Il termine peplum è usato per indicare un genere del cinema italiano del Novecento che mescola elementi storici, mitologici e biblici. Rappresenta l’alternativa nostrana ai kolossal “spada e sandalo” di Hollywood e prende il nome dalla traduzione latina del greco πέπλος (péplos), ovvero l’abito femminile indossato nella Grecia antica.
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Il cinema peplum come risposta europea a hollywood
Gli studiosi Maria Pia Comand e Roy Menarini, nel loro volume Il cinema europeo, affermarono che l’industria cinematografica del Vecchio Continente (principalmente quella italiana, francese e spagnola) dovette affrontare il crescente e concorrenziale interesse degli spettatori verso i film hollywoodiani. I produttori decisero di affrontare i rivali seguendo due strategie diverse: proporre prodotti nuovi (gli horror della Hammer con Christopher Lee o le commedie della Ealing Studios) oppure riprendere i generi statunitensi rileggendoli in chiave europea, come avvenne con i film western prodotti in Italia. Il peplum si inserisce in questa seconda categoria, fingendo talvolta di essere produzioni americane per attrarre il pubblico.
Le origini: il kolossal italiano del cinema muto
Le radici del cinema peplum risalgono all’epoca del muto, con pellicole come Gli ultimi giorni di Pompei (1913) di Eleuterio Rodolfi e Quo Vadis? (1913) di Enrico Guazzoni. Nel 1914 arrivò nelle sale Cabiria, diretto da Giovanni Pastrone e sceneggiato da Gabriele D’Annunzio, con Bartolomeo Pagano nei panni del forzuto Maciste. Il film, ambientato durante la Seconda Guerra Punica, fu un successo enorme e viene considerato il primo vero kolossal della storia del cinema, come testimoniato dagli archivi del Museo Nazionale del Cinema di Torino. Il personaggio di Maciste divenne così popolare da diventare protagonista di diverse altre pellicole.
Epoca del peplum | Caratteristiche principali |
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Proto-peplum (anni ’10) | Produzioni monumentali e serie, cinema muto, forte impianto letterario (d’annunzio), nascita dell’eroe forzuto (maciste). |
Età d’oro (anni ’50-’60) | Produzioni a basso costo, sonoro, ironia, focus sul culturismo (steve reeves), trame avventurose e fantastiche. |
La rinascita a cinecittà e il successo di ercole
Il genere peplum come lo intendiamo oggi nacque dopo che la Metro-Goldwyn-Mayer girò il kolossal Quo Vadis (1951) di Mervyn LeRoy negli studi di Cinecittà. Il suo successo spinse i produttori statunitensi a tornare a girare a Roma (la cosiddetta “Hollywood sul Tevere”), come nel caso di Ben-Hur (1959). Questo, come sottolinea lo studioso Stefano Della Casa nell’enciclopedia del cinema della Treccani, rafforzò la fantasia dei produttori italiani, che si distinsero dai modelli hollywoodiani per una forte dose di ironia, l’uso ingegnoso di effetti speciali a basso costo e la presenza di culturisti nel ruolo di protagonisti.
Un primo esempio fu Ulisse (1954) di Mario Camerini con Kirk Douglas, ma il film che diede il via al filone fu Le fatiche di Ercole (1958), diretto da Pietro Francisci. Il suo successo fu dovuto alla presenza di Mario Bava agli effetti speciali e dell’attore e culturista Steve Reeves. Una vicenda ispirata alle Argonautiche di Apollonio Rodio, un divo muscoloso e spettacolari effetti speciali contribuirono al successo del film, che fu esportato anche negli USA e generò il seguito Ercole e la regina di Lidia (1959). Altri eroi come Sansone e Ursus si aggiunsero presto, interpretati da attori come Mark Forest e Gordon Scott.
Tra gli altri titoli importanti del periodo si ricordano Il colosso di Rodi (1961), esordio alla regia di Sergio Leone, e il kolossal italo-statunitense La Bibbia (1966) di John Huston. Il filone portò anche a produzioni con budget sempre più ridotti e incroci bizzarri, come in Zorro contro Maciste (1963).
Lo schema ripetitivo che decretò la fine del genere peplum
Lo schema narrativo rigido e i topoi prestabiliti portarono alla nascita di diverse parodie, come Totò contro Maciste (1962) e Maciste contro Ercole nella valle dei guai (1961) con Franco & Ciccio. Questi film segnarono la fine del genere peplum, con il pubblico che si spostò verso gli spaghetti-western, inaugurati da Per un pugno di dollari (1964) dello stesso Leone. Un tardivo tentativo di rivitalizzare il genere fu Hercules (1983) con il bodybuilder Lou Ferrigno, che nonostante le pessime recensioni ottenne un discreto successo e un seguito due anni dopo.
Fonte immagine: Wikimedia Commons
Articolo aggiornato il: 16/09/2025