Goodbye Yellow Brick Road di Elton John compie 50 anni

Goodbye Yellow Brick Road

Se si dovesse scegliere con che album decretare che Elton John è uno degli interpreti tecnicamente più capaci mai esistiti in Gran Bretagna, probabilmente si sceglierebbe proprio Goodbye Yellow Brick Road, pubblicato il 5 ottobre di 50 anni fa.

Goodbye Yellow Brick Road è un po’ il Sgt. Pepper’s di Elton John, un concept album geniale ed incredibilmente originale, un po’ inaspettato, consacrato fra i migliori album di tutti i tempi. GYBR non doveva essere un doppio concept album, anche perché Elton John si aspettava prezzi troppo elevati per i fans, ma lo diventò quasi spontaneamente. Fortunatamente, questo non gli impedì di restare due settimane in vetta alle classifiche inglesi ed otto a quelle americane.

La composizione di Goodbye Yellow Brick Road

Il programma di Elton, ispirato dal lavoro che i Rolling Stones avevano fatto a Kingston con il loro ultimo album Goat’s Head Soup, era quello di incidere Goodbye Yellow Brick Road in Giamaica. Dunque il paroliere  Bernie TaupinDavey JohnstoneDee MurrayNigel Olsson e il produttore Gus Dudgeon, insieme a Elton fecero le valigie per recarsi lì a scrivere. La location si rivelò però troppo ostile: «capii che qualcosa non andava quando il responsabile dello studio ha gridato “Carlton, porta il microfono”… e già allora usavamo venti microfoni solo per la batteria», ricorda Johnstone. Inoltre, Taupin ha rivelato che le persone armate all’entrata dello studio e le urla dalla finestra non creavano un’ottima atmosfera per la registrazione di un album. Così, la troupe si vide costretta a ripartire.

La seconda meta scelta fu Château d’Hérouville, il castello francese dove avevano già registrato Honky Château e Don’t Shoot Me I’m Only the Piano Player. Qui i musicisti vivevano come una famiglia e si sentivano a loro agio per poter fare qualunque cosa si sentissero di fare; semplicemente facevano colazione e poi incominciavano a suonare. E così, dopo due settimane, una buona parte di Goodbye Yellow Brick Road era pronta. Probabilmente, ipotizza Taupin, dopo aver lasciato Kingston, la troupe sentì uno slancio di motivazione, perché qualunque situazione sarebbe stata meglio, e così Château d’Hérouville fu il posto giusto al momento giusto.

L’album

Goodbye Yellow Brick Road si schiude attorno ai lati oscuri della celebrità, dei quali nel 1973 Elton John iniziava a fare esperienza. Lo scrittore dei testi, Bernie Taupin, ha rivelato però che l’album parla in realtà molto di più del suo disagio da ragazzo di campagna che si ritrova in un mondo caotico tutto nuovo sotto i riflettori.

Tutto l’album è concepito come una visione, ogni canzone può essere visualizzata ed è evidente il divertimento nella caratterizzazione di ogni personaggio. Ne vennero estrapolati ben tre singoli: Benny and The Jets, Candle in the Wind e Goodbye Yellow Brick Road.

Benny and the Jets è una canzone volutamente strana: incomincia con la ripetizione di uno stesso accordo, scelta poco commerciale come ha sottolineato Johnstone, e parla di Bennie, leader della band dei Jets, personaggio femminile immaginario partorito da Taupin. In più, la canzone è registrata come se fosse un live, e gli effetti del pubblico inseriti sono stati presi da un concerto di Jimi Hendrix. Insomma, nessuno avrebbe mai immaginato il brano come singolo, fino a quando un avvenimento non sottolineò la sua popolarità: su WJLB, una stazione radio di Detroit di musica nera, l’80% delle richieste ricevute erano per Bennie and The Jets. Da qui l’escalation: il brano raggiunse la prima posizione in classifica negli USA e fu spesso trasmesso alle radio di musica nera.

Candle in the Wind è una canzone che spezza il cuore, o sarà che oramai la associamo a uno dei momenti più tristi della storia contemporanea. La canzone era originariamente scritta per Marilyn Monroe, ed ispirata a qualunque artista stroncato nel pieno della sua carriera. Riprende il concetto di quanto la morte renda eterni i miti e di come, però, dietro questi vi fossero degli esseri umani. Nonostante sappiamo che il titolo sia ispirato al libro omonimo di Solženicyn, né Elton né Bernie Taupin ricordano come questa canzone sia effettivamente nata. Il singolo è stato purtroppo reso celebre nel 1997, anno in cui il testo venne riadattato per una delle eterne amiche di Elton: Lady Diana Spencer.

Quando Elton John riascolta il singolo Goodbye Yellow Brick Road non si riconosce più: «La mia voce è cambiata tantissimo, quando lo ascolto mi sembra qualche tipo di artista castrato» ha dichiarato ironicamente. La canzone presenta, infatti, una voce molto più candida di quella dell’attuale Elton John, e soprattutto molti falsetti. Il titolo, omonimo all’album, è una citazione de Il Meraviglioso Mago di Oz di L. Frank Baum, e rappresenta l’abbandono di un’innocenza fanciullesca verso la vita adulta. La canzone rientra nei 500 brani migliori di tutti i tempi secondo Rolling Stone.

Elton John, dal canto suo e del suo immenso talento, ha dichiarato che comporre Goodbye Yellow Brick Road «non è stato difficile, non è stato uno sforzo, è stato un piacere». E per noi rimane un piacere ascoltarlo dopo 50 anni.

Nel 2017, Elton John decise di fare un  tour intitolato Farewell Yellow Brick Road Tour, ovvero Addio alla Yellow Brick Road, che simbolicamente ha rappresentato l’inizio di un nuovo capitolo della sua vita.

Fonte immagine di copertina: eltonjohn.com

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