To the Moon: una promessa oltre i confini del tempo

To the moon

Che valore ha una promessa? La risposta a questa domanda non è così scontata: essa varia in base al contesto, al momento della vita in cui ci si trova nel momento in cui questa viene fatta, alla persona a cui è rivolta, al suo scopo. Certo è che la promessa fatta da un bambino, che al momento può sembrare così fondamentale ed eterna, nella maggior parte dei casi non è destinata a rimanere tale: molte delle promesse che abbiamo fatto durante l’infanzia le abbiamo dimenticate, ed altre, ripensandoci da adulti, altro non evocano che un nostalgico sorriso. Eppure una promessa fatta a cuor leggero, dettata dall’ingenuità dell’infanzia, può essere molto più che un pensiero fugace: può dar vita a un desiderio. È questo l’elemento cruciale di To the Moon, capolavoro videoludico di Kan Gao, sviluppato e pubblicato dallo studio indipendente Freebirds Game. To the Moon è una di quelle storie che, dopo averle conosciute, non ci si toglie più dalla testa: ma procediamo con ordine per parlare di quest’opera che, più che un videogioco di genere adventure, risulta essere una suggestiva e toccante visual novel.

Attenzione: l’articolo contiene spoiler sulla trama di To the Moon. Se non lo avete ancora giocato e desiderate farlo, vi sconsigliamo di proseguire nella lettura!

L’ultimo desiderio, il sogno più grande

Johnny Wyles è un uomo anziano e ormai prossimo alla morte, che vive con la badante Lily e i figli di lei, Sarah e Tommy, in una grande casa su una scogliera, a due passi da un faro. Nel corso della sua vita, Johnny è riuscito a raggiungere diversi obiettivi, ma il suo sogno più grande, quello che porta con sé da sempre, è stato messo da parte e pare essere destinato a rimanere irrealizzato; fortunatamente, non sarà così… o, perlomeno, non nei suoi ricordi.
La Sigmund Agency of Life Generation è un’azienda che offre un servizio piuttosto particolare: si occupa di impiantare dei ricordi artificiali alle persone in punto di morte, in modo che queste possano addormentarsi serene, con la convinzione di essere riuscite a realizzare il loro desiderio più grande. Di questa fanno parte la dottoressa Eva Rosalene e il dottor Neil Watts, che si recano nell’abitazione di Johnny per aiutare l’uomo a realizzare il suo ultimo desiderio: andare sulla luna. Ma, per far sì che questo possa avvenire, i due dovranno addentrarsi nei ricordi di Johnny, in modo da poterli manipolare: non è possibile instillare un falso ricordo senza che questo venga reso coerente con il proprio vissuto.

Questi sono i presupposti su cui si apre To The Moon: il giocatore è pronto ad addentrarsi, quindi, in un viaggio tra i ricordi che, come ben si sa, possono trarre in inganno. La memoria e i sogni spesso trasportano in un labirinto che, se descritto nel modo giusto, può risultare parecchio intrigante: sotto questo punto di vista, la storia narrata in questo videogioco può essere accostata a titoli cinematografici come Memento o Eternal Sunshine of the Spotless Mind.

Cosa sarebbe successo se…?

Cosa saremmo ora, come sarebbe andata la nostra vita se in un certo momento le cose fossero andate diversamente, se avessimo preso una decisione diversa? Questa domanda, un interrogativo che chiunque si ritrova a porsi nella vita, è ciò che è alla base del progetto della Sigmund Agency of Life Generation, oltre ad essere una delle tematiche più importanti di To The Moon. Per far sì che Johnny possa essere andato sulla luna, qualcosa nella sua vita dovrà essere cambiato: è necessario comprendere da dove derivi il suo desiderio ed è necessario, a mano a mano, eliminare gli ostacoli che da quel momento in poi gli hanno impedito di raggiungerlo, costringendolo a metterlo da parte. Inizia, così, il viaggio nella memoria dell’uomo, un percorso a ritroso tra tutti i suoi ricordi, alla ricerca dei punti di svolta, delle decisioni cruciali. Ben presto, Rosalene e Watts incontreranno una donna: River, l’amata moglie di Johnny, deceduta da qualche anno, che giace sepolta proprio accanto al faro. È parecchio bizzarra, River: la donna è solita realizzare origami a forma di coniglio, che ha disseminato in tutta la casa, e non si separa mai da un peluche a forma di ornitorinco, che porta sempre tra le sue braccia. River risulta essere, inoltre, particolarmente legata alla figura del faro, a cui ha addirittura dato un nome: Anya. Ma Johnny amava profondamente River, tanto da esaudire il suo desiderio di costruire una casa sulla scogliera in cui andare a vivere, per far sì che la moglie potesse essere sempre vicina alla sua Anya.
Johnny e River sono legati fin dagli anni del liceo; anzi, River pare essere l’unico elemento cruciale nella vita di Johnny, almeno dalla sua giovinezza. Non vi è traccia del desiderio dell’uomo di andare sulla luna. L’unica possibilità, per Rosalene e Watts, è di ricercarne l’origine ancora prima, nell’infanzia di Johnny.

 Un amore che va oltre i confini del tempo

I ricordi infantili di Johnny risultano essere fumosi e indefiniti: sembra che l’uomo non ricordi nulla della propria infanzia, come se qualcosa avesse corrotto la sua memoria. E i due dottori scoprono presto il perché. Si arriva, quindi, al principale punto di svolta di To the Moon: un ricordo rimosso, un trauma. La tragica scomparsa del fratello gemello Joey quando i due erano solo bambini: a causa di questo trauma e dai betabloccanti che gli vengono somministrati dalla madre, Johnny non ricorderà più nulla della sua infanzia, neanche di aver avuto un gemello. Neanche della promessa fatta a una bambina dai capelli ramati. Ma River, lei sì.
I due innamorati si erano, infatti, incontrati casualmente da bambini: la piccola River, in quell’occasione, rivela a Johnny di essere ossessionata dalle stelle, che considera come dei fari del cielo. Indica poi la luna, nella quale intravede la forma di un coniglio. Affascinato dalla bambina, Johnny le promette che, in caso non dovessero vedersi mai più, si rincontreranno proprio lì, nella pancia del coniglio, sulla luna. Le regala, poi, un peluche a forma di ornitorinco, che River continuerà a portare sempre con sé.

La memoria può essere qualcosa di meraviglioso, ci insegna To the Moon. E l’amore può essere qualcosa di ancor più straordinario. River non ha mai dimenticato Johnny: ha cercato per tutta la vita di ricordargli di quel loro primo, magico incontro, della loro promessa, che per lei non ha mai perso il suo significato. E non l’ha perso neanche per Johnny, nonostante quel ricordo non sia per lui, poi, così nitido: perché ha sempre desiderato andare sulla luna, ha sempre saputo che fosse importante, pur senza riuscire a mettere a fuoco il motivo.

Ma come fare, quindi, a far sì che Johnny rimanga saldo sul suo obiettivo di andare sulla luna? L’unica soluzione sembra essere quella di eliminare dalla sua memoria i ricordi di River dopo quel primo incontro, il che introduce un altro tema fondamentale all’interno della storia: vale la pena rinunciare a ciò che ci è più caro per realizzare i propri scopi? Vi è la possibilità di far coesistere le due cose?
Mentre il giocatore si interroga su questo, fortunatamente, la dottoressa Rosalene riesce a trovare una terza via. La tensione drammatica si spezza, aprendo la strada a un inaspettato lieto fine, privo di qualsivoglia retrogusto amaro. L’incontro al liceo di River e Johnny viene eliminato dai ricordi dell’uomo, ma viene instillato anche il ricordo di una vita in cui Joey non è mai morto. I ricordi dell’infanzia di Johnny rimangono, quindi, intatti; l’uomo mantiene intatto il suo desiderio sulla luna, tanto che riesce a diventare un astronauta. Nel corso del suo lavoro, si innamora perdutamente di una collega: una ragazza dai capelli ramati, che è entrata nel programma della NASA per una promessa che le è stata fatta da un bambino tanti anni prima. Perché il legame tra Johnny e River non si può spezzare, in nessuna linea temporale – o meglio, in nessun insieme di ricordi, reali o fittizi che siano. Anche se è nato da una sciocca promessa infantile.

Parole e musica che incantano

Questa è la storia narrata in To the Moon, attraverso una grafica retro e per nulla sofisticata: il videogioco è in pixel art, le immagini sono prive di dettagli, di colori vibranti, di effetti speciali suggestivi. A trasportare il giocatore all’interno della storia, intrigarlo e emozionarlo sono le parole, espresse attraverso i dialoghi. Ma la trama è così ben scritta e toccante che si ha l’impressione di avere tutto davanti ai propri occhi: la luna, le stelle, gli origami, il faro. Ad arricchire ciò vi è una colonna sonora particolarmente suggestiva ed evocativa: ad eccezione della canzone Everything’s Alright di Laura Shigihara, le tracce sono state composte dallo stesso Kan Gao. Si tratta di brani eseguiti al piano, che fungono da accompagnamento musicale per tutto il corso della storia, a partire dal menù del gioco, esprimendone tutta la malinconia e il romanticismo.

Un tocco di leggerezza

A non far trascorrere il giocatore tutto il tempo impiegato per completare To the Moon immerso in un mare di lacrime ci penseranno i due dottori, Rosalene e Watts. Le personalità della fredda e professionale Rosalene e del giocoso Watts, sempre pronto a tentare di sdrammatizzare la situazione, finiscono per entrare spesso in conflitto, dando vita a una serie di gag piuttosto divertenti, sempre in grado di strappare un sorriso. Le varie citazioni di Watts alla cultura pop – come l’esclamare spesso «kamehameha!» – contribuiscono ad alleggerire l’atmosfera drammatica della storia, ma anche a creare ulteriore immedesimazione nel giocatore – il quale si ritroverà a muovere proprio uno dei due dottori.

In definitiva, To the Moon è un titolo che merita assolutamente di essere giocato, o meglio, vissuto, essendo il gameplay ridotto piuttosto all’osso. Non sarà uno dei videogiochi più dinamici sul mercato, né uno di quelli visivamente più spettacolari, ma è in grado di entrare nel cuore di chiunque, lasciando una traccia indelebile nei vostri ricordi.

Immagine in evidenza da Wikipedia

A proposito di Paola Cannatà

Studentessa magistrale presso l'Università degli studi di Napoli "L'Orientale". Le mie più grandi passioni sono i peluche e i film d'animazione Disney, ma adoro anche cinema, serie TV e anime (soprattutto di genere sci-fi), i videogiochi e il buon cibo.

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