La giustizia: analizziamola in 4 anime

La giustizia: analizziamola in 4 anime

Cos’è la giustizia? Questa è una domanda a cui non è così facile rispondere ma ci sono 4 anime che si interrogano su questo concetto in maniera approfondita. Si consiglia di non proseguire nella lettura se si vogliono evitare spoiler su Death Note, Psycho-Pass, 91 Days e Death Parade.

Death Note

Stai pur certo che ti troverò e ti ucciderò. Io sono la giustizia!”.
Questo è ciò che dicono contemporaneamente i due antagonisti di Death Note riferendosi l’uno all’altro. Il primo è Light Yagami, studente giapponese carismatico, manipolatore e straordinariamente intelligente che entra in possesso del quaderno di un dio della morte. Il quaderno ha il potere di uccidere qualunque persona il cui nome è scritto sul quaderno mentre chi scrive ha in mente il suo volto. Light decide quindi di usare il quaderno per uccidere tutti i criminali e creare un nuovo mondo in cui lui possa amministrare la giustizia. Il rivale di Light è chiamato L. Dotato di un’eccezionale intelligenza unita alla capacità di prevedere le mosse altrui, egli è il miglior detective al mondo e inizia a collaborare con la polizia giapponese per risolvere il caso e condannare il serial killer di criminali. Osservando i due personaggi non si può non riflettere e chiedersi chi dei due sia nel giusto, o se ci sia uno tra i due che è completamente nel giusto. L’anime è pieno di spunti di riflessione a partire dalla domanda principale: è giusto eliminare i criminali? Si può considerare giusto fare ciò che ha fatto Light se le sue azioni sono a beneficio della popolazione onesta? E se si riconosce che il comportamento di Light è sbagliato e va punito, fino a che punto è lecito spingersi per fermarlo? Un altro problema è anche capire con quali parametri si giudica chi si è servito di un potere ultraterreno. Comprendere cos’è davvero la giustizia è uno dei motivi per cui lo spettatore è incollato allo schermo per 37 episodi.

Psycho-Pass

Lo spettatore di questo anime si trova di fronte al dilemma della giustizia con ben poche possibilità di non essere turbato. La vicenda si svolge nel Giappone del ventiduesimo secolo in cui la sicurezza, l’amministrazione e la carriera dei cittadini è gestita dal cosiddetto Sibyl System.
Inoltre, esso controlla costantemente lo stato mentale e la tendenza a commettere un crimine di ogni persona ed esprime tutto ciò con un valore numerico chiamato psycho-pass. Quando c’è la possibilità che qualcuno commetta un crimine, interviene una squadra diretta da un ispettore con al seguito gli esecutori, ossia persone giudicate criminali latenti dal sistema. Essi hanno come arma una sorta di pistola chiamata dominator che è calibrata per agire in base alla pericolosità rilevata del soggetto contro cui è puntata: è inoffensiva se è rivolta contro qualcuno con uno psycho-pass basso, ma diventa sempre più pericolosa fino ad essere letale man mano che il valore misurato aumenta. Non fa una piega, si potrebbe pensare almeno su questo punto.

Ma l’effetto domino è assicurato quando si inizia a pensare che forse non è giusta una società in cui si è costantemente sotto controllo e non si ha neppure la libertà di scegliere il proprio lavoro. Inoltre, come si vede in seguito, il valore dello psycho-pass è influenzato anche dallo stato d’animo in cui si trova la persona in un determinato momento, per cui non si può essere certi che la pistola agisca sempre in maniera giusta dato che anche un momento di rabbia può far aumentare il valore ma non necessariamente una persona arrabbiata commette un crimine. Per cui ci si chiede se si possa parlare di giustizia in una società in cui si può condannare una persona anche prima che commetta il reato. Un altro dubbio è sollevato dalla scoperta che uno degli esecutori è costretto a svolgere questo lavoro poiché è stato giudicato un criminale latente dall’età di 5 anni. Si può quindi considerare giusto un sistema che giudica irrecuperabile anche un bambino? Anche la scoperta della vera natura del Sibyl System non fa che rendere più difficile capire cos’è la giustizia e la riflessione sul tema diventa ancora più complessa.

91 Days

Una nota frase attribuita a Henry Becque è “La vendetta è ancora la più sicura forma di giustizia”. Questo potrebbe essere anche il pensiero di Angelo Lagusa, protagonista di 91 Days. Egli da bambino assiste all’uccisione dei genitori e del fratello minore per mano dei membri di una famiglia di malavitosi. Anni dopo, viene a sapere i nomi degli assassini della sua famiglia e il suo unico scopo nella vita diventa quello di vendicarsi. Il protagonista è certamente una vittima e si è portati a stare dalla sua parte.
Tuttavia, andando avanti con gli episodi si vedono le conseguenze che le azioni di Angelo hanno su chi gli sta vicino, e a questo punto non si può fare a meno di domandarsi se il modo di agire del protagonista sia giusto. Quale modo di riparare ciò che ha subìto può considerarsi giusto, ammesso che ne esista uno? Angelo deve togliere tante vite quante sono quelle delle persone che ha perso? Chi e cosa si deve essere disposti a sacrificare per raggiungere il proprio scopo? Inoltre, il figlio del capo della famiglia criminale a cui Angelo si avvicina non è spietato come altri ed ha fiducia nel protagonista e forse, per quanto si empatizzi con Angelo, si può pensare che il protagonista stia sbagliando. Anche in questo caso capire cos’è la giustizia non è facile.

Death Parade

Per rispondere alla domanda: “com’è la giustizia negli anime?” non si può non menzionare Death Parade. In questo anime si indaga la giustizia nell’aldilà.
Si è portati a pensare che, nonostante la corruzione del mondo terreno, poi ci sarà la giustizia vera, per cui ognuno riceverà ciò che merita. In questo anime quando due persone muoiono nello stesso momento finiscono in una sorta di limbo in cui, inconsapevoli di essere morti, sono sottoposti ad un test ed un giudice decide se l’anima di ognuno di loro sarà reincarnata o finirà nel vuoto. Il test consiste in un gioco, ad esempio biliardo o freccette, in cui i due sono l’uno contro l’altro e la loro sorte è stabilita in base al loro comportamento. Tuttavia, in vari giochi è previsto anche che i giocatori provino dolore fisico, ad esempio sul bersaglio delle freccette sono disegnate delle parti del corpo, per cui gli sfidanti provano dolore in tutte le parti del corpo colpite dalla freccetta.
Anche in questo caso lo spettatore può iniziare a mettere in dubbio la giustezza di questo metodo in quanto a volte i giochi tirano fuori il peggio delle persone e quindi ci si chiede se sia giusto valutare l’intera vita di una persona in poco tempo e tramite un gioco. Inoltre i giudici stessi sono esseri soprannaturali che di regola non possono provare emozioni, per questo si può pensare che non sia giusto essere giudicati da qualcuno che non sa cosa siginfichi essere umano, né sa cosa significhi andare incontro alla reincarnazione o al vuoto. Un altro dubbio sulla giustizia è anche dovuto al fatto che a volte si trovino l’una contro l’altra anche persone con un legame, ad esempio marito e moglie, per cui i risultati del gioco non possono considerarsi oggettivi.

Fonte immagine: Pixabay

A proposito di De Rosa Sara

Studentessa laureanda dell'Università di Napoli "L'Orientale".

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