Pubblicità anni 90. Le dieci più famose di sempre

Pubblicità Anni 90

Viaggio nel mondo delle pubblicità anni ’90, tra ricordi colmi di nostalgia e altri che avremmo preferito rimuovere dalla mente!

Gli anni ’90. Un fiume di ricordi allaga le nostre menti al solo sentirli nominare.

Erano gli anni in cui le lettere si scrivevano e inviavano a mano (niente posta elettronica), dove dovevi chiamare gli amici per telefono quando volevi organizzare un pomeriggio fuori (Whatsapp o Telegram? Ma anche no) e dove la musica la ascoltavi sintonizzandoti su MTV ogni pomeriggio o nel tuo fido walkman con dentro le cassette (Spotify e servizi simili erano ancora una lontana utopia). Ma erano anche gli anni in cui abbiamo trascorso tante e troppe ore della nostra vita davanti al televisore per non perderci l’ultima puntata del nostro cartone preferito o del telefilm del momento, quando i tempi dello streaming erano ancora lontani.

Ovviamente la televisione trasmetteva anche molta pubblicità e negli anni ’90 ne sono passati di spot. Alcuni di questi li ricordiamo con affetto, collegandoli a un dolce passato dove tutto sembrava più semplice e genuino. Altri ci fanno mettere le mani davanti agli occhi per quanto fossero squisitamente trash facendoci dire frasi come: «Ma davvero da piccolo mi piaceva ‘sta roba?».

Che vogliate rituffarvi nel mare dei ricordi o allontanarvi da essi, stiamo per fare un bel viaggio all’indietro nelle pubblicità anni ’90 attraverso dieci spot che, secondo noi, hanno segnato il nostro immaginario nel bene e nel male. Il tempo di collegare il videoregistratore alla tv e… si parte!

Pubblicità anni ’90. Ferrero Rocher (1992)

«Ambrogio?»

«Signora?»

«Avverto un leggero languorino!»

Chi non l’ha letta con le loro voci sta spudoratamente mentendo. I protagonisti di questo spot sono una donna di rango borghese, con cappello e tailleur gialli e il suo fidato maggiordomo/autista Ambrogio.

Imbottigliata nel traffico della città, la donna comunica al suo fido assistente che ha fame con una frase passata alla storia dell’etere televisivo: «La mia non è proprio “fame”. È più… voglia di qualcosa di buono!».

Detto fatto: il buon vecchio Ambrogio, da infallibile e previdente maggiordomo, preme un pulsante dell’auto e, come per magia, davanti alla donna si apre un mobiletto dal quale esce un vassoio con una piramide di Ferrero Rocher.

Uno spot elegante e semplice al tempo stesso, anche perché tutti noi abbiamo desiderato un’auto con annesso scompartimento dei celebri cioccolatini. Se però all’epoca la vista di quella piramide di palline gialle ci avrebbe fatto venire l’acquolina in bocca, oggi sappiamo che, come minimo, da quello stesso scompartimento dovrebbe uscire un bel cuzutiello ripieno di polpette al sugo e melanzane, da consumare avidamente senza curarsi di alcuna norma del galateo, per soddisfare il nostro appetito.

 

Pubblicità anni ’90. La Cremeria Motta (1994)

Anche qui ci troviamo davanti a un tormentone ricordato da molti.

Il suono di un citofono fa alzare dal divano una signora che nello schermo dell’apparecchio (era uno di quei citofoni provvisti anche di telecamera) intravede il viso di un ragazzo occhialuto che le rivolge una domanda: «C’è Gigi?».

Ricevendo come risposta un “no” il ragazzo le pone un’altra domanda: «E la Cremeria?». Stavolta la risposta è affermativa e il nostro giovanotto sale sopra a mangiarsi una bella porzione di gelato.

In un modo o nell’altro la notizia si sparge nel quartiere giacché alla stessa porta si presenta un gruppo di ragazzi che rivolgono la stessa domanda, e ne approfittano per mangiare gelato a scrocco.

Uno spot che abbiamo amato (e alcuni anche odiato) con protagonista assoluto quel citofono che, in un’epoca in cui la messagistica istantanea ancora non esisteva, ci ricorda i tempi in cui organizzavamo giochi o partite di pallone in piazzetta con i nostri amici andando direttamente a bussare alle loro abitazioni.

Tra noi c’era anche chi, in caldi pomeriggi d’estate, andava a bussare ai citofoni ripetendo il tormentone «C’è Gigi? E la Cremeria?». Solo che, invece di una coppa di gelato, ci prendevamo insulti e secchiate d’acqua dalle persone (in gran parte anziani) che andavamo a disturbare.

 

Pubblicità anni ’90. Profilattici Control (1992)

Cambiamo decisamente tono con una pubblicità anni ’90 particolare per l’epoca e per il tema trattato: i rapporti sessuali.

Siamo all’interno di un’aula scolastica. Suona la campanella ed entra un professore il cui sguardo si rivolge al pavimento, dove c’è in bella vista un preservativo. Con aria torva e voce intimidatoria, chiede alla classe a chi appartenga l’oggetto. Subito un ragazzo si alza a reclamarne la proprietà, seguito dai suoi compagni che fanno lo stesso.

Per capire il senso di questo spot bisogna ricordare il contesto in cui è stato prodotto. Gli anni ’90 sono quelli che hanno visto la diffusione dell’AIDS, una malattia che tra le vie di trasmissione comprende anche i rapporti sessuali e per cui l’uso di protezioni risulta essere necessario. Ma sono anche anni in cui l’argomento “sesso” è considerato ancora un tabù, se non addirittura una colpa per tutti gli adolescenti che facevano domande a riguardo e che come risposta ricevevano soltanto discorsi colmi di bigottismo e ipocrita pudicizia.

Fu così che la Control rispose con questo spot. Diretto ed efficace, con l’obiettivo di sensibilizzare le masse sull’argomento e di incoraggiare un dibattito in tutte quelle istituzioni (scuola e famiglia, in primis) che non volevano saperne nulla.

Nello stesso anno Ezio Greggio fece una parodia abbastanza dimenticabile di questo spot all’interno del film Anni ’90, snaturandone completamente il messaggio. Ma questa è un’altra storia.

Spot istituzionale contro la droga (1990)

Una pubblicità istituita dal Ministero della Salute che forse è poco conosciuta, ma anche questa d’impatto e dedicata a un’altra piaga che affligge il mondo degli adolescenti: la droga.

Come nello spot precedente, anche qui ci troviamo in un’enorme aula. Un professore, interpretato dall’attore Cosimo Cinieri, legge alla classe l’estratto di un romanzo e nel frattempo alcuni ragazzi fanno passare tra i banchi una bustina con della polverina bianca all’interno. A un certo punto la bustina passa nelle mani di una ragazza, la quale si alza per andare in bagno. Sembra intenzionata a consumare il contenuto della bustina e invece lo butta nel water, con tanto di sciacquone. Lo spot termina con una frase che infonde speranza e fiducia: “Ogni giorno qualcuno dice no alla droga”.

Ogni elemento di questo spot riesce a catturare l’attenzione: l’uso del bianco e nero, la grave musica di sottofondo, il “colpo di scena” con cui si chiude. Un vero peccato che non venga ricordato da molti dato che, per quanto possa essere efficace o meno, è sempre meglio di tante altre campagne con cui il Ministero della salute cerca di avere un approccio trendy e giovanile nei confronti degli adolescenti (segue meme di Montgomery Burns de I Simpson vestito con gli abiti di Secco e con sopra la frase “Quando la RAI parla ai giovani”).

Maxibon (1995 e 1999)

Torniamo a parlare di tormentoni con il Maxibon.

Per pubblicizzare il suo gelato più famoso (e buono), la Nestlé realizzò due spot nel 1995 e nel 1999 con protagonisti due attori che ancora non sapevano che sarebbero diventati famosi: Stefano Accorsi e Cristiana Capotondi.

Nel primo il nostro giovane Stefano, vestito con un maglione a maniche lunghe in una giornata estiva (l’orologio biologico degli autori doveva essere mal sincronizzato), prova a filtrare con due turiste straniere che, come lui, stanno gustando un Maxibon esprimendosi in un inglese mescolato a italiano e simil-francese, producendo una frase destinata a essere incisa sulla pietra degli annali della storia: “Du gust is megl che uan”.

Ma all’improvviso una delle due si esprime in un perfetto italiano e gli offre un Maxibon, nonché un momento di intimità.

Nel secondo invece troviamo Cristiana Capotondi con una capigliatura in stile principessa Leila che chiacchera con le sue amiche riguardo al proprio ragazzo. Lei, tutta innamorata, racconta di come gli stia bene il maglione grigio (ma allora è proprio una fissa!) che gli ha regalato e una sua amica non può che confermare, dato che il suddetto ragazzo si trova qualche metro più avanti mentre amoreggia con un’altra fanciulla e con l’immancabile Maxibon. La reazione di Cristiana non si fa attendere quando ai due piccioncini urla, con un marcato accento romanesco, che stanno bene assieme «come il polipo e la cozza!» per poi nascondersi sotto al chioschetto.

Non c’è nient’altro da aggiungere se non che questa è una delle pubblicità anni ’90 ricordata con più affetto e che, come già visto per La Cremeria, ha lanciato un tormentone che abbiamo ripetuto durante gli anni della nostra infanzia. Un tormentone che faceva impallidire le maestre di italiano e di inglese per quanto fosse sgrammaticato, ma poco importa.

 

Good vs Evil – Nike (1996)

Tra i tanti motivi per cui ricordiamo con nostalgia gli anni ’90, uno di questi è senza dubbio il calcio. Sono stati gli anni delle gesta di Ronaldo, Zidane, Ibrahimovic e, per quanto riguarda il nostro paese, Del piero, Baggio, Inzaghi, Maldini e molti altri. Sono stati anche gli anni di memorabili mondiali, come quelli di Francia ’98 (dove la nostra nazionale fu eliminata ai quarti dai padroni di casa, ma ci saremmo rifatti otto anni dopo a Berlino).

I beniamini dei tifosi, come accade oggi, erano spesso protagonisti di campagne pubblicitarie, molte delle quali rasentavano alti livelli di imbarazzo. Ma ce ne sono altre che, viste ancora oggi, riescono ad affascinare ed è il caso dello spot che ci accingiamo a vedere.

Nel 1996 la Nike commissiona a Tarem Singh, che all’epoca aveva già diretto numerosi spot per altri brand quali Levi’s e Pepsi, uno spot da girare all’interno del Colosseo: così nacque Good vs Evil, la partita tra le stelle del calcio e… il diavolo.

Il principe degli inferi si annoia e deve trovare un modo per ingannare il tempo. Cosa c’è di meglio di una bella partita di calcio all’interno dell’anfiteatro Flavio, al buio e circondato da fiamme per l’occasione, tra i suoi seguaci e un dream team composto dai calciatori più forti del periodo (tra cui Ronaldo, Rui Costa, Figo e Maldini) che nemmeno noi saremmo riusciti a creare giocando a Fifa ’98?

La partita è la fiera della scorrettezza: falli pesanti, tifosi che lanciano rifiuti sul campo, guardalinee con rottweiler al guinzaglio e un arbitro letteralmente cieco fino a quando i nostri eroi non iniziano una controffensiva, raggiungendo la porta avversaria.

Il diavolo non ci sta e si para davanti, allargando persino le sue lunghe ali da pipistrello per impedire ai nostri di fare gol. Ma ci pensa Eric Cantona con il suo leggendario “calcio volante” a bucare lo stomaco del maligno, segnando e vincendo questa partita da incubo. Tutto torna alla normalità e vissero tutti felici e contenti.

Flat Eric – Jeans Levi’s (1999)

I bambini degli anni ’90 desideravano possedere tantissime cose che i genitori non gli hanno mai comprato. Queste si riducono principalmente a due per chi sta scrivendo: il robot Emiglio e Flat Eric, il pupazzo protagonista di alcuni spot della Levi’s.

Le pubblicità relative vedono Flat Eric, un morbido e giallo peluche dall’aspetto di una scimmia senza orecchie, girare gli Stati Uniti su una macchina decisamente da rottamare assieme a un amico umano. Puntualmente i due attirano i sospetti di un poliziotto che li ferma e gli chiede di ispezionare il veicolo.

Un canovaccio che viene rispettato anche in questo spot dove i due amici scorrazzano sulle note di Flat Beat di Mr. Oizo. Il nostro peloso amico mette in atto una copertura: abbellisce il cofano dell’auto con qualche gingillo, mette su una musica d’altri tempi, passa i documenti al suo amico (sì, un documento di identità anche per i pupazzi) il quale scende dall’auto e mostra al poliziotto il contenuto del portabagagli: alcune paia di jeans Levi’s. Tutto in regola e i due possono tornare a scorrazzare (e vendere) i loro pantaloni.

Uno spot che in poco tempo ha conquistato molti spettatori, colpiti dall’irriverenza di Flat Eric e il cui successo ha permesso la messa in vendita dei peluche con le sue fattezze. Peccato soltanto che non avessero vita propria come nelle pubblicità!

Una telefonata allunga la vita – Telecom Italia (1994)

Il protagonista di questo spot storico è Massimo Lopez, che interpreta la parte di un prigioniero politico in un carcere africano. È il giorno della sua esecuzione e il colonnello gli chiede se abbia un ultimo desiderio. Massimo non ci pensa due volte e chiede di fare una telefonata.

Chiama così un suo amico con cui tiene una lunghissima conversazione, che si protrae per tutta la notte. Quando sembra che abbia finito di parlare, ecco che attacca con un’altra chiamata per la disperazione del plotone di esecuzione, stanco e senza forze. Alla fine compare una scritta che non potrebbe essere più fantomatica: “Una telefonata allunga la vita”.

Prodotto per reclamizzare la nascita della Telecom Italia dalle ceneri della Sip (Società Italiana Per l’esercizio telefonico), questo spot è un piccolo gioiello. Si passa dal tono serio a quello comico in un batter d’occhio e l’espediente della “telefonata infinita” non si riduce soltanto a questo filmato. La Telecom ne ha fatti girare altri che vanno a formare una vera e propria serie, con il buon vecchio Massimo che riesce sempre a ingannare i suoi aguzzini.

Zona calda #1: Megan Gale – Omnitel (1999)

E ora entriamo in quella che abbiamo rinominato “zona calda”, riservata a due pubblicità anni 90 un po’ piccanti”. Mettiamo il classico bollino rosso in basso a destra sul nostro immaginario teleschermo e iniziamo con la Omnitel.

Nata nel 1995, Omnitel si proponeva come un’alternativa allo strapotere di Telecom Italia nel mondo della telefonia. Per attirare più clienti a sé il gestore si avvalse non soltanto di offerte vantaggiose e di un’assistenza clienti rivoluzionaria per l’epoca, ma anche di una campagna pubblicitaria con protagonista la modella australiana Megan Gale.

In uno dei primi spot vediamo il sogno proibito di molti uomini (e ragazzi) degli anni ’90 attraversare la dogana di un paese sudamericano, dove viene fermata e scortata da guardie e agenti vestiti di nero che la conducono in una sorta di caserma (scopriamo che è ricercata per un qualche motivo a noi sconosciuto). Accompagnata da un riarrangiamento di Believe di Cher in sottofondo e da movenze feline, la cara Megan viene obbligata a prendere le impronte digitali per firmare un documento (impronte che però rilasciano i simboli dei tasti di un cellulare).

Nulla da aggiungere, se non che l’onnipresente modella di ogni campagna Omnitel ha scatenato gli ormoni di tanti uomini sposati (con relativo ceffone da parte delle mogli) e celibi, nonché di adolescenti in piena pubertà.

Zona calda #2: “Quel vestito troppo corto” – Martini (1995)

In chiusura non poteva mancare quella che forse è la più iconica delle pubblicità anni 90, con protagonista una giovanissima Charlize Theron.

Martini, marchio italiano di aperitivi, commissiona all’agenzia McCann Erickson uno spot in bianco e nero che ha fatto scuola.

Siamo in un bar d’alta classe che affaccia su di un porto e da uno yacht scende un baldo giovane, occhiali scuri e giacca nera, che strappa una bottiglia di Martini dal vasoio di un cameriere. Poi prende due bicchieri dal tavolino di un bar e si reca verso un tavolo dove un vecchio milionario, con tanto di accappatoio e catenina d’oro, si intrattiene con una giovane modella dal caschetto biondo.

Il nostro giovane cacciatore ha puntato la preda. Gioco di sguardi e intesa tra i due, con lui che le offre un bicchiere di Martini allontanando la mano dell’anziano che vorrebbe prendersi il privilegio. A un certo punto il giovane si alza e si dirige verso il molo del porto e la ragazza, nonostante il vestito impigliato nella sedia, lo segue. Ed ecco che la macchina da presa inquadra la gonna di lei che si accorcia e si accorcia…

ma proprio sul più bello, ecco che compare il logo della Martini in primo piano.

Ebbene sì. Mentre contempliamo le forme della bella Charlize, ecco che si frappone un bel adesivo a mo’ di sfottò. Se un giorno la Martini decidesse di fare un remake di questo spot proponiamo, invece del logo in bella vista, la comparsa di Zeb89 che nel momento clou esclama «Eh! Vooolevi!».

Immagine copertina: Google immagini

A proposito di Ciro Gianluigi Barbato

Classe 1991, diploma di liceo classico, laurea triennale in lettere moderne e magistrale in filologia moderna. Ha scritto per "Il Ritaglio" e "La Cooltura" e da cinque anni scrive per "Eroica". Ama la letteratura, il cinema, l'arte, la musica, il teatro, i fumetti e le serie tv in ogni loro forma, accademica e nerd/pop. Si dice che preferisca dire ciò che pensa con la scrittura in luogo della voce, ma non si hanno prove a riguardo.

Vedi tutti gli articoli di Ciro Gianluigi Barbato

Commenta