Mindfulness, la meditazione che cambia la vita

mindfulness

Sempre più spesso si sente parlare di Mindfulness, una parola che racchiude una serie di eventi capaci di cambiare la vita di una persona, vediamo insieme approfonditamente cos’è, quali sono le sue origini e quali benefici può apportare concretamente.

Piena consapevolezza di sé

La prima cosa che viene alla mente con la parola mindfulness è la sua traduzione italiana, ovvero consapevolezza di sé. Tale pratica, però porta con sé una serie di altri significati rilevanti. Praticare la mindfulness è avere infatti consapevolezza di sé, ma anche apporre una forte attenzione alla realtà vivendo il momento presente, ma facendolo in una maniera capace di distaccarsi tralasciando ogni possibile giudizio giudicante.  In parole povere, essa può essere definita come una sorta di processo messo in atto da determinate pratiche, che spinge l’individuo ad avere piena consapevolezza di sé stesso, di ciò che prova, riuscendo a vivere l’esatto momento senza pensare al dopo, arrivando quindi ad un benessere generalizzato.

Sono molti gli studi riguardo la mindfulness, che in seguito al crescente interesse si sono avvicendati. Gli studi intendono quindi indagare le potenzialità mediche e terapeutiche di tale pratica; ad oggi, pertanto, è stata notata una forte relazione tra la pratica meditativa e l’alleviarsi delle sofferenze emotive di pazienti ammalati.

Origini buddhiste

Le origini della mindfulness, sono da ricavare senz’altro nella filosofia buddhista, secondo cui la sofferenza psicologica si ottiene vivendo una visione errata del mondo e della realtà e solo attraverso la meditazione si raggiunge la famigerata illuminazione, che porta ad un benessere generalizzato.  Secondo la filosofia buddhista, infatti, ogni uomo può eliminare la sofferenza acquisendo una giusta visione delle cose che lo circondano, vivendo il presente, e trasformando le esperienze negative in prodotti mentali che in qualsiasi momento possono essere controllate e sconfitte.

Luoghi comuni

Se i più riconoscono una grande efficacia nella meditazione, altri non ne sono pienamente convinti, ed è giusto precisare che molti luoghi comuni in merito sono errati. La mindfulness non è una sorta di trance mentale dove il soggetto perde il senno, anzi, occorre una forte lucidità di pensiero mentre la si pratica. Non è inoltre un’esperienza religiosa, benché essa si basi su radici buddhiste, la sua efficacia massima la si esprime in maniera non religiosa. È opportuno precisare che la mindfulness non è affatto una branca della psicoterapia e presa da sola non basta. È infatti un’ottima alleata per supportare le metodiche curative tradizionali.

Quali sono gli obiettivi principali della mindfulness?

L’obiettivo principale, è quindi quello di imparare a guardare la realtà, guardando con distacco i pensieri negativi. Tutto ciò da man forte alla gestione dello stress, o alla risoluzione di particolari traumi (lutti, incidenti, patologie).

 Jon Kabat Zinn

Nonostante le origini della mindfulness si annidano nei precetti buddhisti, occorre specificare che la sua introduzione in ambito medico sia merito del biologo e professore americano della School of Medicine dell’università del Massachusetts, Jon Kabat Zinn. Lo studioso unendo le sue conoscenze scientifiche alla filosofia buddhista, diede vita nel 1979 alla Stress Reduction Clinic, da qui l’unione della meditazione alla medicina occidentale. Il suo scopo era quello di introdurre tali pratiche negli ospedali, dove il paziente affetto da dolori cronici potesse affrontare il male e lo stress in maniera del tutto differente. Tale programma per la riduzione dello stress (MSBR) ebbe così tanto successo, che seguirono altri piani terapeutici per affrontare ambiti diversi d’applicazione. Tra i più importanti ricordiamo:

Mindfulness based cognitive Therapy, per i pazienti affetti da depressione;

Mindfulness based relapse prevention, per prevenire la ricaduta da dipendenze;

Mindfulness based childbirth and Parenting, per facilitare il travaglio, e migliorare la sensibilità genitoriale;

Seguono i programmi per i disordini alimentari, per le relazioni di coppia, e per le esigenze degli anziani.

È inoltre opportuno ricordare che l’utilizzo della mindfulness risulta un valido alleato in età pediatrica ed evolutiva, essa infatti si rivela utile sia per i bambini con difficoltà, e sia per quelli senza particolari problematiche che intendono accrescere solo le capacità prosociali.

Come si pratica la mindfulness?

Le tecniche di meditazione mindfulness sono per lo più eseguite in posizione seduta o sdraiata. Ad occhi chiusi occorre che il soggetto si concentri solo sulla sua respirazione e ai movimenti dell’addome, cercando di arrivare ad una consapevolezza totale di sé stessi e del proprio respiro. 

Un secondo approccio potrebbe essere quello di ascoltare una canzone sconosciuta di un artista mai sentito prima, immergendosi totalmente nell’esperienza, dimenticando la capacità critica, se alla fine della canzone non si è espresso un giudizio l’atto meditativo avrà avuto successo.

Un terzo tentativo è quello riguardo cinque cose della giornata, a cui generalmente non si fa troppo caso. Può trattarsi di una sensazione tattile, di un rumore, di un profumo. Ogni dettaglio è necessario per connettersi con il mondo e la propria vita. Attraverso la consapevolezza di ciò che si è visto e vissuto durante quel giorno si recupera la bellezza totale che prima sfuggiva alla mente.

Ad oggi questa pratica si è spogliata di ogni connotazione spirituale e morale, definendosi come un’attenzione rivolta al momento presente, senza alcun giudizio. (Kabat Zinn, 1994).

A raccontarci più da vicino la mindfulness è la psicologa Chiara Rotunno, che si occupa di training autogeno e mindfulness.

Come spiegheresti la mindfulness con parole semplici a chi non conosce affatto tale pratica?

Definirei la Mindfulness come “consapevolezza non giudicante”, non solo di sé ma anche del mondo circostante e del tempo che si sta vivendo. Talvolta i peggiori giudici di noi stessi siamo proprio noi: attraverso la pratica della mindfulness si comprende invece come essere meno critici nei confronti del proprio mondo interiore oltre che di quello esteriore. Si esplorano tutte le sfaccettature delle proprie emozioni, sensazioni e pensieri arrivando ad accettarle pienamente.

Si dice che le sue origini siano legate al buddhismo, quanta verità c’è in questa frase? E quali sono le differenze eventuali con la religiosità buddhista?

È vero che la mindfulness deriva dagli insegnamenti del Buddhismo e delle pratiche di meditazione yoga, ma, grazie a Kabat-Zinn, pioniere di questo modello, è divenuto un paradigma a se stante. Alla base di questo approccio vi sono comunque evidenze scientifiche e sono stati portati avanti vari lavori scientifici che ne hanno verificato l’efficacia e i benefici. La meditazione classica ha quindi uno stampo più religioso-spirituale, che richiede comunque di seguire dei precetti definiti e di abbandonare dei pensieri e dei comportamenti “poco virtuosi”; secondo la mindfulness, invece, è fondamentale non avere alcun giudizio nei confronti dei nostri pensieri ed emozioni, poiché non esiste una differenziazione tra pensieri o emozioni che siano buoni o cattivi. Qualsiasi esperienza deve essere accolta così com’è.

Quanto può influire la pratica mindfulness alla presenza di gravi patologie croniche?

La mindfulness può essere fondamentale come approccio di supporto per contribuire al proprio benessere psicofisico. Numerosi studi hanno dimostrato l’efficacia nel trattamento di patologie croniche, dolore cronico, disturbi gastrointestinali. Questo perché si può arrivare ad accettare i limiti imposti dalla malattia e imparare a concentrarsi sul presente, senza preoccuparsi eccessivamente del futuro e del passato. I pensieri disturbanti vengono ridotti, non cancellati, e ciò porta soprattutto a una riduzione di stress e tensione.

Si dice che in età evolutiva praticare mindfulness sia molto importante: quali benefici possono ricavare i bambini da tale pratica?

Durante l’età pediatrica ed evolutiva la pratica della mindfulness può rivelarsi molto utile per aiutare i bambini a divenire maggiormente consapevoli di sé stessi e delle proprie emozioni. Si favorisce un apprendimento incentrato soprattutto sulle sensazioni fisiche e sullo sviluppo delle capacità di introspezione: si potranno guidare i bambini verso l’autoconsapevolezza, l’empatia e l’autoefficacia. È come se si ponessero delle basi per farli divenire degli adulti consapevoli. Infatti, molti studi hanno dimostrato come i bambini, a cui sono state insegnate alcune pratiche mindfulness, sono stati poi in grado di sviluppare una miglior capacità di regolazione e gestione di ansia e stress, oltre che un atteggiamento più ottimista e collaborativo rispetto ai bambini che non avevano svolto alcuna pratica.

 Alla parola mindfulness viene spesso associata quella di bodyscan, cos’è e come si svolge?

Il body scan è una meditazione guidata proposta all’interno del programma MBSR – Mindfulness Based Stress Reduction, ovvero il protocollo clinico ideato da Jon Kabat-Zinn – che consente di portare gradualmente l’attenzione attraverso i vari distretti corporei. Questo esercizio permette quindi di “usare” il corpo come uno strumento per comprendere, attraverso l’esperienza diretta, le diverse sensazioni che emergono, in maniera più o meno intensa. Il nostro corpo ci dice tanto di come stiamo al mondo: è uno specchio del nostro mondo interiore, ma spesso siamo focalizzati sul fare e sul futuro, che lo stare fermi, pensare a ciò che accade in quel momento, ci causa delle difficoltà.

A chi consiglieresti la pratica mindfulness?

Consiglierei la mindfulness a chiunque voglia conoscere sé stesso e voglia creare la propria dimensione di benessere. Ma soprattutto a chi vuole impiegare le proprie energie e il proprio tempo per migliorare attivamente e consapevolmente.

 Che differenze sostanziali trovi tra il training autogeno e la mindfulness?

Il Training Autogeno è una tecnica di rilassamento e di auto-distensione che consente di conoscere e ascoltare il proprio mondo interiore, favorendo il benessere. È una tecnica molto utile per la gestione di ansia e stress. Consente di raggiungere una maggior padronanza e una maggior chiarezza personale. Uno degli aspetti fondamentali del Training Autogeno è la contemplazione passiva, ovvero un concedersi di stare con il proprio stato interiore per raggiungere uno stato di accettazione e attuare quel cambiamento necessario per noi stessi. Il Training Autogeno si differenzia dalla Mindfulness perché ha una struttura semplice da seguire e, una volta appreso con persone adeguatamente formate, può essere gestito in autonomia.

Da cosa è partita la necessità di aiutare il prossimo e perché proprio la mindfulness?

Mi sono appassionata fin dalla prima adolescenza al mondo della psicologia perché amo cogliere la complessità dell’essere umano e confrontarmi con realtà diverse. Credo infatti che la psicologia possa favorire la promozione del benessere personale, facilitando la gestione delle proprie emozioni e il riconoscimento delle proprie capacità e risorse aiutando le persone ad aumentare la consapevolezza di sé stessi e a ritrovare il proprio equilibrio. Credo che i principi del Training Autogeno e della Mindfulness possano favorire il raggiungimento di questo obiettivo aiutando le persone a prendersi cura di sé stessi ovunque ci si trovi.

Raccontaci un esercizio semplice da poter fare a casa che possa permettere a chi lo compie un primo approccio con la mindfulness.

Un esercizio utile a chiunque voglia avvicinarsi a questo fantastico mondo è quello relativo alla respirazione. Per diventare consapevoli delle proprie risorse personali dalle quali poter attingere per poter ritrovare il proprio equilibrio personale è possibile praticare meditazione e esercizi di gestione dell’ansia e questo piccolo esercizio di respirazione può essere utile per lasciar andare la propria mente per pochi minuti.

Appoggiare delicatamente le mani sull’addome ci consentirà di entrare in contatto con la nostra respirazione. Inspirare dolcemente consente di lasciare che l’aria entri nei propri polmoni e di concentrarsi sulla sensazione di freschezza. Ora, espirando, il nostro addome si rilasserà e si potrà lasciar andare tutta l’aria e con essa alcune delle tensioni. Molto utile è ripetere questa azione: quindi portare l’attenzione sull’addome e concentrarsi sulle sensazioni che percepisci. Lasciarsi andare per avvertire tutte le reazioni che ne scaturiscono. Inspirare ed espirare. Infine si può riportare lentamente la propria attenzione su ciò che ci circonda. Osservando e ascoltando attentamente.

 Immagine in Evidenza: Pixabay

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