L’antica arte del sumo: cos’è e come funziona

L'antica arte del sumo: cos'è e come funziona

Le origini del sumo sono molto antiche, pare addirittura che il primo incontro di sumo della storia sia avvenuto tra due divinità. La nascita dell’antica arte del sumo viene fatta risalire agli inizi del VI secolo ed esso fungeva da intrattenimento che veniva offerto agli dei durante i rituali shintoisti per chiedere la buona riuscita del raccolto del riso ed era una riproduzione del primo incontro di sumo tra divinità. Con il passare del tempo il sumo arrivò anche alla corte imperiale, divenendo uno sport stimato dai nobili e dai samurai fino a trasformarsi in una disciplina seguita con molta passione da tutta la popolazione giapponese.

La tipologia di sumo che conosciamo noi oggi risale al periodo Edo (1603-1868). La parola sumo significa letteralmente strattonare, quindi lo definiamo come una forma di lotta nella quale i due avversari si affrontano e, per vincere, devono atterrare l’avversario oppure mandarlo fuori dal ring. Il luogo di combattimento prende il nome di dohyō, mentre il nome dei lottatori è rikishi. Come abbiamo notato, i lottatori indossano un solo capo d’abbigliamento che è un particolare perizoma che prende il nome di mawashi, mentre i capelli sono acconciati in una crocchia detta oichomage.

Vediamo quali sono le fasi che compongono una gara dell’antica arte del sumo

Dohyō iri: in questa fase c’è la presentazione dei lottatori di sumo di alto livello sul dohyō che indossano il kesho mawashi, una specie di grembiule, ornato dai simboli che rappresentano il lottatore. Durante la presentazione si esibiscono in movimenti tradizionali e scaramantici che servono per scacciare il male;
Yokozuna dohyō iri: questo è il momento dell’ingresso degli yokozuna, cioè i lottatori che appartengono al livello più alto, ai quali è offerta una funzione propiziatoria a loro dedicata;
Lancio del sale: prima di ogni incontro i lottatori, dopo aver indossato il mawashi, lanciano sul dohyō del sale, azione che serve a purificare e proteggere i lottatori da eventuali infortuni e incidenti;
Shiko: questa è una fase caratteristica dell’antica arte del sumo in cui il lottatore si posiziona a gambe aperte con le ginocchia piegate e, a turno, solleva le gambe verso l’alto per poi riabbassarle con forza. Questa mossa funge da stretching ma anche per allontanare gli spiriti maligni;
Lotta: un incontro di sumo dura poco, questione di secondi o qualche minuto. Per vincere bisogna atterrare l’avversario oppure spingerlo oltre i bordi del dohyō;
Danza con l’arco: segna la fine dell’incontro ed è eseguita da un giovane lottatore. E’una danza unicamente allegorica. L’arco era l’antico trofeo del vincitore che oggi simboleggia forza, vittoria, felicità e prosperità.

Durante l’incontro ci sono alcune azioni che sono assolutamente vietate e che, se eseguite, determinano all’istante la sconfitta del lottatore. Per esempio è vietato colpire l’avversario con i pugni, tirare i capelli, colpire i genitali e perfino perdere il mawashi, quindi rimanere del tutto nudi, si traduce nella squalifica immediata.

I tornei dell’antica arte del sumo si chiamano honbasho e durante l’anno se ne svolgono sei: tre a Tōkyō nei mesi di gennaio, maggio e settembre, uno a Ōsaka nel mese di marzo, uno a Nagoya in luglio e infine a Fukuoka in novembre. Ogni torneo inizia di domenica e dura quindici giorni. Il lottatore che vince più incontri si aggiudica il torneo.

Un aspetto interessante riguarda l’alimentazione dei lottatori di sumo il cui piatto principale è il chankonabe, uno spezzatino tipico della cucina giapponese a base di pollo, pesce, tofu e verdure. È una pietanza indicata per i lottatori di sumo perché contiene molte proteine che, di conseguenza, permette loro di aumentare di peso.

Il sumo non è solo uno sport ma è considerato come un’alta forma di arte dalle origini antichissime, al punto tale da esser diventato lo sport nazionale del Giappone seguito con molta dedizione dalla popolazione giapponese.

Fonte immagine di copertina:  Wikipedia

A proposito di Anna Maria Teresa Colangelo

Vedi tutti gli articoli di Anna Maria Teresa Colangelo

Commenta