Buongiorno ragazzi, il libro di Valentino Ronchi

Valentino Ronchi

Esce oggi per la Fazi Editore il nuovo libro di Valentino Ronchi, “Buongiorno ragazzi”. Tutti gli scrittori, o i poeti, come in questo caso, iniziano spesso a scrivere spinti dalla volontà di “sfogar l’interna doglia” attraverso le parole. La morte inaspettata del professore di greco, che ha indubbiamente influenzato il percorso dell’autore, è la scintilla che spinge il Ronchi a intraprendere un viaggio introspettivo e l’autore, come i grandi poeti che studiava al liceo, lo rende noto nel “proemio”, la sede topica della comunicazione delle intenzioni dell’autore. 

La notizia dà “il La” ad un viaggio a ritroso tra i ricordi che legano i giovani adulti, compagni di classe, che si ritrovano insieme dopo aver appena imboccato ognuno la propria strada, “con i figli nei telefonini e nei portafogli”. L‘evento porta però involontariamente a riguardare i propri compagni come una volta, “con il Rocci sotto al braccio, che nello zaino proprio non ci entra”. E così, come nella mente si accavallano pensieri suscitati da stimoli diversi, esattamente allo stesso modo si distribuiscono le parole sulla pagina del Ronchi.

La poesia sembra quasi una prosa spezzata, che deve andare a capo e che talvolta deve interrompersi, per continuare alla pagina seguente, o dopo un po’, come a seguire il flusso incostante del pensiero; le emozioni del passato comportano un salto indietro e si alternano al presente, in un continuo tira e molla; sembrano venir fuori e concretizzarsi nei versi come un’esigenza impellente che ha bisogno di essere espressa esattamente come la si prova. I dettagli di un passato neanche troppo lontano, che sembra anzi a portata di mano, sono vividi e si presentano al lettore esattamente come nella mente e nell’animo del poeta. Come spesso accade, è la morte l’unica in grado di spezzare la quotidianità e capace di avvicinare persone altrimenti inevitabilmente distanti.

Buongiorno ragazzi, lo stile di Valentino Ronchi

Il linguaggio dell’autore non è distante da quello quotidiano, anzi talvolta si riduce all’ essenziale, come quello di un dialogo interno e personale con se stessi, ridotto all’osso e per niente poetico; la rima è bandita, e qualora ci sia, è scusata dall’autore, come a ribadire la sua inadeguatezza.

Nella poesia di Valentino Ronchi il passato sembra subire una rilettura a posteriori, come se alcuni momenti fossero premonizioni di ciò che avverrà nel presente, come nel caso del corteo degli studenti che sembra prefigurare quello in cui si ritroveranno insieme molti anni dopo, in nome del professore venuto a mancare.  Il verso diviene prosa libera, che include vecchi discorsi diretti che divengono parte integrante della prosa-verso. E il passato diviene presente nella figlia di un vecchio amore che porta il nome che avrebbero dato alla loro, di figlia. L’incontro tra i vecchi compagni è una continua evocazione di un passato comune, che si fonde con il presente, come fosse accaduto solo un momento fa. E tutto viene letto “alla Omero”, come il professore aveva tentato allora di insegnare, come forse solo oggi, da adulti, riescono a comprendere.

E Laura, uno dei personaggi femminili che emerge, sembra essere l’esatto opposto dell’io maschile, con la sua coinvolgente allegria e la sua leggerezza, rimarcata forse in contraltare dal rimuginare dell’autore che si fa poesia. Una voce femminile, l’Antonella del titolo, diviene l’io narrante e ci parla di un uomo, forse il narratore, come di uno scrittore maledetto, affascinante e seduttore, sempre circondato da donne. E così il passaggio dal momento presente al ricordo del passato è un continuo fluire che rende forse visibili gli altrimenti ignoti pensieri del narratore. Il viaggio mentale si fa concreto tra le città visitate e vissute dall’io del poeta, per poi planare su di un finale, quella di un’epoca che si chiude con la morte del professore, eco di quella conclusa con la gita dell’ultimo anno di liceo, con le domande strozzate sul futuro, su chi sarà cosa.

Numerose sono le persone che viaggiano nei versi del Ronchi, tanti i nomi che vi restano impigliati: dalla madre casalinga, forse l’unica a conoscere il greco e il latino, al mentore dell’università francese. E l’alternarsi delle stagioni segna quasi l’alternarsi dei paesaggi e dei trasferimenti, oltre che delle scelte di vita. Un intellettuale che sceglie poi di vendere libri e che sogna la matematica che un giorno il figlio gli insegnerà. Le donne che fanno capolino nelle pagine sono sempre belle e desiderabili, per quanto alla fine è Chiara a fare da presenza femminile fissa. 

E nell’ultima sezione di “Buongiorno ragazzi” (Valentino Ronchi) tornano i personaggi iniziali, con le loro vite attuali, e quella che intraprenderà l’io narrante, forse verso una nuova meta, e il professore, che contento di vederli tutti riuniti ancora una volta, potrà finalmente spiegare come si deve Omero e l’Odissea, verso per verso, tanto ora non ci sono limiti d’orario.

Una poesia che scorre come un pensiero che nel suo farsi si cristallizza, e che subito dopo è pronta a volare via. Che serve infine a trattenere, a fare della parola lo scrigno segreto e l’unico mezzo capace di liberare, senza lasciar andare.

Fonte immagine: https://fazieditore.it/catalogo-libri/buongiorno-ragazzi/

A proposito di Carmen Alfano

Studio Filologia Moderna all'università degli studi di Napoli "Federico II". Scrivo per immergermi totalmente nella realtà, e leggo per vederci chiaro.

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