Spiritilli e altri movimenti, di Enzo Moscato | Recensione

Spiritilli e altri movimenti, di Enzo Moscato | Recensione

Il Piccolo Bellini si colora della poesia di Enzo Moscato: dal 14 al 19 ottobre, va in scena Spiritilli e altri movimenti con la regia di Costantino Raimondi.

Spiritilli e altri movimenti, riadattato e diretto da Costantino Raimondi, si compone di tre testi di Enzo Moscato: Spiritilli (che insieme a Little Peach e Cartesiana compone il trittico Ritornanti, termine che l’ormai defunto artista ha mutuato da Anna Maria Ortese), Guerra di religione e Trompe l’oeil. Con la contaminazione tra queste opere, che si intrecciano e dialogano tra di loro, il regista crea uno spettacolo raccontato nei termini quasi di una storia magica, in cui giocano un ruolo fondamentale le scene visionarie di Omar Esposito e la lingua, poetica, sensuale, patetica, musicale, affidata alle interpretazioni di Annalisa Arbolino, Liliana Castiello, Carlo Geltrude, Michele Ferrantino e Fiorenza Raimondi.

Tra sacro e profano: la favola dell’anima e del corpo a teatro

Spiritilli e altri movimenti, di Enzo Moscato | Recensione
Totore, personaggio di Spiritilli e altri movimenti

Spiritilli e altri movimenti avanza nei meandri di una narrazione complessa, in cui spietata tangibilità ed eterea inconsistenza camminano sullo stesso binario. Ne scaturisce un effetto a tratti surreale, eppure con una consistenza emotiva e comunicativa davvero pregna. Attraverso quei racconti, vengono dipinte case metafisiche, spazi attraverso cui si seguono le narrazioni delle storie di Nannina, Totore e Tittinella, fatte di credenze popolari, di vicende a confine tra il tragico e il comico. Nel frattempo, da fuori la realtà incede nuda e cruda. Il risultato di questa straordinaria ambivalenza è una dimensione reale ed a tratti onirica, dove non ci sono mezze misure, dove il gesto si fa emozione, la parola dipinge con la sua espressività.

«Per le regie dei testi di Enzo, ho utilizzato il mio linguaggio che dal corpo, attraverso il gesto, esprime il pensiero e le emozioni un immaginario collettivo con movimenti obliqui, soffi e sudori. Gli spettacoli si intrecciano e agiscono in azioni del volere o no, partire o restare, entre rêve et réalité» – spiega, infatti, Costantino Raimondi sulla regia adottata in Spiritilli e altri movimenti. Sembra quasi di sostare al cospetto di un quadro in cui il pittoresco prende vita nei contorni delle figure, la consistenza dei particolari visibili prende senso dall’inconsistenza di quelli invisibili e le suggestioni sgorgano irruenti. Come non citare come esempio più che rappresentativo a tal proposito i costumi, immancabilmente di Tata Barbalato. Insomma, un evento collettivo e autentico durante il quale anima e corpo comunicano.

Spiritilli e altri movimenti e la presenza intramontabile di Enzo Moscato

Spiritilli e altri movimenti, di Enzo Moscato | Recensione
Nanninella, Totore e Tittinella

Enzo Moscato è stato un visionario. Un dirompente che ha tradotto la sua personalità artistica a teatro con l’esplosività, di colori, di forme e di contenuti. Non sarebbe poi così tanto lontano sostenere che abbia dato accesso a ciò che prima era impensabile, figuriamoci visibile. Perciò, anche un testo come quello di Spiritilli e altri movimenti conserva in sé un’energia sempre latente, una volontà impetuosa di sferrare l’indicibile. E questo nonostante ci si ritrovi a distanza di tempo ormai dalla morte dell’artista, la presenza di quest’ultimo è un tassello importante che continua ad aleggiare intramontabile. Allora, si pone una questione curiosa, che riguarda tante drammaturgie destinate a diventare dei classici nel tempo: fino a che punto è possibile scindere un’opera di Enzo Moscato da Enzo Moscato stesso?

In Spiritilli e altri movimenti si respira la presenza necessariamente impercettibile dell’artista, una suggestione silenziosa ma palpabile. La si riscontra soprattutto nel modo destinato ai posteri di interfacciarsi al testo. Infatti, sembra in un certo senso di ritrovarsi a maneggiare qualcosa di segretamente inviolabile, di già completo e immenso così com’è. Certo, non vi è volontà di imitazione, né si visualizza un rifacimento da messinscena banale o astruso; anzi, il lavoro svolto  è sentito e autentico. La riflessione smossa, più complessa, riguarda quel rispetto sacrale nei confronti di un testo che ha inevitabilmente assorbito, se non proprio inglobato, il carisma di un genio come Moscato.

Dopo il genio, quali sono i confini di un classico?

Spiritilli e altri movimenti, di Enzo Moscato | Recensione
Nanninella, Totore e Tittinella

La considerazione posta prima serve per portare in calce una serie di ragionamenti. Innanzitutto, un’opera come quella da cui è tratto lo spettacolo Spiritilli e altri movimenti può essere considerata un classico? Ovviamente, in questo senso il tempo sa e saprà essere un giudice incontrovertibile nonché certo, ma già a distanza dalle sue prime rappresentazioni e dall’avvenuta mancanza del proprio artefice, lo spettacolo suscita emozioni provocando un immaginario ancora fruibile, perché familiare. Un classico è capace di riprodurre un’esperienza collettiva, catartica, benché sulla cresta del distacco e dell’assenza, creando una comunicazione utile e funzionale con il presente. Un’idea non poi a tutti gli effetti romanticizzata se si pensa a cosa si ricostruisce assistendo a un classico.

A questo punto, quali sono i confini da individuare e tracciare in un classico, affinché tale dialogo si avveri? Un’allerta da tenere presente, per la tipologia di operazioni affrontate come in Spritilli e altri movimenti, è inevitabilmente quella di andare a proporre una glorificazione della matrice originaria; non che non abbia senso per certi aspetti, ma significherebbe portare a teatro un prodotto fine a sé stesso, conclusivo. Invece, il fulcro è porre in discussione il punto di partenza, perché significa interrogarlo, ricercarne quell’anima eterna e indissolubile.

Fonte immagini: Ufficio Stampa

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A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson è giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2023. Appassionata di cultura in tutte le sue declinazioni, unisce alla formazione umanistica una visione critica e sensibile della realtà artistica contemporanea. Dopo avere intrapreso gli studi in Letteratura Classica, avvia un percorso accademico presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II e consegue innanzitutto il titolo di laurea triennale in Lettere Moderne, con una tesi compilativa sull’Antigone in Letterature Comparate. Scelta simbolica di una disciplina con cui manifesta un’attenzione peculiare per l’arte, in particolare per il teatro, indagato nelle sue molteplici forme espressive. Prosegue gli studi con la laurea magistrale in Discipline della Musica e dello Spettacolo, discutendo una tesi di ricerca in Storia del Teatro dedicata a Salvatore De Muto, attore tra le ultime defunte testimonianze fondamentali della maschera di Pulcinella nel panorama teatrale partenopeo del Novecento. Durante questi anni di scrittura e di università, riscopre una passione viva per la ricerca e la critica, strumenti che considera non di giudizio definitivo ma di dialogo aperto. Collabora con il giornale online Eroica Fenice e con Quarta Parete, entrambi realtà che le servono da palestra e conoscenza. Inoltre, partecipa alla rivista Drammaturgia per l’Archivio Multimediale AMAtI dell’Università degli studi di Firenze, un progetto per il quale inserisce voci di testimonianze su attori storici e pubblica la propria tesi magistrale di ricerca. Carta e penna in mano, crede fortemente nel valore di questo tramite di smuovere confronti capaci di generare dubbi, stimolare riflessioni e innescare processi di consapevolezza. Un tipo di approccio che alimenta la sua scrittura e il suo sguardo sul mondo e che la orienta in una dimensione catartica di riconoscimento, di identità e di comprensione.

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