Lucia Engombe e la letteratura postcoloniale tedesca

Lucia Engombe e la letteratura postcoloniale tedesca

 

Per molti anni, gli studi relativi alla letteratura postcoloniale escludevano la produzione letteraria in tedesco; a partire degli anni Novanta, autrici e autori africani e afro- tedeschi, tra cui Lucia Engombe, cominciano a suscitare un certo interesse. Si tratta di scrittori e scrittrici originari di paesi facenti parte di quell’impero coloniale tedesco che comprendeva il Camerun, il Ghana, il Togo e la Namibia, il paese di cui è originaria Lucia Engombe, l’unico a mantenere la lingua tedesca, grazie anche alla presenza di una importante comunità di lingua tedesca.

Le opere di letteratura postcoloniale in tedesco vedono come temi principali l’Africa e la Germania, l’esperienza della migrazione, l’epoca coloniale e la decolonizzazione. Anche se in Germania esisteva una produzione letteraria coloniale, fu necessario aspettare il XXI secolo per poter parlare di letteratura postcoloniale in Germania, ciò avviene grazie alla pubblicazione del libro di Lucia Engombe, nel 2004.

Altro esempio di letteratura postcoloniale in tedesco è l’autobiografia di Stefanie-Lahya Aukongo, Kalungas Kind. Wie die DDR mein Leben rettete (2009). Come nel caso di Engombe, quest’opera esprime lacerazione, una doppia appartenenza: da un lato Kalunga, la divinità del popolo  Ovambo, dall’altro la DDR, che per Stefanie rappresenta la salvezza. In quest’opera, come in quella di Lucia Engombe, viene espressa anche una lacerazione a livello linguistico: viene creato un idioma definito oshideutsch, che è anche espressione di un’identità frammentata.

Lucia Engombe: Kind Nr. 95. Meine deutsch-afrikanische Odyssee (2004)

La storia della Namibia, che a partire dal 1884 fu colonia tedesca, e il legame tra i due paesi sono fattori che si collegano alla storia di Lucia Engombe.

Per i legami poi stabiliti tra Namibia e DDR, un gruppo di 80 bambini arrivò nella Repubblica Democratica Tedesca e fra di loro, si trovava Lucia Engombe, che comincia la sua narrazione in Kind Nr.95 a partire da questo evento, che rappresenta una cesura, una specie di filtro che si proietta nel passato.

Lucia Engombe, infatti, scrive al riguardo dei suoi ricordi e dell’esperienza che finì per segnare la sua vita: all’età di sette anni si trasferisce in Germania, nella DDR; i suoi genitori erano membri della SWAPO, South West Africa People’s Organization, un’organizzazione che lottava per l’indipendenza della Namibia, contro l’occupazione del paese da parte del Sudafrica. Viveva con la famiglia in un campo per rifugiati in Zambia e il suo sogno, anche se piccola, era quello di fuggire dalla miseria: il sogno si materializza nel 1979, quando Lucia Engombe ha l’opportunità di trasferirsi nella DDR insieme ad altri cento bambini. L’obiettivo della SWAPO, che riguardava questi bambini, era quello di formare un’élite che potesse essere a capo del paese dopo l’indipendenza e, per fare questo, ebbe l’appoggio della SED, il partito al potere in Germania Est. La Engombe si ritrova così in un mondo nuovo e sconosciuto a lei e agli altri bambini. Dopo undici anni trascorsi in Germania, la Engombe torna infine in Namibia e, così come al suo arrivo in Germania Est, si ritrova catapultata in un mondo sconosciuto.

La sua  autobiografia, Kind Nr. 95: Meine deutsch-afrikanische Odyssee, pubblicata in Germania dalla casa editrice Ullstein nel 2004, rappresenta uno degli esempi di letteratura postcoloniale in tedesco. La sua originalità sta nelle origini della Engombe, dato che, anche nell’ambito della letteratura migrante, la maggior parte degli autori è di origine turca o dell’Europa dell’Est. Un altro aspetto che contribuisce a dare originalità al libro di Lucia Engombe è l’intreccio esistente tra il tema storico-politico e la narrazione caratteristica del genere autobiografico.

Engombe definisce un’odissea il suo viaggio, che può essere visto da diversi punti di vista; l’autrice, fra l’altro, dà ai lettori un’immagine dell’Africa molto diversa rispetto alle rappresentazioni presenti nei romanzi che hanno avuto molto successo in Germania negli ultimi decenni, come  Die weiße Massai di Corinne Hoffmann o Die weiße Hexe di Ilona Maria Hilliges.

Altro aspetto interessante del libro di Lucia Engombe è quello relativo allo scopo della scrittura: scrivere significa riscoprire la propria identità, anche se la Engombe oscillerà sempre tra due realtà, quella del suo paese di origine e quella del suo paese di adozione, tanto che,  in momenti diversi della sua vita, la Germania e l’Africa saranno per la Engombe due nomi privi di significato. 

Lucia Engombe alla fine decide di vivere e stabilirsi in Namibia, ma in un’intervista al giornale Die Zeit del 2007, parlerà della Germania come della sua vera patria e, in relazione alla Namibia, dirà che del suo paese ama tutto quello che ricorda il passato coloniale tedesco.

Fonte immagine di copertina: Wikipedia

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