L’Eneide di Virgilio: la mitica fondazione di Roma

L'Eneide di Virgilio: la mitica fondazione di Roma

L’Eneide è un poema epico in esametri scritto da Virgilio tra il 29 a.C. e il 19 a.C. Con un totale di 9.896 esametri, l’Eneide è suddivisa in dodici libri e narra le vicende immediatamente successive alla fine della guerra di Troia, quando Enea salpa per adempiere al suo destino: fondare Roma e diventare il progenitore del futuro popolo romano. L’Eneide si apre in medias res: la nave di Enea alla volta del Lazio viene spinta verso la Libia, a Cartagine, per opera del dio Eolo, sotto imperativo di Giunone. La dea, infatti, poco simpatizzava per i troiani: Paride non l’aveva scelta come la dea più bella tra le belle (preferendo Venere), Ganimede fu scelto come coppiere al posto di sua figlia Ebe e Cartagine era destinata ad essere distrutta dai troiani.
A Cartagine Enea verrà ospitato dalla regina Didone alla quale, durante un banchetto organizzato in onore dei troiani, racconterà gli antefatti che lo avevano portato ad approdare proprio lì. Dopo essere entrati in città nascondendosi all’interno del cavallo di legno, i greci erano riusciti a mettere a ferro e fuoco Troia. Svegliato dal fantasma di Ettore, Enea riuscì a mettersi in fuga con parte della sua famiglia: il padre Anchise e il figlio Ascanio non riuscendo, però, a salvare la moglie Creusa.
Per intercessione della dea Venere e del figlio Cupido, ben presto Didone si innamorerà di Enea, il quale però, ligio al dovere e ben consapevole del suo fato, abbandonerà la regina per riprendere il suo viaggio alla volta del Lazio. Dopo la sua partenza, straziata dal dolore, Didone non solo maledirà la discendenza di Enea e profetizzerà l’astio reciproco tra Cartaginesi e Romani, ma si suiciderà utilizzando la spada dell’uomo amato.
Lasciata Cartagine, nel libro V l’Eneide racconta l’approdo di Enea in Sicilia dove si celebrano i riti funebri in memoria del padre Anchise, morto a Drepano. Successivamente arriva a Cuma dove avverrà l’incontro con la Sibilla Deifobe che  profetizza ad Enea il successo della sua missione la quale sarà, però, costellata da guerre e violenze. Con la Sibilla il giovane discende anche nell’Ade dove avverrà l’incontro con il defunto padre Anchise, il quale gli mostrerà i grandi uomini che nasceranno nella città che lui contribuirà a fondare.
Dopo numerose vicissitudini Enea giunge nel Lazio dove il re Latino lo promette in sposa alla figlia, Lavinia, nonostante la giovane fosse già stata promessa ad un altro uomo, Turno. Ciò darà inizio alla cruente guerra che vedrà disposti da un lato i Romani, aiutati dagli Etruschi e dagli Arcadi, e dall’altro i Rutuli capitanati da Turno, il quale soccomberà ad Enea che, riappacificatosi con gli italici e sposata Lavinia, potrà stabilirsi con i Troiani nel Lazio dando vita alla città di Roma.

Eneide di Virgilio: le premesse 

Quando l’Eneide fu composta, Roma stava affrontando un periodo alquanto turbolento: la Repubblica era caduta e il periodo di pace che aveva seguito guerre violenti aveva cambiato drasticamente l’approccio alle consuetudini culturali e sociali. Augusto, allora, aveva cercato di riportare in auge gli antichi valori romani (l’importanza data alla comunità e non ai soli propri interessi, la lealtà verso Roma) che si rispecchierebbero proprio nella figura di Enea. Inoltre, l’Eneide, attraverso il racconto del mitico viaggio del protagonista dai ‘’lidi di Troia’’ fino alle ‘’spiagge lavinie’’, sembrerebbe voler legittimare il potere dell’allora imperatore Augusto e della sua famiglia, la Gens Iulia, che discenderebbero dal figlio di Enea, Ascanio.

L’Eneide e il poema omerico

L’Eneide riprende molto dal modello omerico. Infatti, la narrazione suddivisa in dodici libri può essere suddivisa in due parti: la prima parte, dal libro I al libro VI, che narra il viaggio da Troia all’Italia, richiama l’Odissea; la seconda, invece, che comprende dal libro VII al libro XII e che narra la guerra tra Enea e Turno, viene chiamata parte iliadica, per via dei chiari richiami all’Iliade. L’Eneide trae spunto dall’epica omerica anche nel linguaggio pieno di epiteti o dalla presenza delle divinità sullo sfondo il cui operato si intreccia costantemente con gli eventi umani. E’ infatti a causa dell’ira di Giunone che la nave di Enea sbarca in Libia, è la madre di Enea, Venere, che chiede a Cupido di far innamorare la regina Didone del figlio, così da assicurargli un soggiorno ospitale e, sempre Venere, dopo aver assunto le sembianze di una cacciatrice, incontrerà Enea e gli spiegherà la storia di Cartagine. Tuttavia, differentemente dal modello omerico, gli dèi non parlano né interagiscono mai familiarmente con i personaggi e le loro apparizioni apparirebbero più come dei sogni. Ciò ha permesso delle analisi moderne del poema, dove gli dèi non diventerebbero altro che espressione dei tormenti psicologici dei personaggi.
L’Eneide differisce dai poemi omerici anche nel tipo di protagonista raccontato che non cede mai alla passione amorosa o alla vendetta crudele. L’unica eccezione si troverebbe nel finale dell’opera dove Enea, preso da un impeto di rabbia, avendo trovato indosso a Turno la cinta del defunto Pallante, lo uccide crudelmente e senza ripensamenti, nonostante l’uomo l’avesse supplicato di rendere il suo corpo all’amato padre.
Oltre che da Omero, Eneide di Virgilio prende spunto anche dal modello narrativo della commedia Euripidea che, attraverso l’introspezione, mette in scena l’umanità e l’aspetto psicologico dei personaggi, dando vita ad una narrazione sensibile e profondamente umana che sembrerebbe avere molto in comune con l’epos di Apollonio Rodio e che sembrerebbe rappresentare una novità rispetto al poema epico tradizionale con il quale, nonostante tutto, mantiene delle caratteristiche comuni, come la figura del narratore – spettatore.

L’Eneide e l’eroe pius

Enea incarna i valori del perfetto condottiero: egli è l’eroe pius, colui che accetta che la sua vita e il suo viaggio siano parte di un disegno assai più grande e complesso, frutto di una divina provvidenza. Enea è l’eroe mai tracotante o esuberante, ligio al proprio dovere, devoto agli dèi, che, presa consapevolezza del proprio destino, è pronto a perdere qualsiasi cosa, anche i suoi affetti più cari, pur di adempiere alla propria missione. Ma l’Eneide è anche il poema dei vinti, perché se da un lato racconta il successo del viaggio che ha portato alla fondazione della città di Roma, dall’altro empatizza con tutte quelle morti che si sono rese necessarie per il compimento di tale glorioso disegno divino.

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