Idunn (nota anche come Idun o Iðunn in norreno) è una figura centrale nella mitologia nordica, venerata come la dea associata all’eterna giovinezza e alla vitalità.
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Chi è la dea Idun e qual è il suo ruolo
Idun è la moglie di Bragi, il dio della poesia e della saggezza. Mentre il marito nutre le menti degli uomini con il nettare dei poeti, Idun ha un compito altrettanto fondamentale: si reca quotidianamente ad Asgard (o Ásgarðr), la dimora degli Asi (o Æsir, gli dèi nordici che non sono immortali ma destinati a perire durante il Ragnarök), dove nutre le divinità. Il suo dono non è latte o ambrosia, bensì delle mele d’oro che regalano a chi le mangia salute e giovinezza perpetua. Quando gli dèi cominciano a sentire il peso del tempo, non devono fare altro che mordere i suoi frutti per riacquistare l’antico vigore.
Idun è una dea pacifica, una figura rasserenatrice. Durante un acceso litigio nella corte degli Asi, quando Loki e Bragi cominciarono a scambiarsi insulti e minacce, ella intervenne per mettere pace. In quell’occasione Loki le rinfacciò di essere una donna vogliosa di uomini e di aver stretto tra le braccia persino l’assassino di suo fratello. Non sappiamo, però, chi fosse il fratello di Idun e chi lo uccise e, in realtà, non siamo neppure certi se l’accusa di Loki corrisponda al vero.
Le origini e la stirpe di Idun non sono del tutto chiare. Alcune leggende affermano che sia figlia dello gnomo Iwaldi, o appartenente alla stirpe stessa degli Asi. Altre fonti riportano che discenda dalla stirpe degli álfar (elfi) e sia la minore dei figli maggiori di Ívaldi.
Caratteristica | Descrizione |
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Ruolo principale | Custode dell’eterna giovinezza degli dèi |
Consorte | Bragi, il dio norreno della poesia |
Simboli | Mele d’oro, scrigno di legno di frassino (‘eski’) |
Dimora | Asgard, il regno degli dèi Asi |
Mito principale | Il suo rapimento da parte del gigante Þjazi |
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Idun nella Prosa Edda
Idun è uno dei personaggi che popolano l’Edda, i due testi fondamentali della mitologia norrena, rispettivamente la “Edda in prosa” e la “Edda poetica”. Scritti in Islanda durante il XIII secolo ma con radici in epoche precedenti, questi testi sono la maggiore fonte d’informazione sulla mitologia scandinava. L’autore dell’Edda in prosa, Snorri Sturluson, poeta e storico, descrive Idun come la moglie del dio Bragi, uno “skald” di una cerchia di poeti la cui letteratura ispirava i guerrieri dell’epoca vichinga. Il narratore racconta come Idun dispensasse le mele dell’eterna giovinezza, che custodiva in un “eski”, uno scrigno di legno di frassino. È attraverso i suoi scritti che scopriamo la storia del suo rapimento da parte del gigante Þjazi. Nel testo, Snorri riporta anche una composizione di Þjóðólfr ór Hvíni (scaldo del IX-X secolo), il Haustlǫng, nel quale lo stesso mito è narrato nello stile complesso della poesia scaldica, una fonte che, come attestato dal progetto Skaldic Poetry of the Scandinavian Middle Ages, è preziosa per ricostruire la vicenda.
Il ratto d’Idun: il mito principale
La vicenda ha inizio con un viaggio di Odino, Hœnir e Loki. Le tre divinità non riescono a cucinare un arrosto a causa di un’aquila, sotto le cui spoglie si cela il gigante Þjazi. Loki tenta di colpire l’aquila con un bastone ma questo rimane incastrato nel corpo del rapace, che spicca il volo trascinandosi dietro il dio. Per salvarsi, Loki stringe un patto con Þjazi, promettendo di consegnargli Idun e le sue mele.
Costretto dalla promessa, Loki convince Idun a uscire da Asgard, attirandola in un bosco con la scusa di mostrarle delle mele ancora più prodigiose delle sue. Nel bosco, Þjazi, sempre in forma d’aquila, la rapisce, portandola nella sua dimora montana di Þrymheimr. Privi delle mele di Idun, gli dèi cominciano a invecchiare rapidamente e, scoperto l’inganno di Loki, lo costringono a rimediare. La dea Freyja presta a Loki il suo manto di penne di falco. Così trasformato, il dio raggiunge la dimora del gigante, trova Idun sola, la trasforma in una noce e la porta via. Þjazi, accortosi del furto, si muta di nuovo in aquila e si lancia all’inseguimento. Giunti ad Asgard, gli dèi creano una barriera di fuoco tra le cui fiamme Þjazi perisce. In seguito, Odino dovrà affrontare la figlia di Þjazi, Skaði, decisa a vendicare il padre: a lei verrà offerto, in riparazione, il matrimonio con uno degli dèi.
Una variante della leggenda, presente nell’Haustlǫng, riporta dettagli leggermente diversi, ma il nucleo della storia rimane invariato, mostrando quanto fosse prezioso il ruolo di Idun nella teologia scandinava.
Il simbolismo della fertilità e delle mele
Varie teorie associano Idun e i suoi frutti ai riti legati alla fertilità. La mela, così come la noce in cui Idun viene trasformata, è un potente simbolo di fertilità in molte tradizioni. Nella stessa mitologia scandinava, undici mele d’oro vengono usate per corteggiare la bella Gerðr. La mela è anche protagonista della nascita dell’eroe Völsung: suo padre, Re Rerir, pregò per avere un erede e la dea Frigg gli inviò una mela, che permise a sua moglie di concepire.
Alcuni studiosi suggeriscono che le mele siano un’introduzione più tarda nel mito, poiché il frutto apparve in Scandinavia solo nel tardo Medioevo. Le versioni più antiche, infatti, non nominano un frutto specifico ma parlano di un “ellilyf“, ovvero una “medicina per la vecchiaia”. In antico norreno, la parola “epli“, tradotta come “mela”, poteva in realtà indicare genericamente qualsiasi tipo di frutto o bacca tondeggiante. Il potere di Idun, quindi, risiede nella sua capacità di dispensare la vita e contrastare il decadimento.
Analogie con altre mitologie
Il mito delle mele di Idun presenta numerose analogie con altre mitologie. Dalla leggenda irlandese dei figli di Tuirenn, che rubarono le mele dal giardino di Hisberna, a quella greca del giardino delle Esperidi, fino alla mela dell’Eden nella Bibbia. Il rapimento di Idun, in particolare, ricorda la versione scandinava dell’occultamento negli inferi della dea della primavera. L’archetipo più vicino sembrerebbe essere la vicenda del rapimento di Persefone da parte di Ade, un mito che, come spiegato da fonti autorevoli come l’Enciclopedia Britannica, rappresenta il ciclo delle stagioni. A differenza del mito greco, quello di Idun non ha una connotazione stagionale (estate-inverno), ma piuttosto geografica: la dea, simbolo di vita e calore, viene portata dal sud al gelido mondo dei giganti a nord.
Idun, infine, sebbene legata alla fertilità, non ne è la divinità principale. Il suo ruolo sembra essere piuttosto quello dell’enofora, la coppiera divina. In questo, l’unico personaggio analogo nel mondo classico sarebbe Ebe, la coppiera che mesceva agli dèi olimpici la bevanda dell’immortalità, l’ambrosia.
Immagine in evidenza: it.wikipedia.org (quadro del XIX secolo di Nils Blommér)
Articolo aggiornato il: 06/09/2025
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