Romanticismo italiano. Storia e caratteristiche

Romanticismo italiano. Storia e caratteristiche

Tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX in Europa si afferma il movimento letterario, filosofico, artistico e culturale noto come Romanticismo. Il Romanticismo italiano rappresenta, con le dovute differenze e caratteristiche rispetto al clima internazionale, un’importante stagione culturale.

Contesto storico

L’epilogo delle guerre contro Napoleone fu rappresentato dal Congresso di Vienna del 1815. Gran Bretagna, Russia, Prussia e Austria, vincitrici del conflitto, condividendo i principi di legittimità e stabilità suggeriti dal diplomatico Klemens von Metternich, si spartirono l’Europa delimitando dei limiti da non oltrepassare e ripristinando sui loro rispettivi troni i sovrani spodestati in età napoleonica. Questi capisaldi furono poi sacralizzati tramite la Santa alleanza, un patto con cui le potenze vincitrici si impegnano nel salvaguardare l’istituzione monarchica, le radici cristiane dell’Europa e a impedire qualunque rigurgito rivoluzionario.

Dal Congresso di Vienna l’Austria ottiene anche il predominio sull’Italia. Lombardia e Veneto vengono inglobati dal dominio austriaco e ai sovrani imparentati con gli Asburgo vengono ceduti il Ducato di Parma e di Piacenza, il Ducato di Modena e Reggio e il Granducato di Toscana. Il regno delle due Sicilie viene invece restituito ai Borbone e a Ferdinando IV (alleato con gli austriaci).

Alla luce di questo processo, che nei libri di storia è conosciuto con il nome di Restaurazione, i popoli europei non stanno di certo a guardare. Imbevuti dallo spirito della rivoluzione del 1789, i popoli iniziano a manifestare forme di dissenso nei confronti dell’assolutismo. I moti del 1820-21 in Italia prima e poi quelli del 1848, uniti anche alle rivolte anticoloniali scoppiati in America latina, rappresentano i semi da cui nascerà la grande stagione del Romanticismo.

Romanticismo italiano e Romanticismo europeo: caratteristiche e differenze

Quando parliamo di Romanticismo è difficile suggerire una definizione univoca e valida per tutti i movimenti romantici nati in Europa, poiché ognuno differisce dagli altri. Questo vale anche per il Romanticismo italiano.

Una delle prime differenze cruciali sta nel principio di nazionalità. Come si è già detto il Congresso di Vienna attua un tentativo di ripristinare una situazione politica antecedente alla rivoluzione francese, anche se allo stesso tempo nasce il concetto di identità nazionale. La riscoperta delle proprie radici porta gli intellettuali a rivalutare il Medioevo, l’epoca in cui quell’idea di identità è nata e che viene celebrata con toni sentimentali. Questo significa che le idee illuministe, basate sulla vittoria della ragione sul cuore e su una valutazione negativa dei “secoli bui”, vengono messe da parte. Ciò non avviene in Italia. Il Romanticismo italiano viene infatti inteso come una continuazione dell’Illuminismo e ha il suo centro nevralgico in una Milano influenzata dalle idee austriache.

Altra differenza fondamentale sta nel ruolo dell’intellettuale. Se in Europa infatti questa figura deve fare fronte a quella del borghese che, nata dalla rivoluzione industriale, assume la posizione di privilegio che era tipica dell’intellettuale buttandolo ai margini, in Italia avviene il contrario. L’intellettuale aderisce al tessuto della società e, conscio della situazione di arretratezza sociale ed economica in cui il paese versa, si fa portavoce di ideali votati al progresso civile.

Romanticismo italiano: tematiche

Nel Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli Italiani del 1824 Giacomo Leopardi afferma che mai come nel XIX secolo «ciascuna nazione vuol conoscere più a fondo che può le lingue, le letterature e i costumi degli altri popoli». In effetti l’Europa ottocentesca rappresenta un enorme crocevia per gli intellettuali, i quali girovagano di nazione in nazione per ingrandire il proprio bagaglio culturale e anche per trarre ispirazione. Ad esempio gli inglesi Byron, Keats e Shelley visitarono l’Italia ritenendola un’isola felice per la vita e l’arte.

Contributo fondamentale per il Romanticismo italiano proviene però da una scrittrice francese, Madame de Staël. Nell’articolo Sulla maniera e sull’utilità delle traduzioni comparso nel 1816 all’interno della rivista Biblioteca italiana, l’autrice preme sul fatto che lo scrittore abbia la necessità e il dovere di confrontarsi con letterature di lingue diverse dalla propria. Per questo lancia una “provocazione” nei confronti degli scrittori italiani, invitandoli ad aggiornare il loro patrimonio culturale confrontandosi con la grande esperienza dello Sturm und Drang che costituisce il romanticismo tedesco, all’epoca il massimo esponente di questa stagione letteraria e culturale.

Le parole della de Staël non passarono inosservate e ben presto il Romanticismo italiano puntò lo sguardo verso quello tedesco, anche se ciò era già successo ben prima delle opinioni dell’autrice di Corinna. Ugo Foscolo aveva in mente il Werther di Goethe quando scrisse Le ultime lettere di Jacopo Ortis, pubblicato nell’edizione definitiva a Zurigo proprio nel 1816. Dall’opera dell’autore tedesco differisce tuttavia per le maggiori implicazioni politiche.

Da quello tedesco il Romanticismo italiano prende anche il concetto di nazione e di indipendenza politica. È inutile stare qui a parlare di come all’epoca l’Italia condividesse con la Germania il fatto che fosse una nazione non unificata, bottino per le altre potenze straniere. Il romanticismo italiano è quindi strettamente legato al Risorgimento, alla Giovine Italia di Mazzini, alla Carboneria e a tutta la produzione letteraria relativa. Le Confessioni di un italiano di Ippolito Nievo è un romanzo che rappresenta appieno l’emblema dell’idea di nazionalità. Il protagonista, Carlo Altoviti, narra della propria vita da patriota durante i moti del 1848 e di come egli riesca a diventare un vero italiano (anche se bisogna dire che il romanzo fu pubblicato nel 1867, sei anni dopo l’Unità d’Italia).

Ma il romanzo emblema del Romanticismo italiano è senza dubbio I Promessi sposi di Alessandro Manzoni. Soggetto a tre redazioni diverse (1827, 1840 e 1842) e ad un cambio di titolo da Fermo e Lucia a quello che tutti noi conosciamo, è da considerarsi un romanzo storico a tutti gli effetti. L’ispirazione per l’autore proviene dall’ Ivanhoe dell’inglese Walter Scott, con la differenza che invece di affondare le radici in un glorioso ed ideale medioevo Manzoni decide di rappresentare la situazione dell’Italia del ‘600 dominata dalle potenze straniere e sul cui sfondo si svolge la vicenda di due giovani milanesi che riusciranno a sposarsi solo dopo una serie di peripezie che, volenti o nolenti, li renderanno protagonisti della Storia (con la S maiuscola) stessa.

Il caso de I Promessi sposi è esemplare, perché ci aiuta anche a capire la differenza tematica del Romanticismo italiano da quello europeo. Alle evasioni fantastiche e antirazionali tipiche di certa letteratura europea (ad esempio, il romanzo gotico) si oppone una letteratura aderente al reale, veicolante un messaggio sociale. Questo però non implica una rinuncia all’espressione dei sentimenti.

Il Romanticismo italiano secondo Leopardi

Un caso interessante da analizzare è quello che vede coinvolto Giacomo Leopardi nella polemica attorno al Romanticismo italiano.

Avendo avuto un’educazione di stampo classicista (quindi ad un’educazione basata su canoni tipicamente greco-romani) egli inizialmente si oppone alle tesi romantiche, ma arriva a sostenerle quando afferma che la poesia è anzitutto espressione spontanea del mondo interiore del poeta. A maggior ragione si focalizza sul principale errore commesso dai poeti romantici italiani, che è quello di basarsi principalmente sulla logica e di non lasciare spazio alla spontaneità dell’emozione.

Tutto questo si ritrova anche nella stessa produzione leopardiana. Gli Idilli, pubblicati tra il 1818 e il 1823, rappresentano un divorzio ideale da quanto il poeta di Recanati aveva fatto nelle Canzoni: vengono abbandonati gli schemi classici in favore di una poesia semplice, tutta basata sui sentimenti e aliena agli abusati schemi classici. Paradossalmente Leopardi risulta essere il più romantico tra gli italiani.

La fine 

Il Romanticismo italiano è stata una febbrile stagione letteraria e artistica, caratterizzata da un superamento della fredda e imparziale logica settecentesca in favore della calda fiamma della passione ricavata dalla forza delle passioni e dal tumultuoso turbine della storia. Una storia che ha fatto capire a popoli di regioni diverse di essere ingranaggi di uno stato con propri costumi, proprie tradizioni e una propria cultura, aperta comunque al confronto con altre culture.

Questa parabola lascia un forte amaro in bocca. I moti nazionalisti e la passione giovanile non bastarono per costruire una nazione civile e giusta. Le immancabili ombre lasciate dalla storia e soprattutto dall’Unità d’Italia del 1861 fecero capire agli uomini come gli ideali romantici fossero stati usati come specchietto per le allodole, coprendo una realtà molto più drammatica.

Alla luce di tutto ciò, l’Italia guardò ancora una volta alla realtà e all’algida osservazione. Ispirandosi alla lezione naturalista francese e a Zola, nel nostro paese i coraggiosi e passionali giovani come quello rappresentati da Francesco Hayez ne Il bacio lasciarono lo spazio a umili famiglie di contadini e di pescatori che vivevano in paesini dell’Italia meridionale, estranei ai sentimenti di fratellanza e di unità. I germi del Verismo erano stati appena gettati.

Fonte immagine copertina: https://www.arteworld.it/il-bacio-hayez-analisi/

 

A proposito di Ciro Gianluigi Barbato

Classe 1991, diploma di liceo classico, laurea triennale in lettere moderne e magistrale in filologia moderna. Ha scritto per "Il Ritaglio" e "La Cooltura" e da cinque anni scrive per "Eroica". Ama la letteratura, il cinema, l'arte, la musica, il teatro, i fumetti e le serie tv in ogni loro forma, accademica e nerd/pop. Si dice che preferisca dire ciò che pensa con la scrittura in luogo della voce, ma non si hanno prove a riguardo.

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