Chanson de Roland: contesto storico, su cosa si basa, personaggi

Chanson de Roland

Chanson de Roland: contesto storico, su cosa si basa, personaggi

Dai meandri della seconda metà dell’XI secolo sorge un ricco scenario letterario in Francia, all’interno del quale fioriscono due lingue dal carattere distintivo: la lingua d’oc e la lingua d’oil. Queste, vere e proprie fucine linguistiche, danno forma a fenomeni letterari di eccezionale portata nei secoli seguenti. Mentre la “lingua d’oc” diventa il veicolo della raffinata poesia cortese dei “trovatori“, esercitando una notevole influenza sulla scuola siciliana e sul movimento stilnovista, la “lingua d’oil” diviene la linfa vitale di una tradizione epica incarnata nelle celebri chansons de geste.

Differenze tra Lingua d’oc e Lingua d’oil

Le lingue d’oc e d’oil, sorgenti dal ricco panorama linguistico francese dell’XI secolo, si distinguono per tratti distintivi che riflettono le loro origini geografiche e culturali. Queste differenze, oltre a rappresentare le diverse realtà linguistiche, hanno influito in modo significativo sullo sviluppo di tradizioni letterarie e culturali uniche.

Lingua d’oc:

  1. Origine geografica: Questa lingua era predominante nella zona meridionale della Francia, nota anche come “Ocitània”. Includeva regioni come Provenza, Linguadoca e Guascogna.
  2. Caratteristiche fonetiche: Un tratto distintivo è l’uso della vocale “òc” per rappresentare la parola “sì” (contrapposto all’uso di “oïl” nel nord).
  3. Evoluzione linguistica: La lingua d’oc ha mantenuto tracce di strutture fonetiche latine più arcaiche rispetto alla lingua d’oil. Inoltre, ha influenze dialettali provenienti dalle lingue romanze locali.
  4. Tradizione letteraria: La lingua d’oc è associata ai “trovatori”, poeti provenzali che hanno contribuito a sviluppare una poesia cortese e raffinata. Questa tradizione ha esercitato un notevole impatto sulle scuole poetiche siciliana e stilnovista.

Lingua d’oil:

  1. Origine geografica: Questa lingua era predominante nella zona settentrionale della Francia, includendo regioni come Île-de-France, Normandia e Piccardia.
  2. Caratteristiche fonetiche: Il tratto distintivo è l’uso della frase “oïl” per rappresentare il “sì”, che ha dato origine al termine “lingua d’oil” per designare questo gruppo di dialetti.
  3. Evoluzione linguistica: La lingua d’oil ha subito una maggiore influenza dalle lingue romanze settentrionali e ha sviluppato caratteristiche fonetiche più moderne rispetto alla lingua d’oc.
  4. Tradizione letteraria: Nella zona d’oil, si è sviluppata la tradizione epica delle “chansons de geste”, poemi di argomento politico e guerresco recitati pubblicamente da giullari. Uno dei cicli più importanti è centrato su Carlo Magno e include la celebre “Chanson de Roland”.

Chansons de Geste: echi di Battaglie e politica

Le chansons de geste, monumentali poemi dal contenuto politico e bellico, sono recitati con maestria dai giullari in spazi pubblici come piazze e mercati, percependo in cambio una ricompensa pecuniaria. Queste epopee si articolano in diversi cicli, ciascuno focalizzato sulle imprese eroiche di un protagonista principale. Nel vasto panorama, uno dei cicli più preminenti è quello che intreccia le gesta di Carlo Magno (742-814). Nel suo ventre nutre il gioiello più antico e rinomato: la Chanson de Roland.

La Gloriosa Epopèa di Roland

Contestualizzazione e spirito dell’opera

La Chanson de Roland è un poema epico che si estende per circa quattromila versi e trova collocazione temporale tra l’XI e il XII secolo. Questo poema narrativo si concentra su un episodio delle campagne di Carlo Magno in Spagna, concentrandosi con particolare enfasi sulla morte del valoroso paladino Orlando durante la disastrosa battaglia di Roncisvalle contro i Saraceni. Il seme da cui germina questo capolavoro affonda le radici in un fatto storico realmente accaduto, sebbene trasfigurato profondamente. Nel lontano 778, Carlo Magno, spinto dall’opportunità di sfruttare le tensioni tra le forze arabe in Spagna, intraprende una campagna militare contro gli Arabi. Tuttavia, giunto alle porte di Saragozza, si vede costretto a ritirarsi verso la Francia. La retroguardia dell’esercito franco, guidata da Orlando, finisce in un’imboscata e subisce una carneficina per mano delle truppe basche nei pressi di Roncisvalle, regione pirenaica della Navarra.

L’autore di questo testo è avvolto in un velo di mistero, un’ombra scura che si cela dietro le parole. Nel culmine del poema, in un verso che trae un sospiro finale, si intravede la firma di Turoldo:

“La gesta scritta qui da Turoldo ha fine.”

L’ombra di Turoldo potrebbe far riferimento a un animo della scuola episcopale di Reims, ma le acque della conoscenza sono increspate da dubbi e incertezze. Si nasconde dietro questo nome il compositore, il rielaboratore o forse il copista? O, ancora, potrebbe essere stato il meraviglioso esecutore di questa sinfonia epica. Tuttavia, data la vastità temporale tra l’evento storico e la sua trasfigurazione letteraria, è ipotizzabile l’esistenza di canti epici popolari che scorrono nella storia di questa vicenda.

L’Epica in tre atti

L’Inizio dell’inganno

Il sipario si alza rivelando un tradimento, tessuto dalle mani di Gano di Maganza, uno dei paladini del seguito di Carlo Magno. Questa fase inaugurale è intrisa di politica, ma apre anche la porta a temi più ampi, lasciando spazio alle riflessioni sulla lealtà e sull’astuzia.

La tragica caduta di Orlando

Il cuore del poema, come una rosa dalle petali cadenti, è la morte eroica di Orlando e dei suoi valorosi cavalieri. Il ritmo cambia, si fa più intenso, mentre l’epos si sofferma sull’eroismo estremo e sul sacrificio di questi guerrieri immortali. La tensione raggiunge l’apice nella battaglia di Roncisvalle.

L’Epilogo vendicativo

L’atto conclusivo si concentra sulla vendetta di Carlo Magno contro i Mori e contro lo stesso Gano. Le sfumature politiche si fondono con l’onore, portando l’epos a una chiusa drammatica ma anche risolutiva.

Stile e Struttura

L’arte epica trova forma in strofe dal ritmo irregolare, un intreccio di versi decasillabi dall’eco epico. Queste strofe, chiamate lasse, eredità della tradizione orale, sono unite da legami di rima o assonanza. L’arsenale retorico è ricco e variegato, infondendo vitalità al testo:

  • Epiteti e locuzioni formulari, propri delle tradizioni orali, ancore fisse legate a un personaggio come gemme preziose incastonate nella trama. Questi richiami agevolano la memorizzazione, guidando l’ascoltatore nella danza narrativa;
  • Ripetizioni e richiami, usati con sapienza, tessono legami invisibili tra le lasse o risvegliano la memoria di ciò che è accaduto in precedenza;
  • La struttura stessa intreccia parallelismi espliciti, in particolare tra i vari personaggi, come Orlando e Gano. Queste connessioni danno vita a un balletto simbolico tra le forze in gioco.

Il Canto Eroe-Cavalleresco

Dal punto di vista tematico, i cuori pulsanti della Chanson de Roland sono imbevuti dei valori e dell’ideologia del mondo feudale e cristiano. La fede cristiana sfida gli infedeli, e la monarchia carolingia si innalza come colonna portante dell’identità nazionale francese. L’ideale cavalleresco si incarna in Orlando, il paladino leale al suo sovrano Carlo Magno, un guerriero che offre il sacrificio della propria vita in una battaglia già persa, ma combattuta per dovere e onore.

L’eredità della Chanson è straordinaria: oltre alle traduzioni nei volgari europei, questo poema è una fonte centrale per il ciclo carolingio, che celebra le imprese dei paladini di Carlo Magno. Questo ciclo si unisce al ciclo bretone, incantando le avventure leggendarie dei cavalieri di Re Artù. Il ricordo di Orlando continua a brillare attraverso i secoli, riverberando nelle rielaborazioni epico-cavalleresche del Quattrocento e del Cinquecento, come l’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo e l’Orlando furioso di Ludovico Ariosto. Questa sagoma eroica attraversa l’Europa, distillandosi nei tempi moderni, come nel Don Chisciotte di Miguel de Cervantes, una mirabile parodia degli ideali cavallereschi e cortesi, e persino nell’era contemporanea con Il cavaliere inesistente di Italo Calvino.

La Chanson de Roland secondo Kinoshita

Particolarmente interessante e moderno appare, rispetto alla tradizionale visione classica della Chanson de Roland, il saggio di Sharon Kinoshita “Pagans are wrongs and Christians are right”: Alterity, Gender and Nation in the Chanson de Roland (‘I pagani hanno torto e i cristiani hanno ragione: alterità, genere e nazione nella Chanson de Roland). La trattazione si concentra sull’analisi delle differenze all’interno del Chanson de Roland che si identificano nella contrapposizione tra Cristiani e Saraceni e nella marginalizzazione delle figure femminili.
Kinoshita sottolinea come la differenziazione che viene spesso attribuita ai due gruppi religiosi all’interno dell’opera risieda in realtà solo nelle differenze di credo. Pagani e Cristiani parlano la stessa lingua, presentano la stessa gerarchizzazione di classe e credono in entità superiori e lottano in nome dei loro favori.
Questa contrapposizione è enfatizzata dalle posizioni speculari delle uniche due donne presenti nell’opera: da un lato Aude, la cristiana che muore in nome della fedeltà per Orlando, e dall’altro Bramimonde, la regina saracena che è disposta a convertirsi e a rinunciare alla sua stessa comunità.
Riporto qui di seguito la traduzione delle parti più importanti del saggio di Kinoshita.

Parte I
La ChR assume quest’eminenza nell’epica francese per il contesto del XIX secolo, grazie a Gaston Paris: la nascita di un sentimento nazionale francese che mirasse a sostituire l’umiliazione subita dalla guerra franco-prussiana nella Terza Repubblica. In particolare, l’ufficializzazione dell’annessione dell’Algeria, nuova colonia francese in Sud-Africa, sottolineò il ruolo civilizzatore del colonizzatore francese.
In generale, l’Europa viene vista come un regno moderno, nazionale e illuminato, in opposizione all’oriente visto come statico, decadente e dispotico. Per sottolineare questa dicotomia, gli europei presero a sostegno le tesi della differenza biologica innata della razza.
Bartlett ritiene che nel Medioevo questa differenza non si basasse sulla razza ma sui costumi, caratterizzati dal fatto che questi ultimi potevano, diversamente dai primi, essere cambiati sia di generazione in generazione, sia individualmente.
Nonostante nella ChR sia forte il richiamo alla fisionomia ‘nera’, questa rappresentazione non è esemplificativa della visione medievale dello straniero.
Le categorie principali sono i Saraceni e i Cristiani. I Saraceni non vengono, tuttavia, identificati con la razza ma con la cultura e per questo risultano quasi indistinguibili dai Cristiani, se non per i nomi. Entrambi parlano la stessa lingua, gli accampamenti hanno gerarchie, immaginano gli dei come dispensatori di favori in cambio di devozione. Fondamentalmente, differiscono solo per la religione.
Infatti, come i Cristiani sono definiti tali poiché vassalli di Carlomagno, così ai Saraceni, anche loro nobili vassalli, basterebbe convertirsi per identificarsi completamente nei cristiani.
Questo potenziale della conversione non è mai realizzato, quindi tutti i personaggi pagani dell’opera sono destinati a morire, guardando con sospetto la possibilità di cristianizzazione come puro espediente per sopravvivere.
Questo disinteresse nella conversione rispecchia la realtà storica ma contemporaneamente farebbe crollare il fondamento di opposizione del poema. Inoltre, poiché la morte di Orlando e la battaglia finale conducono alla creazione di una comunità franco-cristiana che si evolve da una società feudale a una monarchica, la non conversione dei Saraceni è necessaria affinché i Cristiani diventino Franchi.
A seguito dei contatti stranieri e interni agli stessi cristiani avvenuti tramite le crociate, il nome Franchi, prima Latini, viene utilizzato per unificare tutti gli uomini d’occidente.
Nella battaglia finale, la distinzione tra i vari gruppi di cristiani, che lascia fuori alcuni come greci e armeni, sottolinea la difficoltà degli occidentali a rapportarsi con una differenza culturale piuttosto che religiosa.

Parte II
Undici anni dopo la sua conferenza inaugurale “La Chanson de Roland e la nazionalità francese“, Gaston Paris affermò che il “cortese amore” era tema predominante del romanticismo francese medievale. Secondo lui, il romanticismo ha esemplificato un’estetica letteraria in cui l’amore cortese implica la sottomissione della passione sessuale alla ragione.
Per il suo ruolo nell’emergente ideologia del nazionalismo, la ChR è venuta a determinare cosa fosse considerato epica: la filosofia di valore e sacrificio di sé sul campo di battaglia, la distinzione dualista tra cristiani e pagani era considerata normativa del genere maschile. Così, la sua “emarginazione” di Aude e Bramimonde sembrava stabilire l’epopea come un genere maschile, predominante rispetto al ruolo femminile, relegato alla mediazione delle relazioni maschili: Aude segnala la tensione tra Oliviero e Orlando, mentre la conversione di Bramimonde simboleggia la vittoria di Carlo Magno su Marsilio.
Al contrario, il romanticismo fu fissato come il genere dell’incontro con il cavaliere feudale – donna, mistificata come l’oggetto necessariamente sfuggente del maschio desiderio cavalleresco. Finché queste opposizioni binarie non sono state esaminate, il ruolo delle donne in contesti epici e storici e ideologici era destinato a rimanere invisibile.

Aude e Bramimonde sono centrali nel dramma maschile del tradimento di Gano, la morte di Orlando e la vendetta di Carlomagno.
Il poco spazio a loro riservato, rispetto a quello solito delle altre canzoni di gesta, ne sottolinea il ruolo ideologico.
Bramimonde, la regina saracena, è il personaggio in cui l’alterità viene presentata e superata. Ironicamente, la sua importanza ideologica viene oscurata dal fatto che l’attenzione si concentra sulla razza o sul genere: in realtà, non è mai attribuita a uno dei due gruppi ma è definita “femmina pagana”.
Intervenendo al posto del marito, si sostituisce alla funzione rivoluzionaria dell’uomo saraceno, con rabbia estrema.
In una società che si basa sulla fede e sulla lealtà feudale niente è più dannoso delle accuse della stessa Bradimonde: definisce i suoi dei cattivi, perché permettono la morte dei Saraceni, in contrasto al grande miracolo compiuto dal Dio cristiano nella vendetta di Carlomagno; poi denuncia la gerarchia politica dei Saraceni ed espone la corruzione dell’ordine feudale pagano.

Parte III
Il battesimo di Bramimonde la relega definitivamente nel mondo franco-cristiano. Il suo ruolo è quello di ristabilire le differenze tra Saraceni e Cristiani, che erano quasi divenute indistinguibili.
Accomunanta a Aude, la differenziazione tra le due donne risulta fondamentale per la risoluzione del poema.
Aude decide di morire piuttosto che assicurare la stirpe perché il suo amore non è trasferibile, dimostrando la sua fedeltà nei confronti di Orlando pari solo a quella che Orlando aveva nei confronti di Carlo. Il suo ruolo ideologico è quello di rifiutare i compromessi. Contrariamente, quello di Bramimonde è accettarli.
Infatti, quest’ultima si converte e rinuncia alla sua patria per amore dell’ordine religioso e sociale a cui aspira. Nel farlo, però, rinuncia alla sua fierezza e indipendenza di donna, poiché le donne cristiane sono accondiscendenti.
Il suo ruolo diventa fondamentale nella giustificazione della guerra portata avanti da Carlo: la sua denuncia funge da motivazione ed è per questo che è l’unica tra i Saraceni a restare in vita, diventando simbolo di vittoria.

A proposito di Carolina Cappelli

Mi chiamo Carolina Cappelli, ho ventun anni e sono nata e cresciuta a Napoli. Dopo il diploma conseguito al Liceo Scientifico Vincenzo Cuoco, ho deciso di iscrivermi al cdl in Lingue, culture e letterature moderne europee, per ampliare le mie conoscenze di lingua straniera, ma dopo il primo anno mi sono convinta ad optare per il cdl in Lettere moderne, più in linea con gli studi propriamente linguistico-letterari. I miei interessi spaziano da sempre nell’ambito artistico culturale: ho frequentato per qualche anno un corso di teatro fino a dedicarmi completamente, all’età di undici anni, alla danza, scoperta per caso dopo il continuo rifiuto di mia madre di iscrivermi a scuola calcio, dimostrazione della mia grande curiosità verso le cose più varie. Il percorso di studi a danza è stato formativo e ricco di belle esperienze, di vario genere, da spettacoli per strada a collaborazioni con il teatro Bellini di Napoli. La prima parte della mia formazione si è conclusa nel giugno del 2019 quando, dopo lo spettacolo di fine anno e gli esami accademici, ho conseguito il diploma in danza classica, moderna e contemporanea. Scrivere, invece, è sempre stato parte della mia vita. Il mio carattere irruente e testardo è sempre stato equilibrato dalla capacità di dar ordine all’espressione proprio mediante la scrittura. Inoltre, è sempre stato uno dei modi migliori per dar spazio alla mia forte sensibilità. Proprio questa mi porta ad essere una persona fortemente emotiva, sempre coinvolta a pieno in quello che fa, e molto attenta ai bisogni degli altri. L’aspetto sociologico dei fatti è da sempre, per me, fonte di particolare curiosità. Ciò mi ha spinto ad elaborare, negli anni del liceo, alcuni piccoli articoli pensati come un’analisi sociale di un fatto di cronaca popolare, essendo molto legata alla mia città d’origine. Queste prime prove sono sfociate in pubblicazioni su Il Mattino e Il Roma. La comunicazione, lo scambio di idee ed opinioni, le discussioni creative e la libertà di pensiero sono tra le cose che più ricerco perché determinanti per la crescita e la buona salute “spirituale”. Il mio sogno è quello di rendere la scrittura il mio pane quotidiano e questa collaborazione è la mia prima vera esperienza, per la quale sono molto entusiasta e fiduciosa. Spero di esserne all’altezza e, contemporaneamente, di poter crescere insieme. Grazie mille per la possibilità.

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