Folkatomik: l’esordio di Polaris, un viaggio senza tempo

Decisamente senza tempo questo viaggio dentro “Polaris”, il primo disco del progetto Folkatomik che ci regala un quadro suggestivo tra il passato dei canti popolari del sud Italia e quel modo più industriale del suono digitale di questo futuro. Il connubio è decisamente interessante ed il risultato non smentisce le attese e anzi sorprende davvero tanto. Il rispetto per le melodie, anche per molti suoni utilizzati (a fronte di uno studio e di una ricerca) come i tamburi a cornice, tamburelli, percussioni arabe, latine e africane, chitarre portoghesi, très cubano, charango, bouzouki greco e mandolino, flauti arabi, turchi, irlandesi e andini, friscaletti siciliani e flauti armonici, marranzani e percussioni minori. E poi l’elettronica che qui troviamo firmata da Li Bassi che assieme a Franco Montanaro, Oreste Forestieri e Valeria Quarta da vita a qualcosa di assai prezioso: cura del gusto e dell’estetica moderna da una parte, ricerca culturale e manifesto delle radici dall’altra…

Dalla nostra Campania sappiamo bene cosa significa l’incontro e dunque lo scambio. Voi cosa avete rubato e cosa invece avete donato al suono e alla tradizione?

Nella filosofia del prendere e rendere diciamo che abbiamo preso la ciclicità dalla tradizione e l’abbiamo resa in psichedelia. Non che non ci si riuscisse con una tromba degli zingari o una tammorra, anzi… ma l’elettronica ci ha permesso di enfatizzare quei tratti e rendere questa musica fruibile anche da un pubblico più giovane e meno addentro a questioni filologiche, un pubblico che forse mai altrimenti, si sarebbe avvicinato a queste musiche.

(Forestieri)

Dalla Campania avete preso qualcosa? E cosa?

Certamente, la Campania è un isola felice del nostro Sud che (più diffusamente) usa la pulsazione binaria della tammurriata anziché quella terzinata di tarantelle e pizziche. La musica dance o tecno che spesso usiamo per dare quella psichedelia di cui sopra nei nostri brani, in realtà sembra essere nata proprio a Napoli e proprio con una tromba degli zingari e una tammorra…

Beh, forse non sarà così storicamente, ma questo è per dire che il linguaggio tradizionale della tammurriata è talmente vicino a quello della moderna dance che l’incontro è stato veramente facile, si parla più o meno la stessa lingua. E a proposito di lingua, anche quella abbiamo spesso  preso in prestito dalla Campania. Perché scrivere in inglese se possiamo farlo meglio e con una lingua ancora più musicale come il napoletano? 🙂

(Forestieri)

Dal titolo del disco alla sua grafica di copertina. Un messaggio di migrazione, una evoluzione… anche con un disegno antico, da Papiro egiziano… come si codifica?

Più che un messaggio di migrazione la consapevolezza che ogni partenza arricchisce.

Ecco perché vale la pena seguire una rotta consapevoli che essa possa mutare.

L’incontro sta nel grande viaggio che offre il tempo oltre che i luoghi,  sta nel  vecchio e nel nuovo, nel bianco e nel nero che non rimangono mai separati come nello yin e yang ma piuttosto formano il grigio.

(Forestieri)

Il futuro secondo voi come sarà? Come si presenta…?

Il futuro in genere? Se intendi quello, di questi tempi, preferirei non rispondere 😀

Se intendi il futuro della musica, posso dirti che secondo me, va in una direzione per la quale sembra aver digerito la world music e le sue “contaminazioni” dell’ultimo decennio. Inevitabilmente, come ogni ciclo, anche questo sembra essere alla fine dei suoi giorni… e noi ce n’eravamo accorti già quattro anni fa, quando abbiamo cominciato… Perché quindi ci ostiniamo?

Perché ci sono le mode, poi ci sono i Folkatomik!

(Forestieri)

Il prossimo video dei Folkatomik?

Non ci stiamo ancora pensando…ma qualcosa bolle in pentola.

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