Il mito di Orfeo ed Euridice al Museo del Sottosuolo di Napoli

Orfeo ed Euridice

Il racconto dell’infelice storia d’amore di Orfeo ed Euridice ha preso vita, sabato 5 maggio, tra le pareti dell’acquedotto Greco-Romano del Museo del Sottosuolo (piazza Cavour, 140), attraverso uno spettacolo itinerante portato in scena dall’associazione Tappeto volante.

A circa 21 metri sottoterra, tra pareti di tufo e luci soffuse, il dio Apollo accoglie di spettatori e li accompagna lungo il percorso in cui si snodano le tristi vicende di suo figlio Orfeo e della sua bella moglie Euridice, attraverso luci ed ombre di uno dei luoghi più suggestivi della Napoli Sotterranea.

Il mito, raccontato da Ovidio nelle Metamorfosi (libro 10, vv. 1-77), narra della discesa negli Inferi di Orfeo, cantore e musico tracio, alla ricerca di sua moglie, la ninfa Euridice. La donna, infatti, scappando via da Aristeo, fratellastro di Orfeo che di lei si era invaghito, fu morsa da un serpente e morì all’istante. L’innamorato Orfeo, disperato per la morte prematura della sua bella moglie, decise di scendere negli Inferi per pregare Plutone e Proserpina, signori dell’aldilà, di riportare indietro con sé Euridice.

Dopo aver affrontato mille peripezie durante il suo ingresso nell’Ade, Orfeo riesce a commuovere con il suo canto e la sua lira tutte le anime dei peccatori, come Sisifo, Issione e Tantalo, che ammaliati dalla sua musica, smettono di scontare la loro pena, ed infine ottiene da Plutone e Proserpina che Euridice faccia con lui ritorno. Ma ad una condizione: non si sarebbe dovuto voltare a guardarla fino a quando non fossero usciti dall’Ade.

La storia di Orfeo ed Euridice: amore e morte nel Museo del Sottosuolo

Ma l’amore tra Orfeo ed Euridice non è destinato al lieto fine: non lontano dall’uscita dell’Ade, l’uomo si volta e guarda in viso Euridice, contravvenendo al patto stipulato con i signori degli Inferi. La donna sprofonda così nuovamente nel regno dei morti, questa volta per sempre.

Tra musica, coreografie e canzoni inedite che accompagnano gli spettatori in un viaggio di emozioni e suggestioni, gli attori mettono in scena una delle storie più romantiche ed allo stesso tempo struggenti del mito, sotto la vigile guida del dio Apollo. Non senza momenti di ironia e comicità, il dio racconta i retroscena della storia e guida il pubblico nel passaggio da una scena all’altra, fino ad arrivare all’epilogo della vicenda, quando Orfeo, vagando per i boschi, solo con il suo canto e la sua lira, viene fatto a pezzi dalle Baccanti.

A rendere commuovente e toccante il finale dello spettacolo, giungono le note di Che farò senza Euridice di Christoph Willibald Gluck, cantata da Luciano Pavarotti, che, accompagnando la proiezione dell’ultima scena, quella della trasformazione di Orfeo nella costellazione della Lira, suggellano la fine di una delle storie d’amore più romantiche ed infelici di tutti i tempi.

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A proposito di Felicia Tafuri

Dottoranda di ricerca in Filologia classica. Seguace del "se non vedo, non credo", vivo sempre zaino in spalla, in cerca di storie da raccontare.

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