Dio del fuoco: ad ogni mitologia la sua divinità

Dio del fuoco: ad ogni mitologia la sua divinità

Dio del fuoco: la nostra top 10!

Il panorama mitologico mediterraneo è strettamente legato al tema del “fuoco”, inteso come forza insopprimibile, creatrice o distruttrice. Ed è impossibile alludere al fuoco senza coniugarlo anche alla divinità che lo domina, presenta in quasi tutte le mitologie che mente umana concepì.

Efesto: dio del fuoco più famoso

I Greci adottarono il mito di Efesto dai popoli dell’ Asia Minore e delle isole Cicladi.

Efesto (in greco antico: Hφαιστος, Hēphaistos) oltre ad essere il dio del fuoco, è la divinità delle fucine, dell’ingegneria, della scultura e della metallurgia.

I suoi simboli sono il martello da fabbro, l’incudine, le tenaglie, la scure.

Era adorato in tutte le città della Grecia ricche di attività artigianali ma soprattutto ad Atene. Nell’IliadeOmero racconta che Efesto era brutto, zoppo, deforme dalla nascita e dal cattivo carattere, ma possedeva una grande forza nei muscoli delle braccia e delle spalle e realizzò la maggior parte dei magnifici oggetti e delle armi degli dèi. La sua grande fucina si trovava nelle viscere dell’Etna e lavorava insieme ai suoi ciclopi, i cui colpi delle incudini e il cui ansimare faceva brontolare i vulcani della zona. Il fuoco della loro fucina arrossava la cima dell’Etna.

Efesto fu concepito da Era per vendetta nei confronti del marito Zeus, per i tradimenti subiti nel corso dei millenni. Leggenda narra che appena lo vide, Era lo lanciò dall’Olimpo, facendolo cadere giù. Nell’Iliade Efesto stesso racconta come continuò a cadere per molti giorni e molte notti per poi finire nell’oceano, dove venne allevato dalle Nereidi Teti ed Eurinomee, che gli donarono una grotta come fucina. Efesto si vendicò costruendo e donando ad Era un trono d’oro che la imprigionò non appena vi si sedette. Efesto acconsentì a liberare Era solo se lo avessero riconosciuto come dio.

Tra Efesto ed Afrodite fu un matrimonio combinato e la dea della bellezza, segretamente innamorata di Ares, dio della guerra, più volte tradì il marito che, stanco di essere umiliato, se ne tornò sulla Terra, nelle viscere del monte Etna, e decise di lasciare l’Olimpo per sempre.

Vulcano

Presso gli antichi popoli Italici, in epoca antecedente all’avvento di Roma, esisteva l’ etimo latino Volcanus, Volkanus o Vulcanus, che si ritiene di origine indoeuropea, associato alla divinità del fuoco vulcanico. Al dio sono attribuiti gli epiteti Mulciber (che addolcisce) e Quietus e Mitis (tranquillo) che servono a scongiurare la sua azione distruttiva. In seguito all’identificazione di Vulcano con il greco Efesto, l’epiteto Mulciber fu interpretato come “colui che addolcisce i metalli nella forgia“. Il suo culto conservava uno dei principali centri a Pozzuoli, nei Campi Flegrei. I Romani ereditarono questo culto dagli Etruschi ed esso assunse, ben presto, forte rilevanza: Varrone riferisce, citando gli annales pontificum, che re Tito Tazio aveva dedicato un altare a Vulcano e, nel corso dell’età monarchica, sembra che Servio Tullio fu ritenuto diretto discendente del dio.

Vulcano è, dunque, il dio romano del fuoco terrestre e distruttore, rivolto contro le potenze ostili, e questo spiega perché i suoi templi dovessero essere costruiti fuori o al limite esterno delle mura e perché a Vulcano si consegnassero, bruciandole per annientarle, le armi e le spoglie del nemico prese sul campo di battaglia, come anche le armi del sopravvissuto alla devotio.

Il dio è il patrono anche dei mestieri legati ai forni (cuochi, fornai, pasticceri) e se ne trova attestazione in Plauto, Apuleio (dove è menzionato come cuoco alle nozze di Amore e Psiche) e nel poemetto di Vespa contenuto nell’Anthologia Latina e incentrato sulla contesa tra un fornaio e un cuoco.

Belisma: dio del fuoco al femminile

Belisma (dal protoindoeuropeo “bel“, “luce“) o Belisama era la divinità del fuoco adorata in Europa continentale dall’Illiria alle isole britanniche, da Iberi, Liguri e Celti. Era connessa anche con la luce, con le arti e con i corsi d’acqua. Molte sono le iscrizioni trovate a lei dedicate. Famose quella di Saint-Lizier in Aquitania, che la associa a Minerva, e quella di Vaison-la-Romaine in Provenza, che le dedica un Nemeton (bosco sacro): questa usanza è arrivata fino a noi tramite le cappellette che ancora oggi si trovano in campagna all’inizio o all’interno di un bosco o di quello che un tempo lo era. Al loro interno si trova sempre una Madonna a cui si offrono fiori freschi.
In epoca romana, il fiume Ribble in Inghilterra era conosciuto con il nome di Belisama. Veniva festeggiata il 1° Maggio (Beltane).
Col biancospino, pianta sacra alla dea, sembra abbia segnalato a Belloveso il luogo dove fondare Milano. Sempre legata alla dea era la Scrofa bianca: la fondazione di Milano, secondo la tradizione, avvenne nel VI secolo a.C. nel luogo dove fu trovata una scrofa semilanuta, opera di una tribù celtica che sconfisse gli Etruschi, popolo che fino ad allora aveva dominato la zona.

Loki

In molti miti norreni, Loki è lo scaltro dio dell’astuzia e del caos ma pochi sanno che il suo nome è legato al fuoco, elemento collegato sia alla civilizzazione che alla distruzione.  Loki non è indicato come un dio malvagio in senso assoluto: egli aiuta alternativamente dèi e giganti a seconda di quale linea di azione sia più vantaggiosa per lui in quel momento. Conosce e abbraccia il principio del male ma difende e preserva il bene per mantenere l’equilibrio degli opposti: la sua presenza è fondamentale perché rappresenta quel male che deve necessariamente contrapporsi al bene.

Loki possiede tratti fisici di una bellezza eccezionale, che ispirano nello stesso tempo ammirazione e paura, segno dell’ambiguità che lo caratterizza. Essere dai confini sessuali incerti, è famoso per aver partorito una progenie di esseri spietati ma ha anche generato Sleipnir, il fidato e velocissimo cavallo di Odino.

Svarog

Nella mitologia slava, Svarog (in slavo ecclesiastico Сваро́гъ, russo Сварог, polacco Swaróg) è una divinità comunemente equiparata ad Efesto e sempre associata al fuoco (della fornace, come un fabbro sacro protettore della metallurgia; della casa, come protettore del focolare domestico; del cielo, come il fabbro che realizzò il disco solare).

Secondo la Cronaca Ipatiana, Svarog è il padre degli altri dèi, creatore del sole e protettore delle tradizioni.

Nel Cristianesimo Svarog è associato ai Santi Cosma e Damiano e a San Michele Arcangelo.

Presso alcune mitologie slave era venerata la triade Tryglav, Trigelawi (dalle tre teste), di cui Svarog era parte. Secondo il libro di Veles, Tryglav rappresentava i tre regni in cui era diviso il mondo, la Terra, il Cielo e l’Oltretomba. Svarog lottò contro Zmaj, sanguinoso serpente gigantesco o drago a più teste, simbolo del disordine. Dopo averlo soggiogato, lo usò come aratro per separare il mondo dei vivi da quello dei morti, stabilendo così la “legge”. Da quel momento Zmaj regnò nella sfera dei morti, mentre Svarog si stabilì in quella celeste.

Tuttora in alcune forme di neopaganesimo, è il dio supremo e fulcro della santa trinità. Rappresentato come un drago alato o un serpente di fuoco, i suoi animali sacri erano il bue, il cavallo, il cinghiale e il falco. Svarog è uno dei nomi tabù del falco sacro dagli occhi di fuoco.

Agni: dio del fuoco oltreoceano

Presso la religione induista, il dio del fuoco è Agni, figlio del cielo e della terra (Dyaus e Prthivi). Si tratta di una divinità vedica, che rappresenta le forze della luce. È inoltre un invincibile guerriero ed il signore del luogo della cremazione e del fuoco della foresta; appartiene a lui, infine, il “calore” generato nelle pratiche yoga.

La sua principale manifestazione è “il fuoco che brucia sull’altare dei sacrifici“, in quanto brucia i demoni che minacciano i sacrifici. È inoltre mediatore tra gli dèi e gli umani. In lui si incarna il “fuoco universale”, che nell’uomo si percepisce nella collera, nel bruciante pensiero e nel calore della digestione (secondo l’Ayurveda, medicina tradizionale utilizzata in India fin dall’antichità, infatti,  Agni è il fuoco vitale, che anima tutti i processi biologici, e rappresenta il metabolismo digestivo).

Agni si può manifestare sotto tre forme: Davagni, Vadavagni e Jatharagni (o Vrika)

Ad Agni è legato il numero 7; difatti, 7 sono le madri, le sorelle ed i raggi da cui è circondato. Ha anche tratti di divinità acquatica, difatti è chiamato “colui che si veste del mare” e “colui che vivifica il seme nell’acqua“.

È raffigurato in forma di uomo rosso con due teste, quattro braccia e tre gambe, occhi scuri e fiamme che gli fuoriescono dalla bocca, sempre a cavallo di un ariete. Nelle mani sorregge gli strumenti per ravvivare il fuoco e il cucchiaio dei sacrifici. In altre rappresentazioni, ha sette lingue e capelli di fuoco oppure un corpo dorato, denti possenti, mille corna e mille occhi.

Kagutsuchi

Nello scintoismo, religione di natura politeista e animista nativa del Giappone, il dio del fuoco è Kagutsuchi (カグツチ?). Ultimo figlio di Izanami e Izanagi, la leggenda narra che fu ucciso dal padre perché la sua nascita era costata la vita alla dea Izanami: il dio infatti usò la sua spada per decapitarlo e tagliare il suo corpo in otto parti, divenuti poi vulcani; dal sangue colato dalla spada, inoltre, nacquero otto divinità, tra cui Watatsumi, dio del mare, e Kuraokami, dea della pioggia e della neve.

Chantico, Coatlicue e Ometecuhtli

Presso gli Aztechi, la divinità del fuoco era rappresentata da tre diverse entità.

Chantico (“colei che dimora nella casa“) era la dea del fuoco, del focolare e dei vulcani. Il suo nome deriva da “Chantli”, che è un modo per dire “casa” in Nahuatl, lingua originaria azteca.

Coatlicue (“veste di serpenti“) era invece la dea del fuoco e della fertilità, madre delle stelle del sud. Coatlicue fu resa feconda da una sfera piumata. I suoi figli la uccisero, ma il figlio che aveva in grembo fuoriuscì dal suo ventre ed uccise i suoi fratelli e sorelle, vendicando la madre.

Il 13 agosto 1790, nella piazza principale di Città del Messico, fu rinvenuta una statua della dea in ottime condizioni. Oggi questo reperto è custodito presso il Museo nazionale di antropologia di Città del Messico.

Ometecuhtli (“signore della dualità“) era una divinità del fuoco, un dio creatore ed una delle maggiori divinità del pantheon. Lui e la sua sposa, Omecihuatl, furono la fonte di ogni forma di vita sulla terra.

Fonte immagine: https://it.wikipedia.org/wiki/Efesto

 

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