Ab Urbe Condita: significato, storia e l’opera di Tito Livio
Il significato di Ab Urbe Condita: il sistema di datazione di Roma
L’espressione latina Ab Urbe Condita (letteralmente “da quando la Città è stata fondata”, resa più comunemente come “dalla fondazione di Roma”) identifica un sistema di calcolo degli anni che prese piede tra i Romani a partire dalla fine del periodo repubblicano. Gli anni venivano computati partendo dal 753 a.C., la data che l’erudito Marco Terenzio Varrone aveva fissato ai tempi di Giulio Cesare per la fondazione di Roma, l’Urbe per eccellenza. La “data varroniana” fu ricavata fissando al 509 a.C. il primo anno della Repubblica e attribuendo 35 anni di regno a ciascuno dei sette re di Roma. La storiografia moderna, tuttavia, privilegia l’ipotesi di una progressiva riunione di villaggi preesistenti, un fenomeno di sinecismo urbano.
Ab Urbe Condita libri: il capolavoro monumentale di Tito Livio
Ma Ab Urbe Condita è anche il titolo della monumentale opera dello scrittore e storico latino Tito Livio. Nato a Padova nel 59 a.C., Livio intraprese la grandiosa impresa di narrare l’intera storia di Roma, dalle mitiche origini fino ai suoi tempi. Lavorò a questa fatica per tutta la vita, pubblicandola in sezioni. L’opera completa si componeva di 142 libri, che coprivano il periodo dal 753 a.C. fino alla morte di Druso nel 9 a.C., con la probabile intenzione di arrivare a 150 libri per includere la morte di Augusto. Purtroppo, a noi sono giunti solo 35 libri: i primi dieci e il blocco dal 21 al 45. A causa della sua enorme lunghezza, già nell’antichità l’opera originale fu spesso sostituita da brevi riassunti, le Perìochae, che ci hanno permesso di conoscere il contenuto dei libri perduti.
La struttura dell’opera: il metodo annalistico e le decadi
L’impianto dell’opera è rigorosamente basato sul metodo annalistico, con la narrazione distribuita anno per anno. Per non spezzare la cronologia, Livio a volte interrompe il racconto di un evento per riprenderlo nell’anno successivo. L’opera era organizzata in sezioni autonome, spesso raggruppate in decadi (gruppi di dieci libri). Noi possediamo integralmente la prima, la terza, la quarta decade e metà della quinta. Questa struttura permise a ogni sezione di avere una sua coerenza interna; la terza decade, per esempio, è un’opera unitaria sulla Seconda Guerra Punica.
L’analisi dei contenuti: dalle origini alla seconda guerra punica
Nel Libro I si narrano le origini leggendarie di Roma, dove la vera protagonista non sono i re, ma la Città stessa, che getta le basi della sua futura grandezza. I Libri II-X, considerati tra i più belli, descrivono la crescita di Roma attraverso i valori del mos maiorum, personificati da eroi esemplari. La terza decade (21-30), dedicata alla Seconda Guerra Punica, è un capolavoro di drammaticità: i primi cinque libri sono dominati dalla figura di Annibale e dalle sconfitte romane; gli ultimi cinque narrano la lenta ripresa fino alla vittoria finale di Scipione l’Africano, l’antagonista ideale del condottiero cartaginese.
La politica estera e la crisi dei costumi nella quarta decade
Nella quarta decade (31-40), la narrazione si fa più fiacca. La politica estera di Roma diventa imperialistica e, secondo Livio, l’enorme ricchezza acquisita inizia a corrompere i costumi. Roma giustifica le sue conquiste con la clementia verso i vinti e l’aiuto offerto agli alleati, ma di fatto espande il suo dominio. Livio, attraverso le parole dei suoi personaggi, fa emergere questa ambiguità, pur senza condannarla direttamente.
Lo scopo di Ab Urbe Condita: un’opera per la restaurazione morale
Dalla prefazione generale dell’opera emerge chiaramente la finalità di Livio: il racconto storico deve avere un fine didascalico e morale. Profondamente patriottico, Livio crede che la grandezza di Roma sia legata alle antiche virtù, ora trascurate nel suo presente. Avendo vissuto il trauma delle guerre civili, egli vede nel principato di Augusto un’epoca di restaurazione. La sua opera si inserisce perfettamente in questo clima, offrendo un grande repertorio di exempla, modelli di comportamento positivi e negativi. Livio vuole celebrare la Roma idealizzata del passato per ispirare i suoi contemporanei, mostrando come il rispetto dei valori e dei riti religiosi porti alla gloria, mentre la discordia e l’empietà conducano alla rovina.
Lo stile di Tito Livio: tra storiografia e letteratura
Il talento di Tito Livio non è quello dello storico scientifico moderno, ma quello del grande scrittore. Egli costruisce un racconto avvincente e drammatico, nonostante la rigidità dell’impostazione annalistica. Padroneggia lo stile della storiografia tragica di età ellenistica, arricchendo la narrazione con discorsi diretti, suspense e un forte pàthos. Alterna brani ricchi di tensione ad altri più descrittivi, mantenendo sempre vivo l’interesse del lettore. La sua non è una ricerca della verità fattuale a ogni costo, ma la costruzione di un’epopea nazionale che ha plasmato l’immagine di Roma per i secoli a venire, influenzando profondamente pensatori come Niccolò Machiavelli, che dedicò i suoi Discorsi proprio alla prima decade di Livio.
Immagine per l’articolo su Ab Urbe Condita: Pixabay
Nunzia Serino