Nel Novecento, il paradosso di Russell ebbe un ruolo fondamentale nello scardinare le certezze su cui si fondava la logica matematica. Per comprenderne le implicazioni, è utile partire da un concetto filosofico che ne anticipa le problematiche: le antinomie della ragione di Immanuel Kant.
Nella Critica della Ragion Pura, Immanuel Kant sostiene che il nostro intelletto, spingendosi oltre i limiti dell’esperienza, cade in contraddizioni insolubili. Egli usa il concetto di mondo come “totalità dei fenomeni” per mostrare come la ragione possa dimostrare sia una tesi (il mondo ha un inizio nel tempo) sia la sua antitesi (il mondo è infinito nel tempo). Questo naufragio logico affascinò il filosofo e logico Bertrand Russell.
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Dalle antinomie di Kant alla teoria delle classi
All’inizio del XX secolo, Russell stava lavorando alla sua opera “Principia Mathematica” e individuò una contraddizione nella “teoria delle classi” (o teoria degli insiemi) del logico tedesco Gottlob Frege. Una classe è una categoria che contiene elementi (es. la classe “uomini” contiene tutti gli esseri umani). Una classe, però, può anche essere considerata un elemento essa stessa. Il problema sorge quando ci si chiede se una classe possa contenere se stessa. Per capirlo, Russell distingue tra due tipi di classi.
Classe autologica vs. classe eterologica: la base del paradosso
Concetto | Descrizione ed esempio |
---|---|
Classe autologica | Appartiene a se stessa. Esempio: “l’insieme di tutti i concetti astratti” è esso stesso un concetto astratto. |
Classe eterologica | Non appartiene a se stessa. Esempio: “l’insieme di tutti i gatti” non è un gatto. |
La maggior parte degli insiemi che possiamo immaginare sono eterologici. Il problema sorge quando Russell definisce un insieme particolare: “l’insieme di tutti gli insiemi che non appartengono a se stessi”. A questo punto, la domanda diventa irrisolvibile.
Il paradosso del barbiere: una spiegazione semplice
Per semplificare la sua scoperta, Russell stesso ideò un aneddoto noto come il Paradosso del Barbiere. Immaginiamo un villaggio con una sola regola:
«C’è un solo barbiere, un uomo, che rade tutti e solo gli uomini del villaggio che non si radono da soli.»
La domanda è: chi rade il barbiere?
- Se il barbiere si rade da solo, allora appartiene al gruppo degli uomini che si radono da soli. Ma la regola dice che lui rade solo quelli che NON si radono da soli. Quindi non può radersi da solo.
- Se il barbiere non si rade da solo, allora appartiene al gruppo degli uomini che non si radono da soli. Ma la regola dice che lui DEVE radere tutti questi uomini. Quindi deve radersi da solo.
In entrambi i casi si arriva a una contraddizione. La regola, che sembrava logica, produce un paradosso insolubile.
La formulazione logica e il paradosso del mentitore
La formulazione logica del paradosso di Russell suona così: «L’insieme di tutti gli insiemi che non appartengono a se stessi appartiene a se stesso se e solo se non appartiene a se stesso.» Questa affermazione, apparentemente astrusa, poggia sulla stessa struttura del paradosso del mentitore, attribuito a Eubulide di Mileto. Se un cretese afferma “tutti i cretesi mentono”, sta dicendo la verità o il falso? Se dice il vero, allora anche lui mente, quindi l’affermazione è falsa. Se dice il falso, allora i cretesi dicono la verità, quindi la sua affermazione è vera. In entrambi i casi, si genera un’antinomia.
Le conseguenze del paradosso di Russell
Il paradosso di Russell non fu un semplice rompicapo. Come documentato da fonti accademiche quali la Stanford Encyclopedia of Philosophy, esso dimostrò che la teoria degli insiemi “ingenua” di fine Ottocento conteneva una falla fondamentale, aprendo la cosiddetta “crisi dei fondamenti della matematica”. La sua scoperta costrinse i logici a sviluppare nuove e più rigorose teorie assiomatiche (come la teoria ZFC) per evitare tali contraddizioni. Per un approfondimento sui testi originali, l’opera “Principia Mathematica” di Russell e Whitehead è consultabile presso archivi digitali come quello dell’Università di Toronto. Le antinomie, da Kant a Russell, non dimostrano che la logica è fallace, ma che essa ha dei limiti precisi e che la nostra comprensione della realtà non può prescindere da essi.
Fonte foto: Wikipedia
Articolo aggiornato il: 15/09/2025