Mito degli androgini: Platone e l’Amore

Mito degli androgini: Platone e l'Amore

Un mito arcaico e immortale sull’amore

Il termine androgynus deriva dal greco e già l’etimologia suggerisce l’idea di un doppio, di due entità fuse in uno: la parola è composta, infatti, dai sostantivi “uomo” e “donna” uniti insieme. In fondo, cos’è l’Amore con la A maiuscola se non una coesione totalizzante tra due esseri? Sentiamo continuamente parlare dell’“anima gemella”, dell’“altra metà della mela”, della persona che, amandoci, ci completa e di cui tutti sono alla ricerca nella propria vita. La maggior parte di noi pensa all’amore e alla ricerca di un partner con il quale condividere tutta la propria esistenza e con cui sentirsi appagati, con cui raggiungere la felicità assoluta. Platone ha suggerito il fondamento filosofico e mitologico dell’idea che ognuno di noi ha sull’amore con il mito degli androgini. Scopriamolo insieme.

Il mito degli androgini: Il Simposio platonico

Tra i vari miti appartenenti alla produzione filosofica di Platone ne esiste uno in particolare che tratta l’origine dell’amore: il mito degli androgini o di Aristofane, commediografo greco nato a Cidatene intorno al 450 a.C. e morto intorno al 385 a.C. Questo mito fa parte del dialogo del Simposio che è incentrato sul tema dell’amore. In seguito a Fedro, Pausania ed Erissimaco, interviene il poeta comico Aristofane che espone il suo discorso sotto forma di mito. Egli spiega come originariamente esistessero tre generi umani: quello maschile, quello femminile e quello androgino, che aveva caratteristiche maschili e femminili. Nell’età primitiva, tutti gli uomini avevano una forma rotonda, con quattro braccia, quattro gambe, due volti e quattro orecchie. Essi si muovevano avanti e indietro con movimenti circolari. A causa del loro potere che aveva finito per minacciare l’Olimpo, Zeus si consultò con gli altri dei per decidere quale provvedimento punitivo adottare. Dal momento che non sarebbe stato opportuno né annientare gli uomini né tollerare la loro arroganza, Zeus convenne che sarebbe stato più giusto indebolirli e renderli così allo stesso tempo più utili agli stessi dei, dal momento che il loro numero si sarebbe accresciuto. Così decise di separare le due metà. Il piano del padre degli dei funzionò, gli umani così divisi divennero più deboli e soprattutto disperatamente impegnati nella ricerca della metà perduta, l’unico possibile completamento che li avrebbe resi nuovamente interi.

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Aristofane spiega così l’origine dell’Eros, del desiderio dell’amore nell’età primitiva. Anche se la guarigione dalla ferita fisica è ad opera di Apollo, in realtà quella spirituale si attua attraverso l’amore che consente a due parti separate di ricongiungersi nell’unità originaria. È interessante notare come Aristofane, nel ribadire il fatto che ogni essere umano abbia assolutamente bisogno dell’altra metà (la cosiddetta anima gemella) per comporre l’unità originaria, si riferisca all’amore umano inteso globalmente in quanto comprendente quello eterosessuale e quello omosessuale.

A questo punto, Aristofane spiega come la felicità, l’amore e quindi il desiderio di ognuno di noi di completarsi nell’altra metà non siano affatto motivati esclusivamente dall’attrazione sessuale, ma anche da qualcosa che cerchiamo nell’anima della persona amata e che è inesprimibile nonostante lo percepiamo dentro di noi. Il mito si chiude con un tributo nei confronti di Eros, il dio dell’amore: Egli ci viene incontro a sollevarci dal nostro stato di infelicità permettendoci di incontrare la nostra metà e raggiungere così la perfezione. Egli inoltre promette di donarci gioia, felicità e speranza per il futuro.

Il mito degli androgini: oggi

L’immagine contemporanea dell’androgino s’impernia soprattutto su figure femminili: dai preraffaelliti a Klimt, da Greta Garbo e Marlene Dietrich a Sarah Bernhardt, alla popolare indossatrice Twiggy o a personaggi italiani come Rita Pavone che fu addirittura scritturata per interpretare il ruolo maschile di Gian Burrasca, e, di recente, come l’attrice Katherine Moennig.

Nell’immagine maschile, appena superata l’adolescenza, l’estetica dell’androgino mette in risalto soprattutto l’effetto travestimento, e il risultato non sembra più alludere alla completezza, ma piuttosto al doppio mancante. Certe persone rivendicano l’androginia come identità di genere, cioè per una persona che non si sente né totalmente uomo, né donna, ma qualcosa fra i due, con una mescolanza di caratteristiche tradizionalmente maschili o femminili.

Dal mito degli androgini in avanti, la figura dell’androgino è rimasta nell’immaginario occidentale, caratterizzando sia la speculazione alchemica che quella religiosa, arrivando dunque a ricoprire un ruolo fondamentale per la nostra concezione attuale di fluidità nella sessualità e nell’identità di genere, nel cui ambito si cerca di non creare categorie definite e poco inclusive. La caratteristica interessante del discorso di Aristofane risiede nel fatto che la relazione erotica fra due esseri umani non è messa in atto per giungere a un fine quale potrebbe essere la procreazione, ma ha valore più alto, è un legame dell’anima, un’unione che valica le opposizioni e le concezioni binarie che caratterizzano spesso la mentalità umana. E non si parla solo di unione uomo-donna ma di quella di tutti gli esseri viventi che dovrebbero riacquistare il senso di relazione profonda con l’altro e superare le diversità che ostacolano la socialità umana.

Fonte immagine sul mito degli androgini: Pixabay. 

A proposito di Rosaria Cozzolino

Sono nata il 13 marzo 1998 a Pollena Trocchia (NA). Fin dall’infanzia ho sempre cercato nuovi modi per esprimere la mia creatività e il mondo delle arti mi ha sempre affascinata e attratta. Ho frequentato per quattordici anni la scuola di danza classica e contemporanea “Percorsi di Danza” di Angelo Parisi, per poi abbracciare un’altra mia grande passione, il teatro, entrando nell’ “Accademia Vesuviana del Teatro e del Cinema” di Gianni Sallustro. La letteratura e la cultura umanistica in tutte le sue sfaccettature sono da sempre il faro costante della mia vita e ho deciso di assecondare questa mia vocazione frequentando il liceo classico Vittorio Imbriani di Pomigliano D’Arco (NA). Nel 2017 mi sono iscritta alla facoltà di Lettere Moderne presso l’università Federico II (NA) e ho conseguito la laurea nel luglio 2021 con una tesi in Letterature Moderne Comparate. Al momento sono specializzanda in Filologia Moderna sempre presso la Federico II e continuo a coltivare tanti interessi: la lettura, il cinema, le serie tv, il teatro, l’arte ma anche i viaggi e la scoperta di posti nuovi. Credo fermamente che la cultura sia il nutrimento migliore per l’anima ed è quello che vorrei trasmettere con la scrittura.

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