Dazai Osamu, il sole calante del Giappone

Dazai Osamu, il sole calante del Giappone

Dazai Osamu, pseudonimo di Tsushima Shūji, è stato uno degli scrittori più rappresentativi della letteratura giapponese moderna. Attivo negli anni Trenta e Quaranta del XX secolo, è conosciuto principalmente per i romanzi Shayō (Il sole si spegne) e Ningen Shikkaku (Lo squalificato), capolavori della corrente Buraiha (il decadentismo giapponese) e della letteratura novecentesca in generale. Quella di Dazai Osamu è stata, ed è tutt’ora, una figura controversa, a causa della sua vita dissoluta, caratterizzata da abusi di alcool e droghe, promiscuità e una serie di tentati suicidi, culminati con il doppio suicidio in coppia con Yamazaki Tomie, vedova di guerra per la quale abbandonò moglie e figli. Dazai ha descritto, con grande sensibilità e precisione stilistica, il suo senso d’inadeguatezza dei confronti della società, così come il tramonto di un Giappone che, dopo la sconfitta patita nella Seconda guerra mondiale, non sarebbe stato più lo stesso.

Biografia e carriera letteraria

Dazai Osamu nacque il 19 Giugno 1909 a Kanagi, una cittadina della prefettura di Aomori, nel Tōhoku, in una famiglia benestante; il padre, Gen’emon, era un ricco proprietario terriero, e grazie a questa sua condizione ebbe la possibilità di condurre anche una carriera politica. Fu quindi una figura molto assente, e Dazai crebbe nell’indifferenza più totale di una famiglia che contava, in totale, circa trenta persone. Le uniche figure presenti della sua infanzia furono una tata e sua zia Kiye; aveva un rapporto stretto anche con uno dei suoi fratelli, Reiji, di tre anni più piccolo, che morirà però appena sedicenne nel 1928. Estremamente dotato per lo studio sin dall’infanzia, iniziò a scrivere poco più che quindicenne, coltivando anche una grande passione per la letteratura sia giapponese – dal Genji monogatari ad Akutagawa Ryūnosuke e Izumi Kyōka – sia per quella occidentale, da autori francesi come François Villon ad autori russi come Fëdor Dostoevskij. Negli stessi anni si avvicinò al movimento marxista giapponese, pur non riuscendo mai a identificarsi completamente con l’ideologia comunista a causa delle sue origini aristocratiche; questa consapevolezza, unita a due eventi come la morte del fratello e il suicidio di Akutagawa, minarono la sua psiche e lo portarono a tentare per la prima volta il suicidio nel Dicembre del 1929. Dopo questo episodio crebbe in Dazai Osamu una completa sfiducia nella letteratura, che lo portò ad abbandonare per qualche anno l’attività di scrittore; nello stesso periodo andò a vivere a Tōkyō, dove frequentava la facoltà di letteratura francese all’Università Imperiale, con una geisha – Oyama Hatsuyo – venendo diseredato dal fratello maggiore Bunji, assurto al ruolo di capofamiglia dopo la morte del padre. Nel 1930, dopo essere stato espulso dall’università, tentò nuovamente il suicidio, stavolta in coppia con Tanabe Shimeko, una cameriera. I due tentarono di affogarsi a Kamakura, ma Dazai sopravvisse e venne arrestato, venendo successivamente salvato dalla famiglia; poco dopo venne arrestato per la sua attività all’interno del Partito Comunista, illegale negli anni del militarismo, ma ancora una volta venne salvato dall’intercedere della famiglia. Entrambi gli episodi verranno ripresi in Ningen Shikkaku.

Dopo questi avvenimenti, la famiglia lo costrinse a sposare Hatsuyo; nel 1933 riprese l’attività di romanziere, e riuscì a pubblicare diverse opere grazie all’intercedere del suo mentore Ibuse Masuji; la prima opera a essere pubblicata fu Ressha (Il treno), dove l’autore utilizzò per la prima volta lo pseudonimo di Dazai Osamu. Seguirono varie opere nei successivi tre anni, la maggior parte delle quali confluite in Bannen (Gli ultimi anni), tra cui Gyakkō, opera nominata al primo premio Akutagawa, che perse in favore di Ishikawa Tatsuzō; ciò generò una polemica tra Dazai e Kawabata, il quale faceva parte della giuria e si espresse a sfavore del racconto. Nello stesso periodo Dazai iniziò a soffrire di appendicite e venne ricoverato; in ospedale sviluppò una dipendenza da Pavinal, un medicinale a base di morfina, e nell’Ottobre del 1936 venne rinchiuso con l’inganno in un ospedale psichiatrico, evento che lo segnerà a vita. Durante la convalescenza, Hatsuyo lo tradì con il suo migliore amico; venuto a conoscenza del tradimento, Dazai tenterà di suicidarsi con Hatsuyo ingerendo dei sonniferi, ma entrambi sopravvissero e divorziarono poco dopo. Poco dopo sposò Ishihara Michiko, maestra di scuola elementare.

Gli anni passati con Michiko corrispondono al periodo più sereno della vita di Dazai Osamu. Avrà tre figli dalla donna: Sonoko, nata nel 1941; Masaki, nato nel 1944 e Satoko, nata nel 1947 e divenuta in seguito scrittrice con lo pseudonimo di Tsushima Yūko. In questi anni pubblica diverse opere, diverse da quelle a sfondo autobiografico presenti in Bannen ma non per questo meno valide dal punto di vista letterario. Del 1939 è Joseito (La studentessa), racconto che darà il titolo alla raccolta omonima, un flusso di coscienza di una giovane studentessa alla ricerca della propria identità e incerta sul proprio futuro; nel 1940 pubblica Hashire Merosu (Corri, Melos!), un rifacimento della ballata Die Burgschaft di Friedrich Schiller, a sua volta basata su una leggenda greca presente nella raccolta Fabulae dell’autore latino Gaio Giulio Igino, mentre nel 1945 esce Otogizōshi, una raccolta di quattro rivisitazioni di racconti del folklore giapponese, come Urashima Taro. Così come il suo idolo Akutagawa, Dazai è particolarmente abile a rielaborare storie del passato e a conferirgli una dimensione moderna, dotando i personaggi di queste storie di una profonda caratterizzazione psicologica. È curioso notare come Akutagawa, nonostante abbia scritto eccellenti shishōsetsu come Tenkibo o Haguruma, venga quasi esclusivamente ricordato per le opere d’ispirazione storica, mentre per Dazai Osamu sia vero l’opposto.

Il tramonto del Giappone e di Dazai

Nei suoi tre capolavori pubblicati nel dopoguerra – Viyon no tsuma, Shayō e Ningen Shikkaku – Dazai Osamu mette in scena la decadenza di tre uomini che, non riuscendo a riconoscersi nella società in cui si trovano a vivere, si abbandonano a eccessi vari e finiscono per venire “squalificati” dal resto degli esseri umani. Il protagonista di Viyon no tsuma (La moglie di Villon) viene subito identificato con il poeta francese, che per Dazai rappresentava il Burai per eccellenza; egli non è capace a vivere una vita serena con moglie e figli – così come non riuscì nemmeno a Dazai stesso – e passa le giornate a bere indebitandosi con i proprietari del bar. Naoji, protagonista di Shayō, torna distrutto dalla guerra del Pacifico, e affoga i suoi dolori in droghe e alcool; incapace di riprendere in mano una vita che sembra ormai irrecuperabile, decide di uccidersi, non prima di aver confidato alla sorella, Kazuko, di aver profondamente amato una donna, l’unico squarcio di luce in una buia esistenza. Yōzō, protagonista di Ningen Shikkaku, è il personaggio più simile all’autore, e ne condivide molte delle peripezie. Egli cerca sin da bambino di venire apprezzato da chi gli sta intorno, passando un’intera vita a sentirsi inadeguato; nemmeno un matrimonio in apparenza felice riesce a qualificarlo come umano, e finisce così i suoi giorni in un ospedale psichiatrico. Tutti e tre i personaggi di questi romanzi sono, in sostanza, delle belle persone. Non sono ben inserite all’interno dell’ambiente che li circonda, ma sono capaci di provare sentimenti puri e sinceri nei confronti delle persone che amano. Lo stesso Dazai lo era; ha passato tutta la sua esistenza lacerandosi perché non riusciva a trovare il suo posto nel mondo, ma ha amato la vita e gli altri esseri umani profondamente. Ci ha lasciato opere monumentali in cui si è riconosciuta una generazione intera, quella degli Shayōzoku, giovani giapponesi spaesati nell’immediato dopoguerra, un Giappone nel quale personaggi come la madre di Kazuko e Naoji, dotata della dignità e della grazia di una dama del Genji monogatari, non hanno più spazio, e in cui migliaia di persone continuano a riconoscersi ancora oggi. È stato il cantore per eccellenza del senso d’inadeguatezza, e uno scrittore dal talento e dalla sensibilità ineguagliabili.

Fonte immagine in evidenza: Wikipedia

 

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