Leggi razziali in Italia: cosa si intende e quando vengono emanate

Leggi razziali, quali erano quelle italiane

Leggi razziali in Italia, i 180 decreti che privarono gli ebrei di ogni libertà

Che cosa si intende per leggi razziali?

Quando si parla di leggi razziali, ci si riferisce a quell’insieme di norme legislative ed amministrative il cui comune denominatore è la discriminazione razziale: tali norme, varate per la prima volta nella Germania nazista a cavallo tra gli anni ‘30 e ’40 del Novecento, erano principalmente rivolte agli ebrei, agli omosessuali, ai disabili, ai Rom, agli afro-tedeschi ed ai Testimoni di Geova. Sarà questo il seme da cui avrà origine il genocidio messo in atto dalla Germania nei confronti delle minoranze “non gradite” dai nazisti per ragioni politiche o razziali, noto con il nome di Shoah.

Sulla scia delle cosiddette “leggi razziali antisemite” tedesche, qualche anno più tardi furono applicate in Italia le leggi razziali fasciste: Benito Mussolini ne annunciò per la prima volta il contenuto il 18 settembre 1938 a Trieste, davanti al Municipio in Piazza Unità d’Italia. Il presupposto su cui si fondavano le leggi razziali era la teoria, rivelatasi priva di qualunque valore scientifico, dell’esistenza della razza italiana e della sua appartenenza alla categoria, tanto inesistente quanto assurda, delle cosiddette razze ariane.

Il Regio decreto legge n. 880, entrato in vigore nel 1937, che vietava il madamismo (l’acquisto di una concubina) e il matrimonio fra italiani e “sudditi delle colonie africane”, fece da apripista ad altre leggi di stampo razzista promulgate dal parlamento italiano.

Il “Manifesto della Razza”, base ideologica della legge razziale. Cosa prevedeva?

Pubblicato inizialmente in forma anonima sul Giornale d’Italia il 14 luglio 1938, con il titolo “Il Fascismo e i problemi della razza”, il Manifesto degli scienziati razzisti o Manifesto della Razza fu ripubblicato il 5 agosto del ’38 sul primo numero della rivista “La difesa della razza” e firmato stavolta da 10 scienziati.

Il testo del manifesto era costituito da dieci punti in cui veniva analizzata la questione razziale secondo la politica fascista: si sosteneva l’esistenza delle razze umane e di grandi e piccole razze; si definiva il concetto di razza come concetto puramente biologico; si affermava che l’origine della popolazione italiana era per la maggior parte ariana; si sosteneva che, a differenza di altre nazioni europee, in Italia la composizione razziale di allora era la stessa di mille anni prima data la mancanza, dopo l’invasione dei Longobardi, di significativi movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione; si dichiarava l’esistenza di una pura razza italiana data da un’antica purezza di sangue; si esortava gli italiani a proclamarsi razzisti e a trattare la questione da un punto di vista puramente biologico senza intenzioni filosofiche o religiose; veniva fatta una netta distinzione tra i mediterranei d’Europa (occidentali) e quelli orientali e africani; si negava l’appartenenza degli ebrei alla razza italiana; era definita inammissibile l’unione degli italiani con qualunque razza extra-europea, portatrice di valori diversi rispetto a quelli ariani.

Leggi razziali in Italia: cosa stabilivano?

Il 5 settembre del 1938 il Regio Decreto Legge 1340, voluto da Mussolini e firmato dal re Vittorio Emanuele III, stabiliva l’allontanamento di alunni ed insegnanti ebrei dalle scuole italiane, in nome della “difesa della razza nella scuola fascista”. Considerando anche i ricercatori e gli studiosi, furono espulse più di trecento persone, tra cui molti intellettuali di spicco, come Emilio Segrè, Bruno Pontecorvo, Franco Modigliani, Arnaldo Momigliano.

Cosa prevedeva il Regio Decreto del 17 novembre 1938?

Il Regio Decreto del 17 novembre 1938, noto anche come “Decreto-legge per la difesa della razza” o “Decreto-legge per la difesa della razza italiana” era una delle leggi razziali in Italia promulgate dal regime fascista durante la Seconda Guerra Mondiale.

Questa legge prevedeva la discriminazione degli ebrei in diversi ambiti della vita pubblica e privata, tra cui l’istruzione, il lavoro, la proprietà immobiliare e i matrimoni.

In particolare, il decreto-legge:

  • vietava l’iscrizione degli ebrei alle scuole e alle università;
  • vietava agli ebrei di esercitare determinate professioni;
  • stabiliva la quota massima di ebrei ammessa nei posti di lavoro pubblico;
  • stabiliva la quota massima di ebrei ammessa nei negozi e nei professioni privati;
  • vietava ai matrimoni tra ebrei e non ebrei;
  • vietava agli ebrei di possedere beni immobili di determinato valore.

Perché le leggi razziali partono dal sistema scolastico?

Le leggi razziali in Italia hanno incluso la discriminazione degli ebrei nel sistema scolastico per diversi motivi.

In primis, la discriminazione nell’istruzione era un mezzo per limitare l’accesso degli ebrei ai posti di lavoro e alle professioni, in quanto le professioni erano spesso legate a specifici corsi di studio. Inoltre, limitando l’accesso degli ebrei all’istruzione, si voleva impedire loro di diventare professionisti e intellettuali di successo, che avrebbero potuto rappresentare una minaccia per il regime fascista.

Inoltre, l’educazione è un importante strumento di formazione e costruzione dell’identità, e il regime fascista voleva imporre la sua visione razzista dell’identità italiana, escludendo gli ebrei da questo processo.

Infine, l’educazione gioca anche un ruolo importante nella formazione della gioventù e l’esclusione degli ebrei dal sistema scolastico, rappresentava un mezzo per creare una generazione di italiani che non avrebbero mai conosciuto e accettato gli ebrei come loro pari.

Leggi razziali in Italia, quando finirono?

Solo quando fu annunciato l’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, l’8 settembre del 1943, si giunse all’abrogazione delle leggi razziali, grazie ad una clausola posta proprio dagli Alleati: “Tutte le leggi italiane che implicano discriminazioni di razza, colore, fede od opinione politica saranno, se questo non sia già stato fatto, abrogate, e le persone detenute per tali ragioni saranno, secondo gli ordini delle Nazioni Unite, liberate e sciolte da qualsiasi impedimento legale a cui siano state sottomesse”. Tuttavia, fu solo tra il 1944 e i 1947 che si ebbe la cancellazione della legislazione razzista e antisemita: la prima deliberazione in tal senso fu opera del governo Badoglio e risale al 20 gennaio 1944. Si intitolava “Disposizioni per la reintegrazione nei diritti civili e politici dei cittadini italiani e stranieri già dichiarati di razza ebraica o considerati di razza ebraica”.

In 5 anni furono emanate circa 180 leggi razziali in Italia. Fino alla loro abolizione, gli ebrei non erano più stati considerati cittadini come tutti gli altri. Ciò vuol dire perdere i diritti civili e politici: dal più banale, come possedere una radio, andare in spiaggia o partecipare a gare sportive, ai più sacri, come poter studiare, svolgere liberamente la propria professione o non essere ingiustamente privati della patria potestà sui propri figli. Sembra assurdo, ma tutto questo accadeva nel nostro Paese meno di un secolo fa. In nome di un’astrusa quanto scellerata catalogazione degli individui, che presupponeva l’esistenza di razze umane distinte, tra l’indifferenza e la rassegnazione di coloro che si lasciavano affabulare dalle parole o zittire dalla paura del “diverso”, fu consentita l’attuazione di tali leggi razziali, il primo tragico passo verso la pagina più brutta della storia italiana e mondiale.

Leggi razziali in Italia, la lista dei provvedimenti 

Ecco una lista delle leggi razziali in Italia:

  1. Legge del 7 settembre 1938, n. 1728, “norme per la difesa della razza
  2. Decreto-legge del 17 novembre 1938, n. 1728-bis, “misure contro gli ebrei
  3. Legge del 14 luglio 1939, n. 1140, “norme per la difesa della razza
  4. Decreto-legge del 27 luglio 1939, n. 1297, “misure contro gli ebrei
  5. Decreto-legge del 18 ottobre 1938, n. 1399, “misure per la difesa della razza
  6. Decreto-legge del 18 novembre 1938, n. 1401, “misure contro gli ebrei

Leggi razziali in Germania

Dopo aver approfondito le leggi razziali in Italia vediamo cosa accadde in parallelo in Germania.

Le leggi razziali in Germania furono un insieme di leggi promulgate dal regime nazista durante il Terzo Reich. Queste leggi discriminavano gli ebrei e altri gruppi considerati “non ariani”, tra cui Rom, omosessuali, disabili e oppositori politici.

Ecco una lista di alcune delle leggi razziali più importanti in Germania durante il Terzo Reich:

  1. La Legge per la protezione del sangue e dell’onore tedesco del 15 settembre 1935, vietava i matrimoni e le relazioni sessuali tra ebrei e non ebrei.
  2. La Legge per la riordinamento della professione legale del 7 aprile 1933, escludeva gli ebrei dalle professioni legali.
  3. La Legge per la revoca della cittadinanza ebraica del 14 settembre 1935, privava gli ebrei della cittadinanza tedesca.
  4. La Legge per la protezione della razza tedesca del 16 settembre 1935, vietava l’ingresso degli ebrei in impieghi pubblici e nell’educazione.
  5. La Legge per la registrazione delle proprietà ebraiche del 3 agosto 1938, obbligava gli ebrei a registrare le loro proprietà immobiliari.

Queste leggi, insieme ad altre misure discriminatorie, portarono alla deportazione e all’eliminazione di milioni di ebrei, Rom, omosessuali, disabili e oppositori politici nei campi di concentramento e nei campi di sterminio nazisti.

 

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