialogo tra il pubblico e il proprio punto di vista critico e sorprendente.

Oltre la soglia: le opere

Le 18 opere installate nelle sale del Palazzo Reale di Milano sono realizzate da Erlich attingendo ad elementi strutturali ed architettonici familiari e quotidiani: porte, ascensori, finestre, giardini, facciate di palazzi, treni ed aerei. Ma attraverso gli espedienti di specchi che non riflettono, luci e l’uso di trompe-l’oeil, Erlich restituisce quegli elementi al pubblico come visione nuova, insolita e distorta. Le consuete percezioni vengono sovvertite, rendendo la realtà surreale. Cornicioni di palazzi su cui arrampicarsi, ascensori che in realtà non conducono da nessuna parte, dalle scale avvolgentisi fino a rendere gli spazi multidimensionali, a saloni di bellezza con specchi che non riflettono la propria immagine, sono tutti elementi ordinari collocati in un contesto straordinario, dove ogni cosa è diversa da ciò che appare, e la concezione di spazio vacilla, fino a far perdere al pubblico ogni precedente e nota percezione.

Analizziamo nel dettaglio ognuno dei capolavori straordinari della mostra di Leandro Erlich a Milano.

Il percorso espositivo inizia con la videoscultura Elevator Pitch (2011), che pone dinanzi agli occhi dell’osservatore lo sguardo indifferente di persone agglomerate in un ascensore, vite parallele destinate forse a non incrociarsi. Le porte di quest’ascensore, che, pur sprofondando apparentemente sotto il pavimento, non conduce da nessuna parte, si aprono accompagnate dal ripetitivo rintocco, simboleggiando allegoricamente la circolarità della vita e l’approssimazione dei rapporti reciproci con chi si incontra o sfiora.

Prossima tappa, Window Captive Reflection (2013). Una videoscultura altamente suggestiva, che infonde tra l’altro un senso di quiete e tranquillità: si tratta di una finestra che riflette sul vetro la doppia immagine di un esterno e interno casa. In pratica, l’osservatore, guardando attraverso la finestra percepirà, da un lato, l’idea del movimento attraverso le foglie mosse dal vento, dall’altro, l’idea della staticità sovrapposta al movimento, scrutando l’interno di ciò che sembra una stanza da letto. Il risultato è davvero sorprendente.

Si giunge a The Cloud (2012), una magica trasposizione del mondo naturale in uno spazio artificiale: diverse lastre di vetro, sovrapposte verticalmente, riproducono una nuvola multidimensionale, annullando il rapporto dialettico tra terra e cielo.

Un’ulteriore sorprendente installazione è Rain (1999), ossia un’affascinante inversione tra esterno e interno dal punto di vista meteorologico: la certezza che può piovere solo “fuori” collassa. Una scena che infonde all’osservatore un senso d’estasi e malinconia insieme, contemplando, ma soprattutto ascoltando il suono della pioggia, che, da un lato, avvolge l’anima come una coperta, e dall’altro, la inchioda ad una sensazione di smania e frenesia.

Inedita e iperrealistica è poi Port de Reflection (2014), che in maniera ancor più decisa mostra qualcosa che non esiste, mettendo ancora una volta in discussione la realtà osservata. Qui Erlich crea l’illusione del riflesso in acque inesistenti: barche in vetroresina che sembrano letteralmente fluttuare e dondolare grazie in realtà ad un meccanismo progettato per simulare il ritmo delle onde e il riflesso di oggetti solidi su un ripiano che non è affatto liquido.

Simile ad Elevator Pitch in quanto ad effetto è Subway (2009), una delle prime videosculture di Erlich, che riproduce in loop un più che consueto tragitto in metropolitana. Tale installazione invoca il ritmo ipnotico del viaggio all’interno di un’illusione spaziale. Ricorre qui la temporalità ciclica e ripetitiva, in cui lo sguardo del pubblico percepisce il completo disinteresse di quello degli pseudo viaggiatori presi dai loro pensieri.

Con El Avión (2011) e Night Fly (2015) vengono riprodotte le visuali della superficie terrestre vista dagli oblò di un aereo immaginario, di giorno e di notte, proiettando lo spettatore nella dimensione del ricordo di un viaggio o del desiderio di volerlo effettuare.

Con The View (1997-2005), Erlich impone edonisticamente allo spettatore la presenza massiccia di situazioni, vite e persone comunemente celate da un’insipida normalità. Ci sono due semplici finestre con veneziane semiaperte. L’occhio curioso dell’osservatore ci si accosta, cominciando a scrutare vite che scorrono negli appartamenti del palazzo di fronte: c’è chi si veste, chi cucina, chi si lava, chi mangia o guarda la TV. E, come aprire vasi di pandora, l’osservatore è letteralmente travolto da un voyeurismo tale da innescare l’esperienza del piacere proibito nell’osservare ciò che fanno i vicini, senza il timore di essere visto.

In Global Express (2011), un unico reel di scene urbane di New York, Tokyo e Parigi fa sì che le città viste dal finestrino di un treno si fondano l’una con l’altra ininterrottamente. Un loop senza intermittenze.

Si giunge poi al Lost Garden (2013), dove lo spettatore è irretito in un gioco di percezione, attraverso l’immagine contemplativa di un giardino immaginario, in cui, dal lato opposto e laterale, si riflette la propria, grazie a un sapiente effetto di riflessi e vetro.

Con Blind Window (2016) irrompe il senso di chiusura sul mondo esterno: si tratta di una finestra murata, che impedisce pertanto la vista sull’esterno. Ancora un oggetto comune, dunque, ma privato del suo principale uso, sovvertendo l’ordinaria funzionalità per sfidare i limiti dell’immaginazione.

Procedendo nelle sale del percorso espositivo ci si imbatte in altre entusiasmanti e stravaganti installazioni, dal labirinto di falsi specchi (che stordiscono l’osservatore catapultandolo nel caos e nel totale disorientamento) alle scale avvolgentisi su se stesse e sviluppate prospetticamente in orizzontale, così da sovvertire il rapporto spazio-orientamento, simulando bizzarre scene in cui il pubblico sembra scalare letteralmente e fisicamente quelle scale, in procinto d’essere risucchiato da un vortice architettonico.

Con Traffic Jam (2018), un adattamento dell’originale Order of Importance, Leandro Erlich affronta il grave problema della crisi del cambiamento climatico, sensibilizzando l’opinione pubblica attraverso la simulazione di un ingorgo di traffico stradale, in cui auto e camion sono sepolti nella sabbia, dando la realistica impressione d’essere sommersi, con riferimento palese all’innalzamento del livello del mare, causato dal riscaldamento globale. Metafora questa della nostra precaria posizione nel grande equilibrio universale.

Il percorso espositivo prosegue verso la stanza dedicata al salone di bellezza, apparentemente qualcosa di consueto e familiare. In realtà sedendosi dinanzi a quello che ad una prima occhiata sembra essere a tutti gli effetti uno specchio, si scoprirà che è uno specchio che non riflette la propria immagine, restituendo addirittura altri volti, quelli che si trovano innanzi. Un espediente percettivo-realistico più che sorprendente, perché, aprendo cuore e mente all’immaginazione, ci si può proiettare nel volto della persona che amiamo o di nostra sorella, così che l’immagine dinanzi la nostra costituirà il nostro riflesso generazionale.

Il culmine del sorprendente, del divertente e del bizzarro giunge nell’ultima sezione della mostra di Leandro Erlich. Si tratta del Cortile, dove è allestita la monumentale e meravigliosa Bâtiment (2004): si tratta della riproduzione della facciata di un edificio appoggiata orizzontalmente a terra. Balconi, nicchie, cornicioni, finestre e persiane costituiranno gli strumenti per scatti fotografici pazzerelli e mozzafiato. In che modo? Il pubblico si “appenderà” virtualmente alle decorazioni della facciata riprodotta, mentre un enorme specchio inclinato a 45° rifletterà l’immagine a terra su un piano verticale. Così si genererà l’illusione dell’assenza di gravità, o quanto meno dell’intraprendenza e capacità dei visitatori di arrampicarsi senza paure né freni gravitazionali, come pseudo spidermen, divertendosi ad inscenare le proprie doti nascoste.

Si giunge purtroppo al termine dell’entusiasmante e caleidoscopica mostra di Leandro Erlich, anche se si desidererebbe non uscire mai da quella sorta di “wonderland”. Ma, come anticipato, la mostra resterà allestita fino al prossimo 4 ottobre 2023, così che, decidendo di visitare la città di Milano, si potrà approfittare per tuffarsi nel magico, enigmatico, sorprendente ed entusiasmante universo artistico di Leandro Erlich, pronti ad abbandonare convinzioni e nozioni acquisite, per aprirsi a nuove, eccitanti e paradossali prospettive di quella che chiamiamo realtà.

Indirizzo, date, orari e costi della mostra di Leandro Erlich:

  • Palazzo Reale, Piazza del Duomo, 12 Milano
  • Dal 22 aprile al 4 ottobre 2023
  • Orari di apertura:

Lunedì: chiuso

Martedì, Mercoledì, Venerdì, Sabato e Domenica: 10:00 – 19:30

Giovedì: 10:00 – 22:30

  • Prezzi biglietti:

Intero: € 17.00

Ridotti: da € 8.00 a € 15.00

L’accesso alla mostra è contingentato e la prenotazione è fortemente consigliata con il preacquisto online.

Immagine in evidenza: archivio personale

 

A proposito di Emilia Cirillo

Mi chiamo Emilia Cirillo. Ventisettenne napoletana, ma attualmente domiciliata a Mantova per esigenze lavorative. Dal marzo 2015 sono infatti impegnata (con contratti a tempo determinato) come Assistente Amministrativa, in base alle convocazioni effettuate dalle scuole della provincia. Il mio percorso di studi ha un’impronta decisamente umanistica. Diplomata nell’a.s. 2008/2009 presso il Liceo Socio-Psico-Pedagogico “Pitagora” di Torre Annunziata (NA). Ho conseguito poi la Laurea Triennale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” nel luglio 2014. In età adolescenziale, nel corso della formazione liceale, ha cominciato a farsi strada in me un crescente interesse per la scrittura, che in quel periodo ha trovato espressione in una brevissima collaborazione al quotidiano “Il Sottosopra” e nella partecipazione alla stesura di articoli per il Giornalino d’Istituto. Ma la prima concreta possibilità di dar voce alle mie idee, opinioni ed emozioni mi è stata offerta due anni fa (novembre 2015) da un periodico dell’Oltrepo mantovano “Album”. Questa collaborazione continua tutt’oggi con articoli pubblicati mensilmente nella sezione “Rubriche”. Gli argomenti da me trattati sono vari e dettati da una calda propensione per la cultura e l’arte soprattutto – espressa nelle sue più soavi e magiche forme della Musica, Danza e Cinema -, e da un’intima introspezione nel trattare determinate tematiche. La seconda (non per importanza) passione è la Danza, studiata e praticata assiduamente per quindici anni, negli stili di danza classica, moderna e contemporanea. Da qui deriva l’amore per la Musica, che, ovunque mi trovi ad ascoltarla (per caso o non), non lascia tregua al cuore e al corpo. Adoro, dunque, l’Opera e il Balletto: quando possibile, colgo l’occasione di seguire qualche famoso Repertorio presso il Teatro San Carlo di Napoli. Ho un’indole fortemente romantica e creativa. Mi ritengo testarda, ma determinata, soprattutto se si tratta di lottare per realizzare i miei sogni e, in generale, ciò in cui credo. Tra i miei vivi interessi si inserisce la possibilità di viaggiare, per conoscere culture e tradizioni sempre nuove e godere dell’estasiante spettacolo dei paesaggi osservati. Dopo la Laurea ho anche frequentato a Napoli un corso finanziato da FormaTemp come “Addetto all’organizzazione di Eventi”. In definitiva, tutto ciò che appartiene all’universo dell’arte e della cultura e alla sfera della creatività e del romanticismo, aggiunge un tassello al mio percorso di crescita e dona gioia e soddisfazione pura alla mia anima. Contentissima di essere stata accolta per collaborare alla Redazione “Eroica Fenice”, spero di poter e saper esserne all’altezza. Spero ancora che un giorno questa passione per la scrittura possa trovare concretezza in ambito propriamente professionale. Intanto Grazie per la possibilità offertami.

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