Le Tre Grazie, chi sono ne La Primavera di Botticelli

Le Tre Grazie

Le tre fanciulle abbracciate hanno origini molto antiche, oltre duemila anni di storia.

Se si pensa al Rinascimento italiano ognuno di noi immagina subito Firenze, la Corte dei Medici e i nomi di grandi artisti come Raffaello Sanzio, Michelangelo Buonarroti e Leonardo Da Vinci. Nell’ambito della pittura, il vero e proprio simbolo della “rinascita” del quindicesimo e del sedicesimo secolo è “La Primavera”, uno dei capolavori dell’artista Sandro Botticelli, nonché di una delle opere più famose del Rinascimento italiano. Tuttora, dopo centinaia di anni dalla sua creazione, il dipinto esercita un fascino straordinario sul pubblico, fascino che è legato anche all’aura di mistero che circonda l’opera, il cui senso più profondo non è ancora stato completamente svelato. Ognuna delle figure che compongono l’opera ha un valore allegorico nascosto e diviene emblema di concetti astratti e filosofici. Tra queste, le “Tre Grazie” rappresentano un tema ricorrente nella storia dell’arte. Quale è il loro significato nell’opera di Botticelli? Scopriamolo insieme.

Le tre Grazie

Una breve descrizione dell’opera

La Primavera è un dipinto a tempera grassa su tavola (203 x 314 cm), databile per il 1480 circa. Realizzata per la Villa Medicea di Castello, l’opera d’arte è conservata nella Galleria degli Uffizi a Firenze. Il bel dipinto venne eseguito per Lorenzo di Piefrancesco de’ Medici (1463-1503), cugino di secondo grado di Lorenzo il Magnifico, in occasione del suo matrimonio con Semiramide D’Appiano D’Aragona. Il titolo con cui è universalmente conosciuto il dipinto deriva proprio dall’annotazione di Vasari (“Venere che le Grazie fioriscono, dinotando Primavera”), dalla quale derivano anche le linee cardine su cui si sono mossi tutti i tentativi di interpretazione. Nel 1815 si trovava già nel Guardaroba mediceo e nel 1853 venne trasferita alla Galleria dell’Accademia per lo studio dei giovani artisti che frequentavano la scuola; con il riordino delle collezioni fiorentine venne trasferita agli Uffizi nel 1919.

La Primavera presenta nove personaggi, evidentemente ispirati alla mitologia classica: due figure maschili ai lati, sei figure femminili al centro, di cui una posta in particolare risalto, e un putto alato. Secondo l’interpretazione più accreditata, la figura al centro è Venere, dea dell’amore, sovrastata dal figlio Cupido, il quale scaglia i suoi dardi infuocati che fanno innamorare gli uomini. Più di recente, in questa figura è stata invece riconosciuta Giunone incinta di Marte. A destra, Zefiro, personificazione del vento primaverile, agguanta la ninfa Cloris, che inizia a emettere fiori dalla bocca; a causa della loro unione, la ninfa si trasforma in Flora, cioè nella Primavera, qui mostrata mentre sparge le rose raccolte sul grembo. A sinistra, le tre figure femminili che danzano tenendosi per mano sono le Tre Grazie, dee della bellezza e della grazia nonché compagne di Venere, di Apollo e delle muse. Alcuni interpretano le figure anche come le Ore, divinità al seguito di Venere. Coperte di veli trasparenti, esse indossano gioielli raffinatissimi, che richiamano la formazione da orafo di Botticelli. All’estrema sinistra della composizione, Mercurio difende la magica perfezione di quel giardino, allontanando le nubi con il caduceo, il suo bastone alato. Lo spazio alle spalle dei personaggi è dominato da un fitto boschetto di aranci, fioriti e carichi di frutti.

Significato delle Tre Grazie

La Primavera è un quadro complesso, denso di riferimenti letterari e filosofici, chiaramente destinato a un pubblico elitario e coltissimo. Nel corso del XX secolo, approfondite indagini iconografiche hanno cercato di svelarne il significato, formulando molte ipotesi interpretative. Tuttavia, ancora oggi, nessuna proposta è considerata risolutiva.

Secondo alcuni storici, il soggetto è fortemente debitore dell’ambiente letterario fiorentino, dominato dalla figura del poeta Agnolo Poliziano, e si configura come un’allegoria della giovinezza, l’età dell’amore e della riproduzione, la stagione della vita più felice ma che passa più in fretta. Le Tre Grazie (o le Ore) che danzano sarebbero dunque un’allegoria del tempo che scorre. Secondo altri studiosi, invece, il quadro ha un significato ben più meditativo e di tutt’altro tenore, legato al contesto filosofico neoplatonico di Marsilio Ficino. Il dipinto rappresenterebbe l’avvento del Regno di Venere, inteso come momento di fioritura intellettuale e spirituale. Venere sarebbe l’allegoria delle virtuose attività intellettuali che elevano l’uomo dai sensi (rappresentati da Zefiro-Cloris-Flora), attraverso la ragione (le Grazie/Ore), sino alla contemplazione (Mercurio). Le Tre Grazie sono figure di origine antica nell’arte: risalgono, infatti, da quelle che i greci chiamavano Cariti, figlie di Zeus e della ninfa Eurinome. Si trattava di tre dee portatrici di gioia e bellezza. I loro nomi erano Aglaia (“splendore”), Eufrosine (“gioia e letizia”) e Talia (“prosperità”); presiedevano ai banchetti e alle danze, accompagnavano Afrodite ed Eros, le divinità dell’amore, e con le muse danzavano per gli dèi al suono della lira di Apollo. Le prime raffigurazioni delle Tre Grazie, dunque, risalgono alla civiltà greca. Nell’opera di Botticelli le tre donne, a differenza della tradizione classica, danzano una carola tenendosi per mano e lasciando svolazzare i leggeri veli che le rivestono. Bellezza, Castità e Amore si muovono in un girotondo armonioso, dove tutto è idealizzato secondo la filosofia neoplatonica professata dal pittore. Le Tre Grazie rappresentano, quindi, l’Amore humanus, cioè spirituale, puro, elevato, secondo i principi dell’umanesimo platonico. In un’allegoria che recupera il mito classico in chiave spiritualizzante esse finiscono per richiamare il sentimento d’amore che si dona, si riceve, si restituisce nelle sue varie forme.

Donne sensuali o candide, leggiadre o imponenti, morbide o spigolose. Le Tre Grazie hanno attraversato i secoli, diventando il soggetto delle opere di pittori, scultori, fino alla reinterpretazione di queste figure classiche nella street art e nella cultura pop. In ogni rappresentazione, però, le Tre Grazie, pur vestendosi ogni volta di uno stile diverso continuano ad essere icone di un fascino tutto femminile.

Fonte immagine Wikicommons

A proposito di Rosaria Cozzolino

Sono nata il 13 marzo 1998 a Pollena Trocchia (NA). Fin dall’infanzia ho sempre cercato nuovi modi per esprimere la mia creatività e il mondo delle arti mi ha sempre affascinata e attratta. Ho frequentato per quattordici anni la scuola di danza classica e contemporanea “Percorsi di Danza” di Angelo Parisi, per poi abbracciare un’altra mia grande passione, il teatro, entrando nell’ “Accademia Vesuviana del Teatro e del Cinema” di Gianni Sallustro. La letteratura e la cultura umanistica in tutte le sue sfaccettature sono da sempre il faro costante della mia vita e ho deciso di assecondare questa mia vocazione frequentando il liceo classico Vittorio Imbriani di Pomigliano D’Arco (NA). Nel 2017 mi sono iscritta alla facoltà di Lettere Moderne presso l’università Federico II (NA) e ho conseguito la laurea nel luglio 2021 con una tesi in Letterature Moderne Comparate. Al momento sono specializzanda in Filologia Moderna sempre presso la Federico II e continuo a coltivare tanti interessi: la lettura, il cinema, le serie tv, il teatro, l’arte ma anche i viaggi e la scoperta di posti nuovi. Credo fermamente che la cultura sia il nutrimento migliore per l’anima ed è quello che vorrei trasmettere con la scrittura.

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