Nella mitologia greca, Pandora è la prima donna mortale, creata da Efesto su ordine di Zeus. Il mito Pandora è legato a quello del celebre quanto nefasto vaso, che lo stesso Zeus le avrebbe affidato intimandole di non aprirlo mai, perché la sua apertura avrebbe liberato tra gli uomini tutti i mali in esso racchiusi.
Come racconta Esiodo sia nella “Teogonia” sia ne “Le opere e i giorni“, racconti risalenti all’VIII secolo avanti Cristo circa, c’era un tempo in cui gli uomini potevano frequentare gli dèi e sedere con loro allo stesso tavolo. Creati dal titano Prometeo (“colui che riflette prima“) e dotati di memoria e intelligenza, erano creature considerate quasi semi-divine. Poi un giorno funesto Prometeo rubò il fuoco divino scatenando le ire di Zeus, il Padre di tutti gli dèi. Questi non solo decise di punire il ladro in maniera esemplare – Prometeo fu incatenato per sempre a una roccia e condannato a vedersi mangiare ogni giorno il fegato da un’aquila – ma sfruttò anche l’occasione per portare devastazione presso gli uomini. Ma come portare la sciagura tra gli uomini senza poter essere etichettato come un dio crudele? Zeus risolse il problema così: l’avrebbe fatta portare tra gli uomini da un uomo stesso, anzi… da un esemplare femmina di uomo, una donna. La divinità diede quindi mandato al figlioccio Efesto – il dio inventore del fuoco, della tecnologia, dell’ingegneria, della scultura e della metallurgia – di creare una femmina umana di bellezza, grazia e doti straordinarie. Efesto eseguì l’ordine, facendosi aiutare da altre divinità: ognuna di esse donò qualcosa alla ragazza. A questa fanciulla così ricca di qualità venne dato il nome di Pandora (“colei che ha tutti i doni“).
Zeus ordinò a Ermes di portare la fanciulla tra gli uomini e di farla incontrare con Epimeteo (“colui che si accorge in ritardo“), il titano fratello di Prometeo. Epimeteo era stato avvisato dal fratello di non accettare alcun dono che provenisse dagli dèi (e da Zeus in particolare) ma era impossibile resistere a una tale bellezza: il titano s’invaghì subito di Pandora e decise di sposarla.
Al seguito della fanciulla c’era anche un misterioso dono divino: uno scrigno dal contenuto sconosciuto. Chi glielo aveva regalato, Zeus, era stato molto chiaro a riguardo: quello scrigno (vaso) doveva restare sempre chiuso e nessuno avrebbe mai dovuto guardare al suo interno.
Epimeteo nascose il regalo nuziale e se ne dimenticò. Ma Pandora era curiosa. Tanto curiosa.
Un giorno non riuscì più a resistere: si mise a cercare l’agognato oggetto e lo trovò.
Una volta che il vaso fu tra le sue mani, aprirlo e poterne conoscere il contenuto per Pandora fu un gesto naturale. E così per l’Uomo cominciarono i problemi. Sì, perché all’interno di quel vaso erano state rinchiuse cose come la fatica, la malattia, l’odio, la vecchiaia, la pazzia, l’invidia, la passione, la violenza e la morte. Queste, liberate dallo scrigno ormai aperto, si diffusero immediatamente tra gli uomini, mutando per sempre la loro esistenza. Il mondo cambiò, diventando un luogo poco ospitale, desolato, duro. E gli uomini divennero individui molto diversi dagli dèi, ridotti a “esseri terreni”. Solo quando Pandora aprì di nuovo lo scrigno e fece uscire la Speranza, le cose migliorarono: l’uomo, tra mille difficoltà, riprese infine a vivere e a credere nel presente e nel futuro.
Mito Pandora: simbolismi
L’apertura del Vaso di Pandora simbolicamente coincide con il momento in cui l’uomo riconosce il male, fase che procede con la perdita dell‘innocenza.
Altro significato simbolico contenuto in questo mito è la dualità: Pandora infatti è plasmata dagli dèi, i quali “inseriscono” in lei gran parte delle loro virtù, e queste virtù sono le parti che lei mostra agli uomini con il suo aspetto e le sue conoscenze; Zeus però dà in custodia al suo sposo (Epimeteo) un vaso contenente anche tutti i lati oscuri che derivano da tanta virtù. Lato oscuro e virtù fanno parte della stessa medaglia, solo che le virtù sono sempre in mostra e i lati oscuri vengono celati, anzi molto spesso l’uomo li ignora fino a che non vi si imbatte.
Pandora nella modernità
L’espressione «vaso di Pandora» viene ancora oggi usata metaforicamente per alludere all’improvvisa scoperta di un problema che, una volta manifesto, non è più possibile celare. Il vaso di Pandora, come molti altri elementi della mitologia greca, è stato più volte ripreso nella cultura moderna, sebbene a volte la leggenda venga modificata riadattandola al contesto in cui è inserita. Rielaborazioni del mito si trovano ad esempio nei videogiochi della serie “God of War”, dove fra le altre cose venne usato per sconfiggere Ares, in “Final Fantasy VI” e ne “Il professor Layton e lo scrigno di Pandora”, nel cui caso il vaso uccide tutti quelli che lo aprono.
Parallelismo tra Pandora ed Eva
Pandora, come racconta Esiodo, fu la prima donna plasmata dagli dèi, esattamente come Eva nel Cristianesimo. Eva, mordendo la mela, diede vita al male, analogamente Pandora, aprendo il contenitore, liberò il male sulla Terra; entrambe, quindi, sono considerate l’origine di tutti i mali.
L’albero della conoscenza del bene e del male, invece, sarebbe paragonato poi al vaso.
Mentre nella Bibbia ci si incentra più sulla creazione della figura dell’uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, Esiodo racconta che Zeus si concentrò sulla creazione di una donna che fosse di bellezza simile alle dee immortali. La somiglianza di Dio ad Adamo ed Eva è prettamente di origine spirituale, Pandora è simile alle dee per il bell’aspetto.
Nella Bibbia, Eva trasgredisce l’ordine divino per istigazione del serpente, mentre nel racconto esiodeo la donna di sua volontà apre il vaso, contro la volontà di Zeus, solo per un desiderio di “curiositas”.
Nella Bibbia, Adamo ed Eva sono definiti come “carne della propria carne”, sono segnati quindi da un’intima unione; Esiodo, invece, non dice nulla del rapporto tra Epitemeo e la moglie, limitandosi solo a dire che lui la accolse presso di sé.
[Fonte immagine: latestatamagazine.it]
Nunzia Serino