Festival del Giallo 2024: la prima giornata è stata un successo

Festival del Giallo 2024

Il Festival del Giallo 2024 si è tenuto dal 23 al 26 maggio  nella splendida cornice di Villa Floridiana. La prima giornata è stata ricca di ospiti e incontri interessanti

Il Festival del Giallo si apre con un incontro che vede protagonista una Napoli nera: il primo ospite della prima giornata è infatti lo scrittore Martin Rua, autore di numerosi romanzi esoterici, come la sua trilogia di Partenope, che indaga il mistero come fattore di conoscenza della città di Napoli.

Festival del Giallo 2024: Martin Rua e il fascino di Napoli esoterica

Lo scrittore dialoga con la giornalista Titti Marrone, che ricorda quanto ultimamente anche i turisti si stiano avvicinando al mistero e all’esoterismo, parti radicate fortemente dell’identità della città di Napoli, che di recente sono state riscoperte anche grazie a tour letterari e itinerari turistici. Napoli è infatti ricca di «luoghi di grande fascino, unici al mondo, che riproducono antiche storie». «Mettere a fuoco questo aspetto identitario è straordinario perché consente di avvicinarsi alla storia e al passato in maniera stimolante e affascinante. Permette di scoprire qualcosa di nuovo, che spesso anche chi vive a Napoli conosce poco o male.» – continua Titti Marrone.

Durante il suo intervento al Festival del Giallo, Martin Rua racconta di essersi avvicinato al mistero grazie ad alcune materie studiate all’università, tra cui Storia delle religioni e Antropologia culturale, che lo hanno portato ad appassionarsi sempre di più agli aspetti ritualistici della cultura. Verso la fine del suo percorso di studi, conosce qualcuno che gli lascia un’impronta importantissima: il professor Mario Buonoconto, autore del libro “Napoli esoterica”. Questa passione gli ha permesso di approdare alla scrittura: i suoi primi libri, autopubblicati su Amazon, hanno attirato l’attenzione di Newton Compton Editori. Si tratta della Parthenope trilogy, composta da Le nove chiavi dell’antiquario, La cattedrale dei nove specchi e I nove custodi del sepolcro. Il protagonista Lorenzo Aragona è un personaggio ricorrente nei libri di Martin Rua, descritto dall’autore come “un antiquario massone, esperto di alchimia, spesso impelagato in situazioni rischiose, a caccia di simboli e misteri”.

Tra gli altri libri di Martin Rua, scrittore molto prolifico, figura Napoli esoterica e misteriosa, un testo che unisce una scrittura fluida e suggestiva a una profonda conoscenza di fatti storici e luoghi della città, come sottolinea Titti Marrone nel corso di questo primo incontro del Festival del Giallo. «Napoli esoterica e misteriosa vuole rendere omaggio al libro del professor Mario Buonoconto. Ho cercato di trasferire alcune delle sue innumerevoli tradizioni e leggende napoletane mostrando il sostrato storico, analizzandone le radici storiche, perché altrimenti si parla in maniera fumosa. Il presupposto storico è parte sostanziale della storia della città» – spiega lo scrittore napoletano.

Durante il suo intervento al Festival del Giallo, Martin Rua racconta anche di cibo e ricette: «Mi divertiva ritrovare l’origine di certi piatti che noi chiamiamo tradizionali ma che si sono formati nel corso del tempo per aggiunte successive». Ne è un esempio la sfogliatella napoletana: «Sappiamo da fonti e ritrovamenti che alla dea Cibele si offrivano dei panetti di forma triangolare, probabilmente farciti di formaggio, a forma di genitali femminili. Se ne parla nel Satyricon, di cui una parte fondamentale è ambientata nella Grotta di Posillipo.»

Nei suoi romanzi figurano luoghi poco conosciuti raccontati in modo suggestivo, come il Monte Echia, di recente diventato un’attrazione turistica grazie all’apertura del belvedere di Pizzofalcone, o Castel dell’Ovo con la sua leggenda dell’uovo. Ma quali sono i misteri e i luoghi preferiti di Martin Rua? Durante il suo intervento al Festival del Giallo, lo scrittore napoletano rivela che vorrebbe trovare il santuario di Partenope: «Sono convinto che dovesse esserci un santuario dedicato al nome tutelare della città. Il nome di Partenope, legato al concetto di verginità, la collega alla costellazione della Vergine e per questo aveva una ricaduta astrologica che non va sottovalutata. Uno dei luoghi che mi affascina di più, a parte Cappella San Severo, è proprio quella piccola fascia di terra tra Megaride e Pizzofalcone, perché è lì che è nata la città di Napoli.» Martin Rua racconta di luoghi esistenti ma anche di quelli che ormai non esistono più. Nel suo libro Il cacciatore di tarante viene ricostruita una mappa autentica ma perduta della città. Il lettore, infatti, se cerca il mandracchio, non lo trova: questo era un porto molto piccolo e chiuso, che oggi si troverebbe dove ora è situata la Chiesa di Santa Maria di Portosalvo, lungo via Marina. Il mandracchio è scomparso ma sopravvive nella toponomastica, sulla mappa della città è possibile trovare ad esempio Via della Dogana o Via del Mandracchio.

Altro argomento che suscita sempre curiosità ed è accompagnato da un’aura di mistero e proibito è la massoneria. Durante il suo intervento al Festival del Giallo, lo scrittore napoletano racconta di aver conosciuto tanti massoni: «Della massoneria si conosce solo la superfice. La massoneria parte con l’intento di riunire persone che desideravano indagare la filosofia, l’alchimia. È un fenomeno che ha un fascino notevole ma che ha dei lati negativi dovuti alla debolezza umana. Io mi ci sono approcciato dal punto di vista storico, da studioso». Raimondo de Sangro, Principe di San Severo, è stato lui stesso un massone. È una figura alla quale Martin Rua è molto affezionato, che ritorna in diversi suoi romanzi, come in Alma che visse in fondo al mare o ne La cattedrale dei nove specchi, dove lo immagina incontrare Mozart e discutere di musica e alchimia. Sappiamo relativamente poco ancora di Raimondo De Sangro, ma è una figura che merita di essere raccontata. Che Martin Rua decida di scrivere un romanzo storico sul Principe di San Severo? Noi lo aspettiamo!

Festival del Giallo 2024: Paolo Ricchiuto e Ugo Mazzotta

Il secondo incontro della prima giornata del Festival del Giallo ha visto protagonisti Paolo Ricchiuto e Ugo Mazzotta, moderati da Giancarlo Marino, giovanissimo scrittore di romanzi thriller. L’incontro ha avuto come obiettivo quello di presentare al pubblico le carriere e gli approcci narrativi di due autori molto diversi, sottolineandone le differenze, ma anche i punti in comune. Ugo Mazzotta, uno dei pionieri del genere giallo ambientato a Napoli, è sempre stato lettore accanito dei romanzi di Christie e di Simenon, ma anche dei più moderni gialli con protagonisti personaggi come il Commissario Montalbano di Andrea Camilleri. L’autore ha iniziato a scrivere relativamente tardi contribuendo comunque alla rivalutazione del romanzo giallo, a quel tempo (anni ’90) non particolarmente popolare come oggi. Paolo Ricchiuto, al contrario, ha preferito definirsi più volte un “clandestino” al Festival del Giallo, ma anche all’interno del mondo della scrittura di genere. Non distinguendosi per essere un lettore appassionato di romanzi gialli, il suo approccio al thriller è piuttosto atipico, per cui, invece di seguire i classici stilemi del giallo, Ricchiuto prova a immaginare se il livello di tensione possa essere tenuto alto sempre dall’evoluzione dei sentimenti umani: per l’autore, la suspense non deve derivare tanto dal mistero quanto dalle dinamiche emotive dei personaggi.

Mazzotta e Ricchiuto, partecipando al Festival del Giallo, hanno entrambi avuto modo di riflettere sul rapporto tra le loro città natali e la scrittura. Ricchiuto descrive Roma come un luogo accogliente, stimolante, fatto anche di lati oscuri e ambigui. Ha menzionato che nel suo libro egli si è sforzato anche di capire come i sentimenti (in particolare tra i più giovani) inizino a distorcersi in un contesto apparentemente idilliaco. Mazzotta, d’altra parte, ha sempre avuto una certa “paura di Napoli” a causa dell’associazione della città con la camorra. Inizialmente ambientò i suoi romanzi in una cittadina abruzzese per evitare questo stereotipo, poi ha spostato alcuni dei suoi personaggi a Cagliari e infine a Napoli, sviluppando storie che includono, perché no, anche elementi di malavita.

Le differenze stilistiche tra i due autori sono marcate: la prosa di Ricchiuto è asciutta, diretta e lancinante, mentre quella di Mazzotta è “armonica” e orchestrata. Entrambi riflettono nel loro stile una notevole “capacità immaginifica”, come l’ha definita Marino. Mazzotta ha anche menzionato l’influenza della fiction televisiva, in particolare della serie RIS, a cui ha anche lavorato per le sceneggiature di diversi episodi. In effetti anche le professioni dei due scrittori influenzano in modo assai evidente il loro stile. Mentre Mazzotta, medico legale, porta nelle sue storie un approccio molto realistico e “di strada”, Ricchiuto, giurista specializzato nella tutela della privacy, si occupa invece del luogo (metaforicamente parlando) più privato di ognuno di noi (curiosamente, il personaggio più spregevole nei suoi racconti è proprio un avvocato!).

Nel corso della loro partecipazione al Festival del Giallo, Mazzotta ha menzionato un nuovo progetto (che non sarà legato alle vicende del noto Commissario Prisco, che sta progressivamente lasciando alle spalle della sua carriera), con una storia che inizia con il ritrovamento di ossa nella zona Camaldoli, per poi svilupparsi su due linee temporali distinte. Ricchiuto, invece, sta lavorando su diverse stesure di una nuova storia incentrata sulla distorsione dei sentimenti, questa volta nel rapporto madre-figlio.

Festival del Giallo 2024: il caso Lady D.

Nell’estate del 1997 Diana Spencer dimostrava un carisma assoluto, era una vera e propria “influencer” di quegli anni, nonostante l’avvento dei social fosse davvero lontano. Diana era grande comunicatrice dei mass media, una pioniera dell’impegno sociale, ad esempio nella lotta contro l’AIDS. A quel tempo, la Casa reale e il governo inglese rabbrividivano per la relazione di Diana con il nuovo ricco amante egiziano, oltre che per il divorzio dell’erede al trono Carlo, sempre più inevitabile e molti tabloid dell’epoca ipotizzavano addirittura una fantomatica gravidanza della principessa del Galles. Oltre a questo, nel suo libro Diana Spencer, morte, mito e misteri, la giornalista RAI Annalisa Angelone ipotizza che vi fossero in gioco ben altri interessi economici e militari.

Nel corso di questo incontro nel primo giorno del Festival del Giallo, Albina Perri, giornalista milanese, appassionata di True Crime e autrice del saggio Delitti Imperfetti (in cui l’autrice analizza le indagini e smonta le tesi accusatorie di undici crimini venuti alla luce), presenta il saggio di Angelone come un’opera completa e documentata su questa vicenda ancora disgraziatamente irrisolta, confrontando le due verità che coesistono e i dubbi che permangono, le due inchieste (una francese e una inglese) e il processo durato quattro anni e concluso nel 2008 con una sentenza di ‘omicidio colposo’ a danno di Henri Paul, l’autista dell’auto in cui viaggiava Diana la notte del 31 agosto 1997.

Uno degli spunti principali, da cui è partita Annalisa Angelone durante il suo intervento al Festival del Giallo, è stata la scoperta del monossido di carbonio nel sangue dell’autista, un dato chimicamente strano che ha scatenato una serie di domande ancora senza risposta: potrebbe infatti il monossido di carbonio essere la prova di un’intossicazione premeditata? Mohamed Al Fayed, padre di Dodi, ha assunto negli anni un ruolo rilevante all’interno delle indagini, rendendo pubbliche alcune registrazioni video. Ma addentrarsi nelle carte e nel materiale originale è un’operazione assai complessa (cosa che ha reso difficile anche il lavoro dell’autrice per la stesura del libro) persino per un miliardario come Al Fayed. Inoltre, Angelone non può fare a meno di menzionare nel libro il tema dei soldi, riproponendolo anche durante il suo intervento al Festival del Giallo, poiché bisogna pur sempre considerare le risorse finanziarie di Dodi e il loro coinvolgimento come presunto movente alla base di un omicidio premeditato.

Alcuni paparazzi erano appostati prima dell’ingresso al tunnel dell’Alma e cercavano di immortalare la coppia. Ma le foto scattate in quel momento non si trovano da nessuna parte, sparendo nell’oblio eterno. Inoltre, Angelone parla nel libro di un aneddoto che pochi conoscono ma che, se vero, potrebbe risultare di una rilevanza unica: i flash utilizzati potrebbero essere dello stesso tipo di quelli degli inglesi usati nel corso della guerra civile per stordire i ribelli irlandesi. Il bagliore di questi flash risulterebbe troppo forte per delle semplici macchine fotografiche dell’epoca, senza contare che il tunnel, in quanto luogo, è privo di testimoni oculari diretti, il che rende ancora più difficile ricostruire tutti i fatti. Anche dopo più di vent’anni dalla tragica morte di Lady D., le domande rimangono troppe, le risposte sfuggenti…

A cura di Francesca Arfè e Chiara Santoro

Fonte immagine in evidenza e galleria per l’articolo sul Festival del Giallo 2024: archivio personale

A proposito di Francesca Arfè

Laureata in Lingue e Culture Comparate, attualmente studentessa magistrale di Lingue e Letterature Europee e Americane. Bilancia ascendente Acquario con la testa tra le nuvole e il naso tra i libri. Dispensa consigli di lettura agli indecisi sul suo profilo Instagram @chicchedilibri. Cofondatrice di #PagineDaYamato, gruppo di lettura su Telegram dedicato al Giappone in tutte le sue sfaccettature.

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