Halloween in Italia, tradizioni di una festa nostra

Halloween in Italia

Da Is amineddas alle Lumere, dai Fuocacoste alle Suche. Queste e tante altre sono le tradizioni di Halloween in Italia.

Da quando Halloween si celebra nel nostro paese, puntuali arrivano le polemiche contro la festa simbolo della stagione autunnale. Si tratta di critiche mosse soprattutto da gruppi religiosi e ultracattolici che definiscono la notte del 31 ottobre come macabra e inquietante, dove il diavolo viene celebrato. Altre critiche, invece, di stampo patriottico e propagandistico, riducono Halloween a un’“americanata”, una festività importata dagli Stati Uniti e quindi emblema di una società consumistica volta a spazzare via la nostra lingua e le nostre tradizioni.

Se state leggendo queste righe e rientrate in una di queste categorie, ci tocca darvi una brutta notizia: Halloween non è una festa demoniaca e, spoiler, non è nemmeno un’americanata!

Ebbene sì; Halloween in Italia ha origini molto profonde e ogni regione del nostro paese ha un patrimonio di festività locali che richiamano alla notte delle zucche, dei fantasmi e delle streghe.

Perciò, mettetevi comodi: accendete il caminetto, preparate una tazza di tè caldo, una coperta da mettervi sulle gambe e scoprite “quant’è profonda la tana del bianconiglio” con le tradizioni di Halloween in Italia.

Halloween in Italia, le origini

La festa di Halloween ha origine in Irlanda e in un’altra festività: Samhain, il Capodanno celtico.

I Celti, stabilitisi in Irlanda e in molte altre parti d’Europa tra l’VIII e il VII secolo a.c., erano un popolo pagano dedito alla pastorizia e scandiva il ciclo delle stagioni attraverso la Ruota dell’anno: essa era suddivisa in otto raggi corrispondenti a otto periodi dell’anno in cui si celebravano quattro sabba minori e quattro maggiori.

Samhain, che significa “Fine dell’estate”, era uno dei sabba maggiori e si celebrava dal tramonto del 31 ottobre a quello del 2 novembre. Si festeggiavano l’ultimo raccolto estivo e l’inizio dell’anno nuovo che coincideva con l’inverno, la “stagione oscura”. L’opposto di Samhain è Beltane, l’altro sabba maggiore che si celebrava il primo maggio e il cui nome significa “mezza estate” (non a caso, pare che Shakespeare abbia scritto la commedia Sogno di una notte di mezza estate ispirandosi a tale celebrazione).  

L’importanza di Samhain risiede nel dualismo “morte/rinascita”: dopo l’ultimo raccolto estivo la terra riposa, per poi rinascere in primavera. Alla Mezzanotte del 31 ottobre il velo che divide il nostro mondo da quello dei morti (Altro Mondo o Sidhe, l’aldilà celtico) si assottiglia permettendo ai vivi di visitare l’oltretomba e agli spiriti di tornare sulla terra: spiriti che non erano soltanto i fantasmi dei defunti, ma anche diverse entità come folletti o poltergeist.

Alla vigilia della festa i fuochi delle case venivano spenti e la gente si radunava sulle colline, dove veniva preparato un grande falò. Quando la Mezzanotte era trascorsa e gli spiriti si erano allontanati, i druidi accendevano il sacro fuoco e si dava inizio a festeggiamenti tutt’altro che lugubri e solenni: si organizzavano sontuosi banchetti a cui partecipavano anche i poveri, veniva offerto del cibo agli spiriti per ingraziarseli e, come succede ancora oggi, ci si travestiva in modo bizzarro per allontanare gli spettri o semplicemente per divertirsi (gli uomini, ad esempio, si travestivano da donne e viceversa). Inoltre, si facevano scherzi molto “pesanti” come gettare aratri e carri negli stagni o portando i cavalli di qualche pastore in un altro campo.

Il senso di Samhain era quello di celebrare la vita che rinasce a ogni nuovo ciclo, in una stagione come l’inverno che i celti associavano alla morte e che esorcizzavano tramite una festa fatta di bevute, canti e allegria.

Da Samhain ad Halloween

«Si, tutto interessante. Ma questo cosa c’entra con Halloween in Italia?». Tranquilli, adesso arriviamo al punto.

Con l’avvento del cristianesimo e l’evangelizzazione delle Isole Britanniche, la Chiesa cercò di cancellarne i culti pagani senza riuscirci. Decise allora di inglobarli nella sua religione e la stessa sorte toccò a Samhain, che fu accorpata nel giorno di Ognissanti del 1° novembre e in quello della commemorazione dei defunti, in origine celebrato il 13 maggio e poi spostato al 2 novembre per volere di Gregorio III.

L’antico culto non era sparito del tutto. Continuava e continua a essere festeggiato tanto che in Scozia, paese di fede protestante in cui non si celebra Ognissanti, è conosciuto come All Hallows Eve, “Vigilia di Ognissanti”, in seguito contratto in Halloween come il titolo di un poemetto scritto da Robert Burns nel 1785.

Fu a partire dalla metà dell’Ottocento che Halloween raggiunse gli Stati Uniti,  quando una carestia colpi l’Irlanda costringendo i più poveri ad abbandonare la loro terra per cercare fortuna nel paese a stelle e strisce. Lì gli irlandesi si raggrupparono in comunità dove portavano avanti le loro tradizioni, tra cui Halloween che, tuttavia, aveva perso i connotati religiosi per divenire una festa in cui si ballava, si andava di casa in casa a chiedere doni e a giocare scherzi.

Ben presto si unirono ai festeggiamenti altri gruppi di immigrati, tra cui gli italiani giunti in America tra fine ‘800 e inizio ‘900 che in madrepatria conoscevano tradizioni simili a quelle irlandesi.  Sempre in quel periodo si iniziò a intagliare le zucche e a illuminarle con la candela in sostituzione delle rape, che si usavano in Irlanda per commemorare le anime del Purgatorio e che in America scarseggiavano. Era nato il Jack-o-Lantern, dal nome di una famosa leggenda irlandese in cui si racconta di un fabbro che riuscì a ingannare due volte il diavolo fino a quando la sua anima non venne reclamata all’inferno.

Dal secondo dopoguerra, Halloween iniziò a essere festeggiato in America soprattutto dai bambini che, ancora oggi, vanno di casa in casa travestiti da mostri, streghe e personaggi di cartoni animati a reclamare caramelle pronunciando la formula “Dolcetto o scherzetto?” (“Trick or treat?”) e dai giovani che partecipano a feste a tema o vanno in giro a fare scherzi, qualche volte sfiorando il vandalismo. E anche se non è una festività sentita come il Natale o Pasqua, Halloween in Italia viene comunque celebrato con feste ed eventi lungo tutto il territorio. 

Halloween in Italia, le tradizioni

Dopo questa lunga, ma doverosa introduzione, possiamo finalmente giungere al succo del discorso. Anche nel nostro paese esistono festività che richiamano ad Halloween in Italia. Si tratta di eventi molto antichi e oggi scomparsi o poco praticati, ma che testimoniano il retaggio con la festa di origini irlandesi tramite molti elementi in comune.

Partendo dal Nord Italia, in Friuli si festeggia la Fiestas dalis Muras, la “Festa delle zucche”. Il 31 ottobre si scavavano e si illuminavano delle zucche per poi sistemarle davanti alla porta di casa in modo da ingraziarsi gli spiriti e di illuminare la strada ai defunti, che in quell’occasione escono dalle tombe per andare in pellegrinaggio nelle chiese. Leggenda vuole che chi entra in chiesa durante questa notte sia destinato a morire al canto del gallo o al sorgere della “bella stella”, il sole.

In Liguria, il giorno di Ognissanti, si preparavano le camere e i letti per le anime dei defunti e come offerta venivano preparate fave secche (i bacilli) e castagne bollite (i balletti). Veniva anche accesso un fuoco nel cammino, per permettere agli spiriti di riscaldarsi. Una credenza popolare ligure vuole che i morti tornino sulla terra tramite una processione inquietante, vestiti di cappa e cappuccio nero.

L’usanza di preparare le camere per i defunti si trovava in Lombardia, anche se in alcune zone avveniva il 31 ottobre. Nella stessa sera le famiglie lasciavano sul davanzale delle finestre una ciotola di latte o di vino rosso per i defunti. A Milano e in Brianza si intagliavano delle zucche illuminate con grandi candele (dette “Lumere”, in dialetto) e si andava in giro a spaventare i passanti e a chiedere di casa in casa il “cibo per i morti” costituto da noci, castagne e nocciole. In molte case viene ancora preparato il “pan dei morti”, un biscotto secco sbriciolato a base di cacao e frutta secca.

Spostandoci in Valle d’Aosta troviamo una tradizione ancora oggi osservata da molte famiglie. La sera si prepara per i “bons défuns”, i cari estinti, una tavola imbandita con castagne, vino, formaggio, pane e salsicce. Inoltre, fino agli anni ’50, le parrocchie di Aosta suonavano le campane dal crepuscolo fino al pomeriggio di Ognissanti. E proprio come succedeva con Samhain si accendono dei grandi falò, così come avviene in Piemonte dove la sera di Ognissanti si prega per i defunti e si cena, lasciando in tavola gli avanzi. Le famiglie, poi, si recano al cimitero lasciando libera la casa per gli spiriti, in modo che possano mangiare in pace. Viene anche preparato il dolce tipico, le “ossa dei morti”, biscotti a forma di ossa umane.

Anche in Veneto si preparavano le ossa dei morti che venivano lasciate come offerta sulla tavola ai defunti, assieme a un bicchiere di vino rosso e ai loro piatti preferiti. Le zucche avevano un ruolo importante in quanto venivano intagliate e illuminate per simboleggiare la resurrezione dalla morte, ma si racconta che in passato i ragazzi portavano con sé queste zucche accese e si nascondevano nei pressi dei cimiteri, dietro siepi o alberi, spaventando gli ignari passanti che si trovavano nelle vicinanze. Questa usanza era nota con il nome di “suche dei morti”.

In Trentino si preparavano dei pani dolci detti “cavalli”, molto probabilmente legati al culto della dea Epona che era protettrice di questi animali e accompagnava le anime nell’Oltretomba. Il 2 novembre, invece, i più piccoli bussavano alle porte delle case chiedendo “cuzze per i vivi, requie per i morti, carità per i vossi pori morti”, una formula che ricorda molto “Dolcetto o scherzetto”. In Valle Aurina nei primi nove giorni di novembre si può ricevere la visita dei Pitschelesingen, uomini con una maschera di legno che cantano chiedendo offerte per i più poveri.

Tradizioni di Halloween in Italia, centro e sud 

In Emilia-Romagna la sera della vigilia di Ognissanti si imbandiva la tavola con il cibo dei morti, costituito da polenta e fagioli. Anche qui i letti e le stanze venivano rassettati per permettere agli spiriti di riposare dopo il lungo viaggio. In passato era diffusa la “Carità di murt”, un’antica usanza con la quale i poveri, spesso giovani mascherati, bussavano alle porte chiedendo offerte per placare le anime dei defunti.

In Toscana la zucca era protagonista del “gioco dello zozzo”: si intagliava una zucca, la si vestiva in modo da farla sembrare un mostro e la si metteva nel giardino come una sorta di spaventapasseri, spaventando il malcapitato di turno. Anche qui si praticava la carità ai poveri con la giornata dei “bèn d’i mort” dove le famiglie più abbienti avevano il dovere di distribuire cibo e, chi poteva, un po’ di vino ai bisognosi. Ai bambini venivano regalate le “sfilze”, delle collane fatte di mele e castagne bollite.

In Umbria e nelle Marche si preparano gli “stinchetti dei morti”, biscotti alle mandorle mangiate dai parenti dei defunti per alleviare la loro sofferenza (si racconta che mangiarne uno corrisponda a una carezza da parte del parente perduto). Invece, in Molise si credeva che i defunti tornassero alla vigilia di Ognissanti e che restassero sulla terra fino all’Epifania. In tutta la regione erano diffusi diversi rituali come quello di andare a dormire presto per lasciare la casa libera ai defunti, che si sarebbero ristorati. Inoltre, la zucca veniva intagliata in modo che avesse un volto umano ed era chiamata “mort cazzuta” (“caz” in dialetto significa “tagliare”).

Una delle usanze più diffuse in Abruzzo era quella di mettere sulle tombe dei defunti un lume acceso, affinché potessero servirsene per tornare a casa. Anche qui i giovani bussavano alle porte chiedendo offerte per i poveri e in alcune zone disegnavano teschi, tibie e scheletri sugli usci come segno del loro passaggio.

Molto particolare è un rito che si faceva a Roma, nel Lazio. Si consumava un pasto vicino alla tomba del caro defunto per fargli compagnia ed erano immancabili le questue del 2 novembre dove si chiedeva il “bé pei Morti”, le offerte per i poveri. In caso di rifiuto, si lanciavano imprecazioni contro le famiglie e le loro abitazioni.

Scendendo in Puglia, per la precisione a Foggia, si celebra la notte dei “Fuocacoste e Cocce Priatorje (“Falò e teste del Purgatorio”). In questa festività, che sembra risalire all’anno Mille, si intagliavano delle zucche, le “cocce”, a forma di croce e lasciate all’ingresso per scacciare le anime dei dannati e accogliere quelle beate al banchetto. A mezzanotte uomini incappucciati e vestiti di nero giravano di casa in casa chiedendo “l’aneme d’i murt” (“l’anima dei morti”), gli avanzi del banchetto distribuiti ai poveri.

In Basilicata, invece, era usanza comune mettere a tavola una posata in più durante il pranzo del 2 novembre per offrire ospitalità a qualche anima del Purgatorio. Nel Potentino è diffusa la credenza che la notte del 2 novembre i defunti riacquistino momentaneamente il proprio corpo terreno e che si aggirino per le città fino all’Epifania.

La Campania presenta molte tradizioni per quanto riguarda il Giorno dei Morti. Molte famiglie avevano l’accortezza di lasciare un secchio colmo d’acqua in cucina per far bere le anime e si preparava una stanza per loro. Era inoltre presente l’usanza della questua, con i giovani che giravano per strada con una scatola di cartone con sopra una fessura e decorata con un teschio chiedendo ai passanti soldi per le anime del Purgatorio. In occasione di Ognissanti, di Halloween a Napoli, si mangia il “torrone dei morti”, a base di cioccolato e nocciole la cui forma ricorda quella di una bara. Alcune famiglie ne lasciano un pezzetto sulla tomba dei loro cari.

In Calabria si organizzavano delle processioni al cimitero per la vigilia di Ognissanti dove si pregava e sulle tombe si organizzavano dei banchetti aperti a tutti. In alcuni paesi esiste ancora la tradizione del “Coccalu di mortu”, una zucca intagliata con la forma di un teschio e illuminata con una candela accesa che veniva portata per strada da ragazzi che chiedevano ai passanti cibo pronunciando la formula “Mi lu pagati lo cocalu?” (“Me lo pagate il teschio?”).

In Sicilia il giorno di Ognissanti è dedicato principalmente ai bambini che entrano in contatto con i misteri della morte in modo allegro e colorato. A quelli che si sono comportati bene durante l’anno vengono dati “li cosi dei morti”, dolci che vengono donati direttamente dai defunti. A Palermo si prepara un dolce noto come “Frutta di Martorana”, a base di farina e zucchero e a forma di frutta. Altri dolci tipici sono dei panini a forma di mani (le “mani”) e dolci di marzapane a forma di dito (le “dita di apostolo”).

Infine, in Sardegna si festeggiava “su mortu mortu” il 1°novembre dove gruppi di bambini bussavano alle case chiedendo “is animeddas”, le “anime”, ricevendo dolci in ricordo dei parenti defunti. Altra festività importante è quella di Sant’Andrea a Martis, celebrata a nord dell’isola la notte del 30 novembre. Gruppi di uomini percorrono le strade percuotendo coltelli e scuri per intimorire i ragazzi e i bambini che, con delle zucche vuote in mano, bussano alle porte sbattendo coperchi e mestoli recitando la formula “Sant’Andria, muzza le mani!” (“Sant’Andrea, mozza le mani”) e ricevendo cibo e bevande.

Conclusioni

Come abbiamo visto, la tradizione di Halloween in Italia è radicata nel profondo della nostra cultura e anche se di queste tradizioni ne sopravvivono poche, soppiantate dalla variante lugubre e spensierata degli Stati Uniti, è sbagliato affermare che quella delle zucche sia una festa “importata”.

Allo stesso modo, è sbagliato definirla anche un qualcosa legato al male e al satanismo. Molte delle tradizioni regionali che sono state elencate hanno stretti contatti con la religione e ne rafforzano il legame, soprattutto con ciò che concerne il mondo dei morti.

Perciò, che andiate a bussare alle porte in cerca di dolci o a partecipare a qualche festino mondano o ad aspettare Il grande cocomero come fa Linus: Buon Halloween, Samhain, o giorno di Ognissanti. E buona rinascita a tutti!

Leggi anche:

Fonti

Roberto Fattore, Samhain – La festa dell’oscurità in Feste Pagane, alla riscoperta della Ruota dell’Anno e della dimensione magica del Tempo, Macro Edizioni, pp. 89 – 102

Le tradizioni italiane di Halloween in Le vere origini di Halloween

Immagine di copertina: Pixabay

A proposito di Ciro Gianluigi Barbato

Classe 1991, diploma di liceo classico, laurea triennale in lettere moderne e magistrale in filologia moderna. Ha scritto per "Il Ritaglio" e "La Cooltura" e da cinque anni scrive per "Eroica". Ama la letteratura, il cinema, l'arte, la musica, il teatro, i fumetti e le serie tv in ogni loro forma, accademica e nerd/pop. Si dice che preferisca dire ciò che pensa con la scrittura in luogo della voce, ma non si hanno prove a riguardo.

Vedi tutti gli articoli di Ciro Gianluigi Barbato

One Comment on “Halloween in Italia, tradizioni di una festa nostra”

Commenta