L’affare Dreyfus (in francese, affaire Dreyfus) fu un clamoroso conflitto politico e sociale che scosse la Terza Repubblica francese alla fine dell’Ottocento, diventando uno degli episodi più emblematici di antisemitismo e di errore giudiziario della storia moderna. La vicenda ruota attorno a un’ingiusta accusa di spionaggio e alto tradimento mossa contro un capitano dell’esercito di origine ebraica, trasformandosi in una battaglia che divise l’opinione pubblica e svelò le profonde tensioni della società francese.
Indice dei contenuti
- Il contesto storico: nazionalismo e antisemitismo nella Francia di fine ‘800
- L’accusa a Dreyfus: come iniziò l’affare
- I protagonisti dell’affare Dreyfus e i loro ruoli
- L’intervento di Émile Zola: il “J’accuse” che cambiò tutto
- La revisione del processo e lo scontro tra dreyfusardi e anti-dreyfusardi
- La riabilitazione finale e l’eredità dell’affare Dreyfus
Il contesto storico: nazionalismo e antisemitismo nella Francia di fine ‘800
Dopo la sconfitta nella guerra franco-prussiana (1870-1871), la Francia passò dall’Impero di Napoleone III alla Terza Repubblica, un periodo segnato da forti tensioni interne tra monarchici e repubblicani. In questo clima, come in gran parte d’Europa, si diffuse un aggressivo nazionalismo, spesso alimentato dall’antisemitismo. L’ostilità contro gli ebrei, presente in Europa fin dal Medioevo, si trasformò. Non era più solo una questione religiosa (l’accusa di “deicidio”), ma si fuse con il nuovo razzismo scientifico, che considerava gli ebrei una “razza” diversa e inferiore. Questa ideologia fornì il terreno fertile per cercare un capro espiatorio, preannunciando le tragedie del Novecento come l’Olocausto.
L’accusa a Dreyfus: come iniziò l’affare
Tutto ebbe inizio con il ritrovamento di un foglio, noto come “bordereau”, destinato all’addetto militare dell’Ambasciata tedesca a Parigi, che elencava documenti militari riservati. La grafia fu frettolosamente attribuita a Alfred Dreyfus, un capitano d’artiglieria ebreo di origine alsaziana. Nonostante il suo noto patriottismo, Dreyfus era il sospettato ideale: era ebreo, e lo Stato maggiore dell’esercito aveva bisogno di un colpevole per coprire lo scandalo. Il 22 dicembre 1894, dopo un processo sommario basato su prove deboli e falsificate, Dreyfus fu condannato per alto tradimento alla deportazione a vita sull’Isola del Diavolo.
I protagonisti dell’affare Dreyfus e i loro ruoli
| Protagonista | Ruolo nella vicenda |
|---|---|
| Alfred Dreyfus | Capitano ebreo, accusato ingiustamente di tradimento e capro espiatorio dell’affare. |
| Ferdinand Walsin Esterhazy | Il vero traditore e autore del documento che incastrò Dreyfus, protetto dai vertici militari. |
| Georges Picquart | Capo dei servizi segreti che scoprì l’innocenza di Dreyfus e fu per questo allontanato e perseguitato. |
| Émile Zola | Scrittore e intellettuale che, con il suo articolo “j’accuse”, rese il caso di dominio pubblico internazionale. |
L’intervento di Émile Zola: il “J’accuse” che cambiò tutto
Inizialmente Dreyfus fu abbandonato da quasi tutti. La sua innocenza fu sostenuta solo dalla moglie e dal fratello, finché il maggiore Georges Picquart, nuovo capo dei servizi segreti, non scoprì le prove che scagionavano Dreyfus e accusavano il maggiore Ferdinand Walsin Esterhazy. Allontanato per aver sfidato i vertici militari, Picquart non si arrese. La sua scoperta, tuttavia, accese il dibattito pubblico. La svolta arrivò con l’intervento dello scrittore Émile Zola. Il 13 gennaio 1898, sul giornale L’Aurore, pubblicò una lettera aperta al Presidente della Repubblica dal titolo “J’accuse…!”. In questo atto d’accusa, Zola denunciava pubblicamente i generali e i funzionari che avevano cospirato per condannare un innocente. L’articolo, il cui testo è oggi un simbolo della libertà di stampa, ebbe un’eco enorme, trasformando un caso giudiziario in un affare politico nazionale. Zola fu processato per diffamazione e costretto all’esilio, ma il suo gesto rese impossibile ignorare la verità.
La revisione del processo e lo scontro tra dreyfusardi e anti-dreyfusardi
L’intervento di Zola spaccò la Francia in due: i dreyfusardi (intellettuali, socialisti e repubblicani radicali che difendevano i diritti dell’uomo) e gli anti-dreyfusardi (nazionalisti, clericali e monarchici che davano priorità all’onore dell’esercito). Sotto la pressione pubblica, la Corte di Cassazione annullò la sentenza del 1894 e ordinò la revisione del processo. Dreyfus tornò dall’Isola del Diavolo per affrontare un nuovo processo a Rennes nel 1899. Nonostante le prove della sua innocenza fossero ormai evidenti, in un verdetto illogico, fu nuovamente dichiarato colpevole di tradimento, ma con “attenuanti”, e condannato a 10 anni. Per porre fine allo scandalo che stava lacerando il paese, il governo gli offrì la grazia, che Dreyfus, esausto, accettò pur di tornare libero, senza però che la sua innocenza venisse formalmente riconosciuta.
La riabilitazione finale e l’eredità dell’affare Dreyfus
La piena riabilitazione di Alfred Dreyfus arrivò solo nel 1906, quando una sentenza della Corte di Cassazione annullò il verdetto di Rennes senza rinvio, riconoscendolo innocente e reintegrandolo nell’esercito. L’affare Dreyfus, come spiegato da fonti autorevoli come l’enciclopedia Treccani, non fu solo un errore giudiziario. Fu il sintomo di un antisemitismo radicato, la dimostrazione del potere della stampa e della mobilitazione degli intellettuali, e una crisi profonda che definì la natura laica e repubblicana della Francia moderna. Come scrisse Indro Montanelli, fu il “prodromo di Auschwitz”, un avvertimento su dove possono condurre il razzismo e la subordinazione della giustizia alla ragion di Stato.
Articolo aggiornato il: 06/10/2025

