Eresia catara, il lato più oscuro della Chiesa

Eresia catara

Tra il XII e il XIII secolo si diffuse in Europa una visione inedita della religione cristiana, concepita come una lotta tra bene e male che aveva l’uomo come campo di battaglia. Si trattava dell’eresia catara, uno dei movimenti eretici più noti del Medioevo, il cui finale tragico cambiò il volto della Chiesa per i successivi anni.

Eresia catara, etimologia

L’origine del termine “cataro” è molto discussa. Durante il Concilio di Nicea del 251 venne usata negli Atti la parola latina cathărus, che significa “puro”, per indicare i seguaci del vescovo e autoproclamato papa Noviziano.

Una teoria più semplicista lo fa invece derivare da cathus, parola con cui si identifica il gatto. Nel Medioevo questo animale era considerato uno dei simboli di Lucifero, poiché ne incarnava i vizi umani.

I catari erano poi conosciuti con altri nomi, a seconda dei luoghi in cui si diffuse l’eresia: “Albigesi” dalla città di Albi, “Tolosani” da quella di Tolosa e così via.

Eresia catara, principii e ideologia

Alla base dell’eresia catara vi era un concetto dualistico, influenzato dalle dottrine manichee diffusesi tramite i contatti con l’Impero Bizantino e i Balcani nel XII secolo, durante il periodo delle Crociate.

I catari sostenevano che nell’uomo esistevano due piani in lotta tra di loro: quello del bene, dove risiedevano Dio e lo spirito, e quello del male, costituito dal mondo terreno e dal Diavolo. Il corpo umano, essendo materia, veniva considerato un’invenzione del maligno per intrappolare lo spirito, testimonianza dell’emanazione di Dio.

Obiettivo della dottrina catara era la liberazione dell’anima. I catari si rifacevano ad alcuni passi dei Vangeli in cui Gesù sarebbe sceso tra gli uomini esortandoli a una vita ascetica. Da qui derivano i precetti del catarismo, che si possono riassumere così:

  • Rifiuto dell’autorità della Chiesa, accusata di essersi venduta al diavolo accumulando ricchezze e dimenticandosi dei suoi doveri pastorali.
  • Rifiuto dei riti religiosi, tra cui il matrimonio. I catari scoraggiavano le nozze, in quanto anticamera dell’atto sessuale e del concepimento di una nuova vita intrappolata in un corpo. Da qui deriva un altro principio fondamentale, quello della castità.
  • Rifiuto della materialità e del possesso di beni, in favore di una vita fatta di povertà ed elemosina.
  • Divieto di nutrirsi di carne e dei prodotti derivati come latte, uova e formaggi. Faceva eccezione il pesce, animale che nel Medioevo era considerato privo di caratteri sessuali e quindi “puro”.
  • Osservanza del digiuno, considerato un mezzo per liberare in poco tempo l’anima dal corpo tramite la morte, favorendone il ricongiungimento con Dio.

Struttura della società e della chiesa

I seguaci del catarismo erano divisi in due categorie: i perfetti e i credenti.

I perfetti erano coloro che vivevano in povertà e praticavano i dogmi del catarismo per filo e per segno. I credenti, detti anche Boni Homines (uomini buoni), erano considerati simpatizzanti dei catari e non erano tenuti a seguirne i precetti ma, a differenza dei perfetti, non potevano pregare Dio.

Per divenire perfetto era necessario seguire un lungo percorso di iniziazione che si concludeva con il rito del Consolamentum, il battesimo dello Spirito Santo che si differenziava da quello cattolico: invece di cospargere il capo del battezzato con l’acqua santa si ordinava l’imposizione delle mani e sulla testa veniva messo il libro del Vangelo attribuito a San Giovanni.

La struttura della Chiesa catara era molto semplice e rispecchiava la comunità cristiana delle origini, governata da una gerarchia di vescovi e diaconi.

Diffusione del catarismo

L’eresia catara si diffuse soprattutto in Italia Settentrionale e in molte regioni della Francia facendo breccia nei cuori dei più poveri, traditi e abbandonati da una Chiesa che si riempiva la bocca di riforme spirituali rivelatesi nient’altro che fuochi di paglia. Anche i nobili però erano interessati a queste dottrine, finendo col garantire protezione alla comunità catara.

Tra i centri più importanti va ricordata l’Occitania, area della Francia meridionale in cui il catarismo si diffuse nel 1200.  Si trattava di una regione indipendente dalla monarchia francese poiché le città si governavano da sole e le terre non erano in mano ai feudatari, come invece avveniva in gran parte dell’Europa.

Ma l’importanza dell’Occitania sta nell’incredibile clima culturale che portò allo sviluppo della lingua d’oc e alla lirica dei trovatori, poeti di diversa estrazione sociale che si fecero portavoci di una poesia dove la donna assumeva un ruolo centrale. E in un mondo in cui le donne, secondo il credo comune, dovevano essere sottomesse all’uomo senza alcuna possibilità di acculturarsi, i componimenti dei trovatori erano un’ondata di innovazione e di fondamentale importanza per quello che poi sarà il Dolce Stil Novo praticato da Dante e dai suoi contemporanei.

La fine dell’eresia catara, la crociata contro gli Albigesi

La Chiesa guardava con sospetto al movimento cataro. Dapprima si cercò di reprimerlo tramite la predicazione, ma non passò molto tempo prima che si passasse alle maniere forti.

Nel 1198 fu eletto papa Innocenzo III, un rigido moralista che rivendicava l’autorità della Chiesa. Tra i suoi obiettivi c’era la lotta all’eresia e i catari finirono subito nel suo mirino.

L’ occasione si presentò il 14 Gennaio del 1208, quando un legato pontificio venne ucciso da uno dei cavalieri del conte di Tolosa Raimondo IV. Il pontefice chiamò a raccolta i vassalli del re di Francia Filippo II, attratti dalla possibilità di arricchirsi con le terre meridionali, bandendo quella che fu la prima crociata avvenuta in territorio europeo e a essere indirizzata contro quelli che, in fin dei conti, erano uomini e donne cristiani: la crociata contro gli Albigesi.

La crociata durò vent’anni, tra atroci massacri come quello di Béziers. In quell’occasione l’intera popolazione fu sterminata e si racconta che Arnaud Aumary, il legato pontificio al comando della spedizione, a un soldato che gli chiese come distinguere gli eretici dai cristiani avrebbe risposto con queste parole: “Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi”.

In realtà, molti storici dubitano che Arnaud abbia pronunciato effettivamente tale frase, ma non ci sono dubbi sul suo cinismo quando in una lettera informa il papa dell’esito del massacro (ventimila vittime), diretta conseguenza di quello che definisce un “castigo divino”.

La spedizione militare si concluse nel 1229, ma i catari sopravvissuti dovettero subire le punizioni emanate dal Tribunale dell’Inquisizione, fondato nel 1234 da Gregorio IX. I catari pentiti furono processati e umiliati in vari modi: dovevano portare una croce gialla cucita sui propri abiti, partire per pellegrinaggi in Terrasanta dove in realtà diventavano carne da macello per i soldati musulmani o visitare mensilmente una chiesa dove, privati dei vestiti, venivano frustati senza pietà.  Chi rifiutava di sottomettersi alle torture veniva condannato al rogo.

L’eresia catara aveva mostrato il volto più scuro e perverso della Chiesa, elevatasi a unica fonte di verità disposta a usare le armi della violenza e della brutalità pur di mantenere intatta la propria importanza nella società medievale.

 

Immagine di copertina: SanMarco Pop

A proposito di Ciro Gianluigi Barbato

Classe 1991, diploma di liceo classico, laurea triennale in lettere moderne e magistrale in filologia moderna. Ha scritto per "Il Ritaglio" e "La Cooltura" e da cinque anni scrive per "Eroica". Ama la letteratura, il cinema, l'arte, la musica, il teatro, i fumetti e le serie tv in ogni loro forma, accademica e nerd/pop. Si dice che preferisca dire ciò che pensa con la scrittura in luogo della voce, ma non si hanno prove a riguardo.

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