Romanzi italiani da leggere: i 10 più celebri

Dieci romanzi italiani da leggere: quali sono i più celebri

Scegliere dieci romanzi italiani da leggere è difficilissimo, soprattutto per chi è appassionato di lettura; sono tantissime le opere che rappresentano l’essenza della letteratura nostrana. Si tratta di grandi classici del panorama letterario che, nonostante siano stati scritti in epoche ormai remote, non smettono mai di sorprendere.
Romanzi letti non solo tra i banchi di scuola, proposti a studenti e ragazzi anche come letture estive, ma riletti con piacere da coloro che magari già li conoscono.

1. La Divina Commedia

Tra i dieci romanzi italiani da leggere, il più celebre è sicuramente la Divina Commedia, scritta dal Sommo Poeta Dante Alighieri. Si tratta di una delle più importanti opere della letteratura mondiale.
L’opera inizialmente si chiamava semplicemente “Comedia“, poichè il termine “Commedia” si riferiva ad un genere letterario che prevedeva un lieto fine.
L’attribuzione del titolo definitivo, appunto, Divina Commedia, si deve a Giovanni Boccaccio, e apparve per la prima volta in un’edizione scritta risalente al 1554.

Dante Alighieri si ritrova metaforicamente nell’aldilà. Egli si perse in un bosco buio, in un periodo che secondo gli storici è perfettamente databile, poiché Dante Alighieri dissemina tutta una serie di indizi che consentono di capire con precisione in quali giorni egli si trovava laggiù.

In realtà, per quanto riguarda la data di composizione dell’opera, si avanzano diverse ipotesi:

La Divina Commedia è un poema in versi, tra i dieci romanzi italiani da leggere più famosi di sempre. Il viaggio allegorico di Dante Alighieri ha inizio nell’anno del Giubileo indetto da Papa Bonifacio VIII, quindi nel 1300. All’interno dell’opera, il Sommo Poeta attraversa metaforicamente Inferno, Purgatorio e Paradiso, accompagnato da Virgilio, Beatrice e San Bernardo.
Scritta in endecasillabi a rima incatenata, l’opera è composta da cento canti; in realtà si tratta di trentatré canti per ogni cantica, Inferno, Purgatorio e Paradiso, ai quali si aggiunge un canto introduttivo nell’Inferno, una sorta di introduzione dell’opera stessa.

Il romanzo italiano, oltre ad essere uno dei più famosi e studiati della letteratura italiana e non solo, mostra Dante in tre vesti differenti.
Il lettore, durante la lettura, potrà confrontarsi con l’immagine di Dante, personaggio, che vive in prima persona il viaggio ultraterreno che lo porterà alla salvezza. Al contempo viene fuori la figura di Dante, autore, che commenta l’opera e le vicende vissute. E in ultimo, ma non per importanza, viene fuori il ruolo del Sommo Poeta, che ha il compito di riferire ai contemporanei tutto ciò che vede, grazie ad un privilegio concesso da Dio, prima di lui, solo a Enea e San Paolo.

Importantissimo è il significato allegorico dell’opera: essa può essere letta come il percorso che gli uomini devono compiere per salvare la propria anima, seguendo una tortuosa strada che dal peccato li conduce al bene eterno e quindi alla salvezza.
Una particolarità che il Sommo Poeta ha voluto conferire al suo romanzo è che tutte e tre le cantiche terminino con la parolastelle.
La Bibbia attesta esplicitamente l’esistenza di Inferno e Paradiso, mentre quella del Purgatorio è solo sottintesa.
Ricordiamo che il viaggio nell’Inferno dura quindi un giorno e mezzo, quello in Purgatorio circa quattro giorni e mezzo, mentre quello in Paradiso dura soltanto un giorno. Dante Alighieri, quindi, visita i tre regni dell’oltretomba in sette giorni.

Il protagonista compie il viaggio dopo essere smarrito in una selva oscura. Avvilito, pensa di far ritorno nella selva, quando gli appare l’ombra di Virgilio, l’autore dell’Eneide e suo poeta preferito. Questi gli dice che, se vuole salvarsi, deve seguirlo nel viaggio per i regni dell’Oltretomba; in questo modo, Dante Alighieri scopre la propria missione, svelata nella terza cantica, a tre quarti di viaggio, quando incontra il trisavolo Cacciaguida. Nel corso del viaggio, il poeta incontra personaggi del mondo antico (ebraico, greco, latino) e personaggi del suo tempo. Tra questi ultimi prevalgono i personaggi fiorentini.
La Divina Commedia è un viaggio costellato di incontri dove il Sommo Poeta racconta storie, emozioni, fede e politica.

2. Il nome della rosa

Tra i dieci romanzi italiani da leggere, sicuramente non si può non citare un altro grande classico: Il nome della rosa. Si tratta di uno dei romanzi italiani più famosi degli ultimi tempi. Scritto da Umberto Eco, fu pubblicato nel 1980 e probabilmente non tutti sanno che all’interno dell’opera esistono dei rimandi al Sommo Poeta.

Innanzitutto l’assassino, Jorge da Burgos, usa espressioni che si collegano alla figura di San Bernardo; egli è colui che guida il Sommo Poeta in Paradiso per giungere alla Candida Rosa dei Beati. Inoltre, il nome dell’assassino richiama lo scrittore argentino Jorge Luis Borges. Grande appassionato di Dante, tanto che le sue opere sono state definite “intrise di immanentismo dantesco“, nei suoi saggi ha fatto molti riferimenti simbolici alla rosa.

Si tratta di un libro arguto, dal quale sarà impossibile staccarsi. Il romanzo è ambientato nel 1327 in un monastero benedettino dell’Italia settentrionale; è narrato in prima persona dal protagonista: Adso da Melk, un uomo anziano che racconta le vicende accadute all’interno del monastero, e le indagini condotte dal suo maestro, Guglielmo da Baskerville. L’intera vicenda si sviluppa in sette giorni che Adso, nelle sue memorie, suddivide secondo la scansione del giorno della regola benedettina (mattutino e laudi, ora terza, ora sesta, ora nona, vespri, compieta).
Si tratta di una “storia dietro la storia”, che non tutti conoscono, ma di forte valenza, all’interno della quale Umberto Eco, autore e semiologo di successo, indaga a priori le vicende di cui scrive, raccontandole come delle “detective stories“.
Nel 1978, un’amica dell’autore si dedicò alla ricerca di figure intellettuali che potessero occuparsi di temi culturali di natura storica, filosofica e politica, per creare dei racconti gialli particolari. La donna chiese ad Eco di prender parte della propria “squadra”, ma egli inizialmente rifiutò. L’aspetto peculiare della vicenda riguarda proprio la genesi de Il nome della rosa; da quel momento, infatti, Umberto Eco cominciò a mettere insieme i primi tasselli che formeranno poi l’opera vera e propria.

Si tratta di un romanzo da molti considerato “complicato”, che in realtà si configura come fortemente attuale, nonostante sia ambientato nel XIV secolo e sia costellato di locuzioni in latino che in qualche modo potrebbero scoraggiare i lettori.
I protagonisti spesso discutono su quanto sia importante conoscere il mondo che ci circonda, discorrendo tra le altre cose di filosofia, scienza e storia; tuttavia, si dibatte soprattutto sulla funzione della cultura. La storia è apparentemente un giallo che i protagonisti provano a risolvere applicando una serie di elementi e deduzioni. Il nome della rosa è un romanzo storico, che si avvicina molto al modello de I Promessi Sposi di Manzoni, in cui vicende e personaggi inventati sono calati in una determinata epoca storico e contesto sociale. In questo caso, Eco ricostruisce l’Italia medievale delle controversie religiose e degli scontri tra Papato e Impero, in cui uomini di fede ma anche di scienza provano a superare ogni apparenza, mettendo però in luce vizi e contraddizioni di un’epoca che è cronologicamente lontana, ma metaforicamente ed allusivamente molto vicina a quella attuale.

Lo stampo de Il nome della rosa è molto originale, caratterizzato anche da ironia, note storiche ed elementi ingarbugliati da lotte religiose.
Ricordiamo che il romanzo non si limita a raccontare una vicenda, ma spiega la storia della Chiesa medioevale, quella di tutta l’Europa e dell’Italia in particolare, grazie ad una serie di digressioni che a prima vista posso sembrare inadeguate, ma che non si può fare a meno di leggere con interesse e curiosità.

Secondo Umberto Eco, considerato uno degli autori più famosi degli ultimi tempi e non solo in Italia: «Quando un lettore legge un testo deve stringere con l’autore un “patto finzionale”, ossia accettare ciò che gli si presenta quotidianamente, sospendendo la propria incredulità».

3. I Promessi Sposi

A tal proposito, l’opera scritta da Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, che tutti conoscono e dall’immenso valore e spessore culturale, è tra i dieci romanzi italiani da leggere. Nell’aprile del 1821 Manzoni inizia la stesura del romanzo, che terminerà nel 1823, al quale l’autore e poeta dà il titolo provvisorio di Fermo e Lucia. Tuttavia, il libro non soddisfa pienamente lo scrittore, che lo riscrive, eliminando alcuni episodi storici e qualche vicenda precedentemente descritta. Nasce così la Ventisettana, pubblicata nel 1827, frutto della rivisitazione operata da Manzoni. Anche questa versione non convinse l’autore italiano.

L’opera definitiva fu pubblicata nel 1840 e fu la seconda edizione del romanzo: la Quarantana (edizione a fascicoli). Nell’introduzione de I Promessi Sposi, Alessandro Manzoni immagina di aver scoperto un vecchio manoscritto anonimo del Seicento che racconta la storia di due giovani il cui matrimonio è impedito dalla prepotenza di un signorotto del paese. La decisione di ambientare la propria opera nella Lombardia del 1600, quindi durante la dominazione spagnola, fu una scelta audace per lo scrittore italiano, il cui obiettivo era quello di sottolineare un aspetto importantissimo, relativo al malgoverno, trattato secondo uno stampo prettamente illuministico.

Educato ai valori illuministi, Manzoni è molto sensibile al tema della giustizia: egli ritiene che l’aspirazione ad una maggior equità sociale sia legittima, ma è anche convinto che la rivolta violenta non sia mai giustificabile.

Ricordiamo infatti che Manzoni ebbe una formazione di tipo illuministico, e in relazione a ciò, i temi delle sue opere, così come per I Promessi Sposi, sono costantemente fusi tra loro, perfettamente amalgamati e riconoscibili da chi legge.

Tra questi, i più ricorrenti sono:

  • Il tema religioso;
  • La fede in Dio e la presenza del male nella storia;
  • Il tema storico;
  • Il problema della lingua.

Ne I Promessi Sposi, romanzo storico nel quale l’autore è onnisciente, assumono una funzione di notevole spessore i personaggi, che si possono suddividere in:

  • Vittime: Renzo e Lucia,
  • Protettori: Padre Cristoforo e Cardinale Federigo Borromeo
  • Mezzi degli oppressori: don Abbondio e Gertrude
  • Oppressori: don Rodrigo e l’Innominato.

L’opera è la più rappresentativa del romanticismo italiano; si compone di ventotto capitoli nei quali, per la prima volta nella storia, i protagonisti sono umili. Basti pensare a Renzo e Lucia, travolti da una serie di vicende dettate dai cosiddetti potenti. La vicenda dei due popolani è inventata, così come quelle relative agli altri personaggi. Si tratta di un classico della letteratura italiana che offre importantissimi punti di riflessione. Alessandro Manzoni, tra le righe del suo romanzo, punta il dito contro il male di cui la storia è pregna e sottolinea quanto la sofferenza dei puri sia da sempre stata ingiusta e inutile.

4. Il Fu Mattia Pascal

Un altro tra i dieci romanzi italiani da leggere è Il Fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello; si tratta di un’opera pubblicata a puntate, tra l’aprile e il giugno del 1904, sulla Nuova Antologia.
La celebre opera pirandelliana fu scritta a seguito della crisi familiare che coinvolse la famiglia di Pirandello, in particolar modo la moglie del poeta ed autore, che fu colpita da una malattia mentale.
Il romanzo è composto da diciotto capitoli ed ottenne un immediato successo, non solo in Italia. Mattia Pascal, protagonista e narratore onnisciente del romanzo, è originario del paese di Miragno, in Liguria. Si tratta di un luogo inventato dove il giovane ha trascorso la propria giovinezza in modo spensierato ed allegro. Mattia viene presentato da Luigi Pirandello come un emarginato dalla vita, alla costante ricerca di una salda identità. Intrappolato in una sorta di inettitudine, il protagonista prova a scappare dal paese, ovviamente inutilmente.

Il protagonista assume dunque una doppia connotazione: inizialmente si può paragonare ad un nido, inteso come luogo che dà protezione e rifugio; successivamente, col matrimonio, assumerà le sembianze di una trappola. Il tema della trappola è emblematico nella poetica pirandelliana e riguarda diverse circostanze.

Pascal cercherà di sfuggire a questa trappola ma, dismettendo la sua maschera alla ricerca della propria identità, rimane privo di ogni connotazione. Tutto ciò rappresenta un tema tipico dell’uomo decadente del primo Novecento.
Così come accade con Italo Svevo, anche Mattia Pascal non riesce ad adattarsi alle condizioni in cui vive, cerca una strada per evadere, ma dovrà poi rendersi conto che l’unica soluzione è quella di adeguarsi.
Il personaggio cardine dell’opera pirandelliana vive una “non-vita”, rassegnandosi ad una situazione di paralisi.

5. La coscienza di Zeno

Ricordiamo che la figura dell’inetto, consapevole della propria condizione ma incapace di uscirne e di reagire, rappresenta una delle figure cardine della letteratura italiana del Novecento; non solo Pirandello, ma anche Italo Svevo, trattò il tema in uno dei suoi romanzi più famosi, La coscienza di Zeno.

L’opera fu pubblicata nel 1923 a Bologna e si basa sulle confessioni in prima persona della vita del protagonista, Zeno Cosini. Dopo la prefazione ed il preambolo, il romanzo è suddiviso in sei capitoli di varia lunghezza.

All’interno dell’opera viene fuori la figura di un personaggio in perenne conflitto con se stesso ma anche con la figura paterna, che lo porta a vivere male, sottolineando un profondo senso di inadeguatezza. Italo Svevo portò sulla scena letteraria un tema di notevole importanza, attraverso un romanzo che si configura come un memoriale, ascrivibile al genere del romanzo psicanalitico, discostandosi dalla tradizione classica del romanzo ottocentesco. Il personaggio descritto da Svevo, Zeno Cosini, è vittima della propria condizione, ma soprattutto si lascia trasportare da debolezze e indecisioni; fatica a trovare posto nella società, una realtà che spera nel progresso, dove trionfa l’uomo borghese, perfettamente inserito in alcuni saldi meccanismi sociali.

Proprio in questo contesto, Zeno, dopo un lungo percorso di psicoanalisi, scopre invece che lui è sano, capace di mettersi in discussione, un uomo che riconosce i propri limiti, da intendere come “trampolino di lancio” per una vita nuova. Zeno parla di una “vita inquinata sin dal principio”, e proprio a ciò si rifà la sua consapevolezza, nonostante una condizione che sembra invalidante, senza via di uscita.

Nell’opera, tra i dieci romanzi italiani da leggere, la psicanalisi ed in particolare modo Freud hanno un ruolo di fondamentale importanza. Svevo ha letto, studiato e tradotto le opere di Freud prima degli altri intellettuali italiani, poichè era capace di leggerle in tedesco. Secondo Zeno, la psicanalisi è di fondamentale importanza per comprendere di esser malati, ma non per guarire, dato che la malattia è una delle caratteristiche innate dell’uomo moderno, dalla quale non può scappare. Proprio come accade in Pirandello, alcuni uomini capiscono di indossare una maschera, ma non possono toglierla, pur essendone consapevoli. È come una trappola che avvolge la mente.

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6. Le ultime lettere di Jacopo Ortis

Le ultime lettere di Jacopo Ortis può essere considerata la vera opera prima di Ugo Foscolo, non cronologicamente (l’anticipano diverse poesie) ma certamente dal punto di vista della necessità espressiva. Pubblicata nel 1802, è il primo romanzo epistolare della letteratura nostrana da citare tra i dieci romanzi italiani da leggere.

Nel libro sono raccolte sessantasette lettere che il protagonista manda all’amico Lorenzo Alderani che, dopo il suicidio di Jacopo, le avrebbe date alla stampa. Vagamente ispirato ad un fatto reale, l’opera risente dell’influsso di Vittorio Alfieri ed infatti è stata definita una tragedia alfieriana in prosa.
Le vicende editoriali di quest’opera sono interessanti: nel 1798 inizia la pubblicazioni del libro; l’anno dopo, Foscolo deve lasciare la città per arruolarsi nella Guardia nazionale di Bologna per combattere nella guerra contro gli austro-russi. La pubblicazione si deve al bolognese Angelo Sassoli (anche se si pensa che Foscolo avesse già consegnato prima della partenza l’opera completa.

L’opera venne ulteriormente modificata, uscita in due volumi: Vera storia di due amanti infelici ossia Ultime lettere di Jacopo Ortis; una nuova versione pubblicata nell’agosto dello stesso anno, che non ebbe successo di pubblico.

Le ultime lettere di Jacopo Ortis si articolano intorno a tre strutture tematiche: politica, amorosa, e relativa all’amicizia, che con altri elementi minori configurano la vicenda raccontata da Foscolo.

All’interno dell’Ortis, la donna, così come avviene con Dante, è rappresentata come un angelo; anche Foscolo si ritrova tra la patria e l’amore. La forte vicinanza tra i due è ben visibile dal fatto che in entrambi la donna è idealizzata.
Probabilmente, nella stesura del libro tra i dieci romanzi italiani da leggere, Foscolo prende spunto da un’altra opera, I dolori del giovane Werther di Goethe. Sono tanti i parallelismi tra le due opere, primo tra tutti la relazione che i due autori intrattengono con i precedenti letterari.
In Goethe si riscontrano molti rimandi a Rousseau; nell’Ortis, il modello della letteratura italiana citato da Jacopo è la testimonianza della ricerca di un ambito culturale, in una situazione politica coeva.
Quest’ultimo aspetto è particolarmente importante, perché sottolinea il legame dell’Ortis con gli eventi che avevano disatteso le speranze di una generazione nata all’ombra della Rivoluzione francese; proprio questa componente rende il romanzo di Ugo Foscolo fortemente ideologico.

7. Uomini e no

In Uomini e no, Vittorini riflette l’insanabile rapporto tra umanità e violenza, uomini e presunti tali. L’opera è composta da sei interventi dell’autore, che basano l’attenzione del lettore sulle realtà in cui l’uomo è costretto a vivere, o come lascia intendere il testo, in cui ogni persona è condannata a vivere, affrontando vicende quotidiane spesso difficili.

La ricerca costante della felicità, la coscienza del male, delle ingiustizie che pervadono la società, i fattori storici che si susseguono, condizionano fortemente la vita di Vittorini. L’intenzione dell’autore è quella di ridimensionare, attraverso la coscienza della realtà, la propria vita e di conseguenza il modo in cui scrive e si esprime. Uomini e no ricompone, almeno sulla carta, un mondo popolato di umanità e violenza.
Quella di Vittorini, spesso criticato dagli intellettuali del tempo, è una scrittura da autodidatta, che rappresenta una realtà che può diventare mitica e mutare in qualche modo.
Uomini e no ha il valore di una testimonianza della disperazione storica, ma anche di profezia di modi stilistici vicini all’avanguardia.

Vittorini, all’interno del proprio libro, opera delle digressioni, fa commenti a volte riguardanti il racconto, altre volte si esprime sul comportamento dei protagonisti.
Uomini e no è suddiviso in capitoli in cui vengono narrate le vicende e altri (scritti in corsivo, con uno stile lontano dal cosiddetto neorealismo) grazie ai quali Vittorini esprime riflessioni soggettive, rallentando volutamente la narrazione. Lo scopo dell’autore, probabilmente, è quello di approfondire le motivazioni e le componenti psicologiche alla base delle azioni del protagonista, Enne 2. Ecco perchè il romanzo scritto da Elio Vittorini si presenta come un romanzo neorealista, sia per le tematiche affrontate, sia per lo stile chiaro ed immediato, sia per le parti narrative con le quali il celebre scrittore riflette sul senso dell’esistenza umana, in un’epoca storica tragica, quella di una guerra civile.

In tutto ciò viene fuori l’essenza di Vittorini, il suo modo di raccontare, con uno sguardo mai distaccato, intriso di verità e conoscenza, la realtà. L’autore sperimentava, non si accontentava e volutamente andava oltre, al di là di ogni visione, immagine o realtà. Andando al fulcro delle cose, delle azioni, riusciva a catturare l’attenzione dei lettori, raccontando eventi e vicende dettagliate, storicamente e cronologicamente esatte e di notevole suggestione.
Uomini e no appare come un romanzo a tratti complicato, per diversi aspetti che si scopriranno pagina dopo pagina, ma che ha molto da rivelare, soprattutto sulla personalità di Vittorini, ben nascosta dietro a quanto egli stesso racconta.

Una volta stabilito il pubblico al quale vuole rivolgersi e scelto il genere di appartenenza della propria opera si crea, quasi in modo naturale, una successione di eventi e strategie comunicative proprie della narrazione, che sia storica come in questo caso specifico o romanzata. In questo modo, il racconto diventa per il lettore un “enigma da risolvere”.
Proprio a proposito del carattere dell’autore, un altro gigante della letteratura italiana, Italo Calvino, durante un’intervista dichiarò: «Era sempre difficile capire le ragioni delle sue scelte, prevedere quello che gli sarebbe piaciuto e cosa invece no. Tante volte gli facevo leggere cose, convinto che gli piacessero, e invece no. Per anni ho provato a capire il suo sistema. In realtà non esisteva. Era sempre alla ricerca di qualche cosa, un vero e proprio – manierismo vittoriano».

8. Marcovaldo

Italo Calvino ha scritto tante opere di indubbio successo, da Il sentiero dei nidi di ragno a Marcovaldo, da Il barone rampante a Se una notte d’inverno un viaggiatore, ma tra le più celebri risalta proprio Marcovaldo, che ancora oggi fa parlare di sé, esattamente come tutte le altre.

Si tratta di una raccolta di venti racconti scritta da Italo Calvino nel 1963. Marcovaldo è un operaio che vive in una città industriale; il protagonista ogni volta si convince di aver trovato qualcosa di buono che possa risolvere i suoi problemi, ma puntualmente si rivela fallimentare. Il personaggio creato da Calvino rappresenta la parte più ingenua di ogni uomo, che tenta di sopravvivere al consumismo spietato, ad una società in costante crescita che sembra quasi scacciare via ogni sogno.
Nonostante le mille sventure, Marcovaldo non si arrende mai ed è sempre pronto a ricominciare. Egli lavora in una ditta che lo sfrutta e lo sottopaga, ha una moglie e sei bambini e rischia quotidianamente lo sfratto. Le vicende di Marcovaldo sono tristi e buffe al tempo stesso, anche se utili all’autore per sottolineare un particolare quanto attualissimo punto di vista. Italo Calvino, infatti, descrive l’Italia del boom economico, impegnata a produrre senza badare a null’altro, sfruttando i lavoratori.
Ricordiamo che ogni novella è associata ad una stagione ed essendo venti novelle, il ciclo delle stagioni si ripete per cinque volte.

Si può dire che Italo Calvino, anche in Marcovaldo, mescola e sperimenta, raccontando in questo caso il tumultuoso cambiamento dell’Italia del Dopoguerra.
Lo scopo dell’autore è quello di presentare la città come un organismo in movimento, un ambiente irrisolto in cui convivono forti contraddizioni e fratture sociali, ma anche una possibilità di realizzazione mai sperimentata prima.
Calvino innesta una serie di temi propri della favola, con racconti brevi e utilizzando una tecnica di “straniamento”, che consente di raccontare più storie separatamente. Le figure dell’immaginario contadino, retaggio dell’Italia pre-boom, si innestano nel contesto urbano, e Calvino ha la capacità di creare un ponte fra presente e passato.

Il passato storico è spesso utilizzato come tema centrale all’intero di opere famose e molto frequentemente rappresenta un vero e proprio escamotage per comunicare efficacemente qualcosa, affinché non si ripeta più.

9. Se questo è un uomo

Tra i dieci romanzi italiani da leggere, sicuramente risponde a queste caratteristiche quello che è considerato un pilastro della letteratura nostrana: Se questo è un uomo di Primo Levi.
L’autore racconta in prima persona la propria deportazione, nel gennaio del 1944, dopo un terribile viaggio in treno; infatti, Levi venne deportato in Polonia con un treno per il bestiame, stipato con altri seicentocinquanta prigionieri in soli dodici vagoni, senza cibo e acqua.

All’interno del libro vengono fuori diversi temi; ciò che sconvolge è il comportamento dei nazisti che sfruttano fino alla stregua la forza lavoro dei deportati, umiliandoli. Lo stesso Levi racconta: «Era la prima volta che vedevo un vecchio nudo; uno di loro aveva il cinto erniario», colpito da questa persona anziana costretta dai nazisti a togliersi quella sorta di protezione, mentre loro ridevano. Una scena terribile ed atroce. Sicuramente un classico difficile da leggere, soprattutto per il modo in cui Primo Levi racconta quanto è stato costretto a sopportare con gli altri deportati. 

Se questo è un uomo racchiude la volontà di descrivere analiticamente e con minuzia di particolari tutte quelle brutalità, affinché non si ripetano, per bloccare qualsiasi tentativo di emulazione. Levi si salva dall’atrocità del campo di concentramento, ma il rimorso di esser sopravvissuto e di aver visto la morte di tanti compagni, anziani, bambini, lo tormenta e non resisterà a lungo. Ad un certo punto, la disperazione per ciò che è stato diventa troppo forte.

Se questo è un uomo è uno dei classici italiani che tutti dovrebbero leggere. Già nei primi capitoli, in un drammatico passaggio del celebre romanzo, si legge: «La lingua manca di parole per descrivere questa offesa», la frase più drammatica di tutto il libro, che ancora oggi fa rabbrividire. L’impossibilità per uno scrittore di raccontare l’offesa, perché nessuna lingua può farlo. Viene fuori un’umanità minacciata, in cui ciascun uomo doveva lottare per sopravvivere. Il romanzo di Levi rappresenta una testimonianza storica che permette di trasmettere memoria di quanto ha visto.

Tutte queste caratteristiche rendono Se questo è un uomo un monito di fondamentale importanza per non dimenticare, definito un “racconto commentato”, basato su un’alternanza di riflessioni e narrazione, sulla descrizione volutamente particolareggiata di quanto Levi stesso ha vissuto. Il narratore è onnisciente, abbiamo personaggio e voce narrante per un libro che rientra a pieno titolo tra i dieci romanzi italiani da leggere. 

In questo classico, così come in altri, la storia si fonde con gli aspetti della quotidianità, attirando l’attenzione dei lettori che potranno capire quale sia il romanzo più adatto alle proprie esigenze.

10. La luna e i falò

La luna e i falò è l’ultimo romanzo di Cesare Pavese, scritto nel 1950 e completato qualche mese prima della morte dell’autore.
Ambientato nelle Langhe, il protagonista è chiamato Anguilla, affidato ad una famiglia sostitutiva; si trasferisce negli Stati Uniti, ma decide dopo un po’ di tempo di far ritorno al Paese, quando oramai la guerra è finita. Incontra vecchie amicizie ma anche personaggi nuovi, tra questi Nuto in particolar modo, che rappresenta l’opposto di Anguilla. Sempre fedele al Paese nel bene e nel male, ha affrontato la vita con coraggio, cadendo e rialzandosi tra speranze disattese e dolore.
Nuto e Anguilla sono i due perni della narrazione, che accompagneranno il lettore in una lettura avvincente ed intrigante.
Sicuramente, Nuto è il polo positivo della storia, rappresenta la resilienza. Anguilla, invece, è sfuggente come suggerisce il nome stesso che l’autore gli ha attribuito; egli non prende una posizione netta, sembra sempre allontanarsi dallo spazio, non riesce ad affondare in nessun luogo e proprio questa sua caratteristica lo contraddistingue.

La luna e i falò è un romanzo all’interno del quale sia la lingua, sia lo stile, si legano all’ambiente della ruralità e alla natura; dal modo di vivere ciclico, e che trascende la vita stessa dell’uomo, all’essenza stessa di alcuni tasselli naturali. Uno degli elementi fondamentali è il fuoco, presente anche nel titolo: esso richiama la purificazione, ma è anche emblema dello spirito giovanile, della passione, della volontà di fare qualcosa di reattivo. I falò sono quelli per la festa di San Giovanni, che si tiene a giugno. Un ritorno delle cose che rappresenta quel ripetersi, quel conforto che offre la natura, dove il protagonista non trova pace.

Con La luna e i falò, Pavese concluse il ciclo storico del suo tempo, prima della guerra, durante e dopo; tema collegato al rapporto morboso che Cesare Pavese ha con la natura e che viene fuori prepotentemente leggendo il suo ultimo libro, che merita di essere annoverato tra i dieci romanzi italiani da leggere.
Un paesaggio rurale descritto con colline e valli parallele scavate da torrenti in un susseguirsi di filari di viti, intriso di profumi, ma segnato da una fatica spesso non gratificata. Si tratta di una descrizione ambivalente che spinge i personaggi a compiere gesta ed azioni di insensata verità.
Tutto sta a significare che il luogo dove si è nati segna in modo indelebile la propria esistenza, dalla quale non si può sfuggire e alla quale non si può in alcun modo rinunciare.

Quelli menzionati e descritti sono solo alcuni tra i dieci romanzi italiani da leggere; ovviamente, ogni lettore sceglie in base alle proprie esigenze e ai propri gusti letterari, ma alcuni classici non possono non esser letti. Ogni libro ha qualcosa da trasmettere e in questo caso da insegnare, ecco perché decidere solo dieci romanzi italiani da leggere è complicato, tenendo conto dei tantissimi titoli che si possono annoverare nell’ambito della letteratura italiana. 

Fonte immagine in evidenza: Pixabay

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