David Foster Wallace e l’11 settembre visto dalla casa della signora Thompson

David Foster Wallace e l'11 settembre dalla casa della signora Thompson

David Foster Wallace e l’11 settembre dalla casa della signora Thompson, una riflessione postmoderna sul rapporto fra realtà e finzione.

Era l’11 settembre del 2001, quando quattro aerei, partiti da alcuni aeroporti statunitensi,  furono dirottati dai terroristi di al Qaida: due di loro si schiantarono contro le Torri Gemelle di New York, il terzo colpì il Pentagono e l’ultimo precipitò in Pennsylvania a causa di una rivolta dei passeggeri.

Tale evento cambiò il corso della storia contemporanea, ma offrì l’ispirazione all’autore statunitense David Foster Wallace, il quale, reduce del successo di Infinite Jest (1996), un romanzo  umoristico ambientato in un futuro distopico (ovvero una versione alternativa dei primi anni Duemila), raccontò “l’impatto  dell’Orrore” nella vita di tutti gli statunitensi a causa dell’immediata risonanza mediatica in una sua opera. 

La vista da casa della sig.ra Thompson, il racconto di David Foster Wallace  sull’attentato dell’11 settembre 2001 (ATTENZIONE AGLI SPOILERS) 

Il romanziere nativo di Ithaca rievoca il dramma vissuto dagli statunitensi nel racconto-saggio La vista da casa della sig.ra Thompson (The View from Mrs Thompson’s), il quale è contenuto nella raccolta di saggi Considera l’aragosta (Consider the Lobster, 2005) e in quella celebrativa David Foster Wallace Portatile curata da Karen Green, Bonnie Nadell e Michael Pietsch (The David Foster Reader, 2014).

Oltre al riportare l’attentato dell’11 settembre, David Foster Wallace affronta anche il tema del rapporto fra televisione e spettatori combinando il genere narrativo con quello della saggistica, il quale era già emerso nei precedenti racconti.

Il narratore anonimo presenta la città di Bloomington, nello stato dell’Illinois. Non siamo davanti ad una grande metropoli; piuttosto, la vicenda si svolge in una cittadina tranquilla, quelle tipiche delle periferie statunitensi che ricordano la celebre Springfield dei Simpson, un luogo dove gli abitanti dimostrano di essere schivi nei confronti degli stranieri, in quanto amanti delle abitudini quotidiane. In seguito, il racconto di David Foster Wallace ci descrive quello che sembra essere un normale mercoledì di settembre: ogni cittadino espone fuori dalla propria dimora una bandiera a stelle e strisce. Il lettore avverte una sensazione di straniamento, in quanto si domanda perché tutti gli abitanti di questa città dell’Illinois affiggano delle bandiere statunitensi, mentre i giornali locali riportano nei loro articoli di un misterioso attacco e di cittadini sconvolti. Come affermato dalla voce narrante, a Bloomington la socialità ruota attorno alla televisione, l’unico mezzo di informazione e un salotto diviene un luogo di aggregazione sociale:

La TV […] è un fenomeno più sociale che nella East Coast, dove nella mia esperienza la gente esce continuamente per incontrarsi in luoghi pubblici con altra gente. Da queste parti per lo più non ci sono tante feste o occasioni di ritrovo in sé e per sé- a Bloomington ci si vede tutti a casa di qualcuno e si guarda qualcosa insieme. A Bloomington, […], avere una casa senza Tv significa diventare una specie di presenza krameriana nelle case altrui, un perenne ospite di persone che non riescono a capire bene come si fa a non avere una Tv ma che hanno assoluto rispetto del tuo bisogno di guardarla, e che sono disposte a offrirti accesso alla loro con lo stesso modo in cui si chinerebbero a darti una mano se cadessi per strada. Questo è particolarmente vero per quelle situazioni di crisi in cui bisogna guardare la Tv, come le elezioni del 2000 o come l’Orrore di questa settimana.

(D. F. Wallace, La vista da casa della sig.ra Thompson da B. Nadell, K. Green, M. Pietsch, David Foster Wallace Portatile, Einaudi, Torino, 2017, p. 648, traduzione a cura di Adelaide Cioni e Matteo Colombo)

Il narratore dell’opera di David Foster Wallace ci permetterà di scoprire l’entità dell’Orrore grazie ad un flashback che ci riporta al giorno precedente nel salotto della signora Thompson, una settantaquattrenne con un televisore Philips da quaranta pollici, ovvero la madre del migliore amico del protagonista, chiamato semplicemente F-. A Bloomington la casa della Thompson è “il luogo di aggregazione sociale per eccellenza”; infatti, proprio  in questo salotto gli ignari cittadini del Mid-west americano assistono all’arrivo dell’Orrore:

[…] ricordo che quando sono tutti entrati stavano fissando paralizzati uno dei pochissimi spezzoni che la Cbs non ha più mostrato, cioè un lungo campo da lontano della torre nord e del traliccio in acciaio dei piani superiori in fiamme, con dei puntini che si staccavano dall’edificio e scendevano attraverso il fumo verso il fondo dello schermo, puntini che poi con l’improvviso restringersi dell’inquadratura si sono rivelati persone in giacca e cravatta e gonna, con le scarpe che cadevano, alcuni si appendevano a davanzali e travi poi mollavano la presa, erano a testa in giù o si dibattevano e una coppia sembrava quasi (non è verificabile) stretta in un abbraccio mentre precipitava per tutti quei piani, e si sono rimpiccioliti di nuovo in un puntino quando la telecamera tutto a un tratto è tornata al campo lungo […].

(Ivi, p. 687)

Tali immagini sconvolgono colui che riporta gli eventi, mrs. Thompson e gli altri presenti.  Quello che stupisce il narratore (in realtà lo stesso David Foster Wallace) è la trasformazione della realtà in un film di Hollywood. Paragona il presidente George W. Bush al personaggio interpretato da Bruce Willis nel film Attacco al potere (The Siege, 1998), i quali rivolgono un discorso alla nazione utilizzando le medesime parole e le scene della distruzione delle Torri Gemelle e degli aerei dirottati ricordano quelle della saga di Die Hard oppure il film di Wolfgang Petersen Air Force One (1994). 

La riflessione postmoderna tra realtà e finzione nella narrativa di Wallace

L’Orrore è anche l’occasione per riflettere sul rapporto fra immagini in tv e spettatori, su come la televisione, strumento di informazione e di intrattenimento nella società statunitense prima dell’avvento dei social network e di piattaforme streaming (profetizzati da David Foster Wallace in Infinite Jest, secondo il parere dello scrittore, giornalista e critico Tom Bissell nell’introduzione dell’edizione Einaudi del 2016), sia capace di incantarci, di spaventarci, di intrattenerci e di incatenarci sul nostro divano perché bramiamo di vedere sempre più immagini, che si tratti di tragedie o di eventi lieti, anzi di consumarle con gli occhi. 

La realtà si trasforma e assume le sembianze di una pellicola di Hollywood, diventa un film d’azione o catastrofico-fantascientifico; d’altronde, tali generi avevano conosciuto un notevole successo negli anni Novanta,  come i campioni di incassi Independence Day (1996) di Roland Emmerich, Twister (1996) di Jan de Bont, Con Air (1997) di Simon West, Face/Off – Due facce di un assassino (Face/Off, 1997) di John Woo, Armageddon – Giudizio finale (Armageddon, 1998) di Michael Bay e Deep Impact (1998) di Mimi Leder. La violenza delle scene al telegiornale spaventano lo spettatore, il quale, oramai “vittima della bulimia delle immagini”, continua ad osservarle in televisione in quanto abituato alle scene dei film. Certamente si tratta di  una delle riflessioni più interessanti nel panorama della cultura del postmodernismo statunitense, quella pronosticata da David Foster Wallace, un autore che già negli anni Novanta avrebbe predetto l’avvento della società e della tecnologia del nuovo Millennio.

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Fonte immagine di copertina: Wikipedia Commons 

A proposito di Salvatore Iaconis

Laureato in Filologia moderna presso l'Università Federico II di Napoli il 23 febbraio 2024 e iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 25 gennaio 2021. Sono cresciuto con i programmi educativi di Piero e Alberto Angela, i quali mi hanno trasmesso l'amore per il sapere, e tra le mie passioni ci sono la letteratura, la storia, il cinema, la filosofia e il teatro assieme alle altre espressioni artistiche.

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