4 luglio 1776: nascono gli Stati Uniti d’America

4 luglio 1776

4 luglio 1776: Il Congresso continentale adottò la Dichiarazione di indipendenza, segnando la nascita degli Stati Uniti d’America.

Il 4 luglio 1776 è una giornata cruciale nella storia della civiltà occidentale. In questo giorno i membri del Congresso continentale (che rappresentavano le famose tredici colonie inglesi su elezione locale) firmarono la Dichiarazione d’indipendenza nel corso di un lungo conflitto contro la madrepatria in Europa.

La Dichiarazione d’indipendenza venne redatta dal pensatore e politico Thomas Jefferson; il quale sanciva, attraverso il suo documento, la nascita degli Stati Uniti d’America. L’atto giuridico presentava ulteriori novità ai primi lettori, quelle novità figlie della cultura illuminista e massonica: gli individui (di sesso maschile e bianchi) erano considerati cittadini liberi, la forma di governo scelta era la repubblica, si ribadiva il diritto alla libertà e alla felicità e si cancellavano i privilegi degli aristocratici. Come si era arrivati ad una rivoluzione del genere? 

Le tredici colonie sulla costa dell’Oceano atlantico, quali erano i possedimenti degli inglesi? 

Come ben sappiamo, i colonizzatori inglesi arrivarono in America nel XVII secolo e si stabilirono sulle coste dell’Oceano atlantico. Si trattava di un territorio che si estendeva dall’attuale stato del New Hampshire fino alla Georgia. Certamente era un dominio molto piccolo rispetto a quello della Spagna (un territorio che iniziava dalla California fino all’Argentina, includendo le isole dei Caraibi e la Florida), del Portogallo (l’attuale territorio brasiliano) e della Francia (che includeva il territorio della Louisiana, lungo corso del fiume Mississippi, fino all’attuale Canada centrale). Lo storico Massimo Luigi Salvadori afferma, in una sua voce del Dizionario Treccani, che le Tredici colonie si differenziavano tra loro per economia e clima: 

L’area settentrionale era popolata in prevalenza da immigrati di origine inglese e puritani [..]. L’agricoltura era fiorente e la terra era in gran parte nelle mani di piccoli e medi proprietari. La pesca aveva un ruolo importante e il commercio era sviluppato. Anche nelle colonie dell’area centrale prosperava l’agricoltura, ma il ceto dominante era costituito da agiati commercianti. Assai alta era la componente della popolazione venuta dalla Germania e dall’Olanda. Qui era forte il senso della tolleranza religiosa, data la molteplicità delle sette protestanti. L’area meridionale aveva caratteristiche che la rendevano profondamente diversa dalle altre regioni. I centri urbani erano poco sviluppati e l’economia riceveva la sua impronta dalle grandi piantagioni, proprietà di un ceto di aristocrazia agraria di bianchi che si avvaleva del lavoro di schiavi neri. La Chiesa dominante era quella anglicana [..]. Nel suo complesso la popolazione, agli inizi del Settecento intorno a 1.700.000 abitanti, alla fine del secolo ammontava a circa 4 milioni, di cui per un decimo neri. (Fonte: Salvadori Massimo L., Rivoluzione americana in Enciclopedia dei ragazzi, 2006)

Il Grande risveglio religioso e la Guerra dei sette anni, lo scontro tra Francia e Inghilterra divise le tribù di nativi americani

La presenza di coloni di origini olandesi e tedeschi aveva permesso l’arrivo in America di fedi della “galassia protestante”. Ciò fu un vantaggio per lo sviluppo socio-economico, si diffuse l’idea di un’etica del lavoro e svolgere una professione era considerato gratificante che metteva l’uomo in sintonia con Dio (come affermato dallo storico Frank Trentmann nel suo volume L’impero delle cose. Come siamo diventati consumatori. Dal XV al XXI secolo). Gli storici parlano del Grande risveglio tra il 1730 e il 1740; un’ondata di predicatori attraversò le colonie, ma non si trattò del solo evento che cambiò le sorti di quelle idilliache colonie.

Nel 1756 scoppiò un conflitto (in seguito battezzato Guerra dei sette anni) tra due fazioni opposte: l’alleanza anglo-prussiana (con il sostegno alcuni piccoli principati tedeschi) contro quella franco-sassone-asburgica con la Spagna. I regni europei combatterono in tutto il globo. In primis c’era l’Europa centrale, dove l’esercito austriaco degli Asburgo affrontò quello prussiani per scacciarli dalla Sassonia, mentre i francesi e gli inglesi guerreggiavano nelle colonie in India e nelle Americhe.

Le operazioni belliche sul fronte nordamericano sono ricordate come parte della Guerra franco-indiana, nella quale (come afferma il Dizionario di Storia dell’Enciclopedia Treccani) si scontrarono gli irochesi e gli inglesi contro le truppe francesi e le restanti tribù native americane (la vicenda ci viene raccontata da James Fenimore Cooper nel suo romanzo L’Ultimo dei Mohicani). 

Prima del 4 luglio 1776, come cambiarono i rapporti tra madrepatria e colonie dopo la Guerra dei sette anni

Nel 1763 il conflitto terminò e la situazione in Nord America era cambiata. L’Inghilterra si era impossessata della Florida (sottratta agli spagnoli) e della Louisiana francese (assieme al Canada). Inoltre, il governo decise di inasprire le tasse da far pagare ai coloni (venne introdotta la Stamp act, ovvero la legge che obbligava l’uso del bollo), impedì di espandersi nell’entroterra (per evitare problemi con le tribù amerindie) e aumentò il contingente militare coloniale. Il 5 marzo del 1770, un gruppo di soldati britannici fucilò dei manifestanti a Boston uccidendone cinque e in tutto il territorio coloniale aumentò la tensione.

Nel 1773 il sovrano Giorgio III introdusse la Legge sul tè (Tea act), i coloni americani avrebbero dovuto pagare una tassa per il tè importato nel loro paese. Il 16 dicembre del 1773, un gruppo di giovani (aderenti alla società segreta Figli della libertà) entrò nel porto di Boston e fermò una nave britannica gettando delle casse di tè in mare come segno di protesta. I ragazzi vestivano gli indumenti dei nativi americani e godettero del sostegno degli abitanti della città. I vari politici e avvocati affermavano che le leggi imposte dalla madrepatria erano inaccettabili, per questo motivo organizzarono un raduno nella città di Filadelfia l’anno successivo. Ben cinquantasei delegati dichiararono i diritti dei coloni e organizzarono il boicottaggio delle merci inglesi, l’episodio che suscitò l’ira della monarchia.

Il prosieguo della guerra dopo la Dichiarazione d’indipendenza del 4 luglio 1776

Il conflitto tra coloni ribelli (guidati dal futuro presidente George Washington) e le truppe inglesi (appoggiati dai Lealisti, coloro che non volevano la secessione) iniziò nel 1775, quando ci si rese conto che non si trattava più di una rivolta. I coloni e i Padri fondatori chiedevano l’indipendenza e la nascita di un nuovo stato di stampo repubblicano, inoltre dovevano essere “tagliati tutti i legami con l’Inghilterra”.

Dopo la firma della Dichiarazione di indipendenza in quel fatidico 4 luglio 1776, la guerra continuò con l’aiuto di truppe di “volontari” come il nobile francese (che condivideva gli ideali dell’Illuminismo più moderato) Marie-Joseph marchese di La Fayette e il polacco Tadeusz Kosciuszko. Grazie ad essi, gli americani sconfissero gli inglesi a Saratoga Springs e in altre battaglie. Seguirono anche l’arrivo di battaglioni regolari provenienti dalla Francia, dalla Spagna e dall’Olanda per aiutare i soldati di Washington. Nel 1781 a Yorktown (Virginia), le truppe franco-americane sconfissero quelle nemiche. L’anno successivo l’Inghilterra accettò la resa e gli Stati Uniti nacquero ufficialmente

Fonte immagine di copertina dell’articolo “4 luglio 1776: Il Congresso continentale adottò la Dichiarazione d’indipendenza”: Pixabay

A proposito di Salvatore Iaconis

Laureato in Filologia moderna presso l'Università Federico II di Napoli il 23 febbraio 2024. Sono stato un lettore onnivoro fin da piccolo e un grande appassionato di libri e di letteratura, dai grandi classici letterari ai best-seller recenti, e grande ammiratore dei divulgatori Alberto e Piero Angela. Oltre ad adorare la letteratura, la storia antica e la filosofia, sono appassionato anche di cinema e di arte. Dal 26 gennaio 2021 sono iscritto all'Albo dei Giornalisti continuando a coltivare questo interesse nato negli anni liceali.

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