Concept album: i 6 più emblematici

Concept album: i 6 più emblematici

Con concept album, per definizione, si intende un album in cui tutte le tracce, se ascoltate in ordine, contribuiscono a formare una storia e a raccontarla, o spesso sono brani uniti da una tematica comune che si sviluppa nel corso dell’album nei modi più disparati. Il genio dietro la creazione di questi album  Nella produzione è come se si andassero a unire più arti insieme – che siano musicali, visive o letterarie – ed è qui che si percepisce il genio dietro la creazione di questi album.

Il panorama estero e italiano pullula di concept albums, ciascuno dei quali sviluppato in modi e generi differenti. In questo articolo ne abbiamo selezionati 6, italiani ed esteri, rock e non: andiamo a scoprire insieme quali sono!

Concept album: i 6 più emblematici

  • “The Wall” – Pink Floyd (1979)

Undicesimo album in studio della band, trattasi di un concept album rock dai toni autobiografici per il bassista della band, Roger Waters, che continua a regalare ancora oggi performance che strappano il cuore. Nell’ultimo tour, che ha di recente fatto tappa anche al Mediolanum forum di Milano, l’artista ha lasciato il palco sulle note di “Outside the wall”, canzone conclusiva dell’album e che richiama alla liberazione del protagonista. È, quindi, possibile rivedere alcuni aspetti di Waters e anche di Syd Barrett (storico fondatore dei Pink Floyd a cui Waters era molto legato) all’interno di Pink, protagonista del concept album. Pink è, infatti, una rockstar all’apice del suo successo, ma a causa della pressione che questo comporta e del rapporto difficile che ha con i suoi fan, si trova a riflettere su tutta la sua vita, dalla morte del padre fino alla crisi di coppia che attraversa con la moglie. Nella prima canzone, “In the flesh?“,  invita tutti gli spettatori ad assistere allo spettacolo della sua vita, trovandosi poi con “The thin ice” e “Mother” a ricordare la perdita di suo padre e la morbosità che la madre ha sviluppato nei suoi confronti nel tempo, cercando costantemente di tenerlo sotto la sua ala e proteggerlo dalla realtà circostante. È proprio qui che Pink cede e inizia a costruire questo muro (“Another brick in the wall part 1-2-3”) che lo separa dalla vita attorno a lui e lo preserva dal dolore e dalle delusioni. Pink si trova da solo, gli unici in grado di scavalcare questo muro sono i suoi manager, che lo salvano da un’overdose fatale (“Comfortably numb”) con il solo scopo di riportarlo sul palco e usarlo come una macchina macina soldi; ripresa coscienza di sé Pink, però, capisce che l’unico modo per poter uscire da quella condizione di isolamento si trova dentro di sé facendo i conti con il proprio passato. Istituisce, allora, un vero e proprio processo mentale – narrato in “The trial” – in cui ripercorre tutta la sua vita e al termine del quale riesce finalmente ad abbattere questo muro e affacciarsi alla vita (nei primi secondi di “Outside the wall” si possono sentire i calcinacci del muro che si sgretolano).

  • “Museica” – Caparezza (2014)

Pietra miliare della sua discografia, sesto album in studio – nonché formidabile concept album – è capace di unire in sé musica e arte visiva, trasformando l’ascolto di questo album in una vera e propria visita al museo; sono costanti i riferimenti all’arte in canzoni come “Mica Van Gogh”, “Comunque Dada” e “Giotto Beat”, ma anche al mondo della musica Caparezza dedica una sezione specifica nel suo concept album. “Cover” è, infatti, una canzone interamente dedicata alla storia musicale – come si potrebbe già dedurre dal suo titolo – e le menzioni ai grandi della musica e ai loro album più famosi al suo interno non mancano: “Yes, Iron Maiden, Metallica, Pink Floyd“; i nomi che figurano tra i suoi versi sono davvero tantissimi. Ma in esso non si parla solo di arte e di musica, vi è infatti una particolare attenzione anche al mondo della letteratura – in particolare proprio a quella italiana -: “Argenti vive” è, infatti, il rovesciamento della vicenda che abbiamo sempre studiato a scuola. Laddove a noi viene insegnato che Filippo Argenti era stato collocato da Dante all’Inferno, grazie a questa canzone abbiamo modo di sentire proprio il punto di vista dell’Argenti, che prova a giustificare la scellerata scelta compiuta dal poeta. Onorabile menzione anche a “China town”, meravigliosa ballad all’interno della quale Caparezza esprime il suo profondo amore per la scrittura; per la scelta del titolo fu ispirato non solo alla china che si utilizzava un tempo per scrivere, ma anche a un’opera d’arte: il “Quadrato Nero” di Kazimir Severinovič Malevič. Il termine dell’album è sancito dal fatto che si è ormai fatto tardi e il museo deve chiudere, dunque tutti gli spettatori devono uscire.

  • “Mellon Collie and the Infinite Sadness” – The Smashing Pumpkins (1995)

Nato come concept album, è stato poi sviluppato in maniera più ampia e i brani al suo interno appaiono meno vincolati tra loro, ma tuttavia hanno tutti una tematica comune: le emozioni umane. Attraverso questo album viene trasmessa una vasta gamma di emozioni umane: rabbia (“Bullet with butterfly wings”), nostalgia, perdono. È un viaggio attraverso le emozioni umane, la vita e la morte, la gioventù e la vecchiaia, un album che parla di vita a 360 gradi.

  • “The Black Parade” – My Chemical Romance (2006)

Anche se potremmo dire che l’intera discografia dei My Chemical Romance è per la quasi totalità composta da concept album, The black parade resta senza dubbio la loro punta di diamante. L’album racconta la storia del paziente, un ragazzo che sta per morire a causa del cancro e che si trova a ripercorrere tutta la sua vita attraverso le tracce proposte. Parla della sua esperienza con le droghe e della vita spericolata che conduceva (“The sharpest lives” – “House of wolves”), della relazione complicata con la sua vecchia fidanzata (“I don’t love you”) e dei ricordi di infanzia, di quando suo papà lo portava in città a osservare la parata con “Welcome to the black parade” – una canzone che suona nell’album sia come ricordo della sua infanzia sia come un inno alla parata nera che lo aspetta, ovvero la morte.  C’è poi la traccia “Cancer”, in cui il paziente sta per lasciare questo mondo e invita gli spettatori a guardare altrove e non soffermarsi sul suo corpo gonfio per la chemio, i capelli mancanti, e altre caratteristiche che la battaglia contro la terribile malattia comporta. L’album si conclude, infine, con la traccia “Famous last words”,  un brano che sembra quasi un inno a continuare a vivere e che lascia un finale aperto, non lasciando intendere se il paziente alla fine della storia sia effettivamente morto o meno.

  • “American Idiot” – Green Day (2004)

Primo concept album della band – nonché pioniere di una generazione intera – American Idiot con le sue canzoni narra la storia di Jimmy, un giovane ragazzo che esprime il suo desiderio di scappare via dalla periferia in cui viveva e dalle grandi bugie che gli venivano propinate nelle canzoni iniziali dell’album: “American Idiot”, “Jesus of Suburbia” e “Holiday”. Con “Boulevard of broken dreams”, invece, si ritrova a vagare in questa landa desolata. Spinto da questo senso di non appartenenza si aliena, creando senza accorgersene un alter ego, St. Jimmy, con cui il protagonista scopre il mondo della droga (“Give me novacaine”). Subentra, poi, un nuovo personaggio nella storia, una ragazza, Whatsername, di cui Jimmy si innamora perdutamente anche senza sapere il suo nome; la ama perché è una ribelle e anche lei lontana dalla società che Jimmy tanto detestava. Tuttavia è proprio lei a scuotere la coscienza di Jimmy e fargli realizzare che St. Jimmy altro non era che un alter ego; alla fine Jimmy ritorna sui suoi passi e ritorna in quel luogo tanto odiato, con sua madre che lo attende (“Homecoming”).

  • “Metropolis Pt. 2: Scenes from a Memory” – Dream Theater (1999)

Album dalle corde molto toccanti, con esso i Dream Theater raccontano la storia di Nicholas, un ragazzo che, attraverso la psicoterapia, cerca una risposta agli incubi che lo tormentano ogni notte; la storia inizia, infatti, con il ticchiettio del pendolo con lui lo psicoanalista invita Nicholas a chiudere gli occhi e rilassarsi per poter iniziare la seduta, guidandolo con le parole nella dimensione onirica. È proprio in essa che Nicholas scorge una figura femminile, a cui però non riesce a dare un nome o un volto: scoprirà poi essere Victoria, una giovane fanciulla vissuta anni prima e che è stata protagonista di un destino infelice. Nicholas scopre ciò indagando, incontra un anziano che gli racconta che Victoria era stata assassinata nel 1928, ma si rifiuta di dare ulteriori dettagli al ragazzo, che deve proseguire l’indagine da solo.  Leggendo un giornale, Nicholas scopre che l’unico testimone oculare della vicenda era Edward, e che con la testimonianza di quest’ultimo l’omicidio era stato archiviato come un delitto passionale, dovuto al fatto che Victoria voleva lasciare il suo fidanzato e ciò lo avrebbe portato a compiere un omicidio-suicidio. Tuttavia non era la verità e Victoria aveva cercato di mettersi in contatto con Nicholas nei suoi sogni proprio per far sì che la verità venisse a galla, e infatti la storia si risolve con la risoluzione dell’omicidio e la liberazione delle anime dei due amanti. La verità era che Victoria voleva lasciare Edward per vivere con Julian e che Edward, accecato dalla rabbia, aveva ucciso entrambi, spacciandolo come delitto passionale e non duplice omicidio. Un viaggio meraviglioso attraverso la vita, la morte e la verità e la riscoperta dell’amore e dei privilegi che si possiedono.

Immagine di copertina tratta dall’interno dell’album “The Wall” – Pink Floyd

A proposito di Giada Bonizio

Sono una studentessa dell'Università degli studi di Napoli "l'Orientale", amo leggere, la musica e l'arte.

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